Green Deal europeo, l’agricoltura italiana “gioca d’anticipo”
Salubrità degli alimenti, riduzione delle emissioni climalteranti e dei pesticidi: l’agricoltura italiana è pronta a raccogliere la sfida del Green Deal europeo. Sostenibilità economica e ambientale devono andare di pari passo. Lo sostiene il rapporto Osservatorio Fieragricola-Nomisma presentato alla vigilia della rassegna veronese
L’agricoltura italiana è pronta a raccogliere la sfida del Green Deal lanciato a dicembre dalla presidente della Commissione UE, Ursula Von Der Leyen, ma la sostenibilità ambientale non può prescindere dalla sostenibilità economica delle attività agricole. Infatti, se è vero che il nostro Paese è all’avanguardia in Europa su molti dei temi alla base degli obiettivi programmatici dichiarati dalla Commissione, è altrettanto vero che le aziende italiane del primario sono ancora penalizzate dalla stagnazione dei redditi agricoli. Un fenomeno tutto italiano, questo, poiché in Europa i redditi agricoli sono cresciuti in media del 6% con Francia e Spagna in doppia cifra. è lo scenario tratteggiato dal rapporto dell’Osservatorio Fieragricola-Nomisma intitolato “L’agricoltura italiana di fronte alla sfida del Green Deal Europeo”. Curato da Denis Pantini, responsabile Nomisma per il settore agroalimentare, il report è stato illustrato a Roma in occasione della conferenza stampa che ha presentato la 114ª edizione di Fieragricola.
Produzione agricola e salubrità degli alimenti: Italia al “top”. Sul versante produttivo l’Italia può vantare posizioni di eccellenza. Infatti, mentre la nostra agricoltura è prima in Europa per valore aggiunto (32,2 miliardi di euro) e seconda – dietro alla Francia ma davanti alla Germania – per valore della produzione (56,7 miliardi); l’industria alimentare è al terzo posto per quanto riguarda sia il fatturato (138,8 miliardi) che il valore aggiunto. Meno lusinghiere – evidenza lo studio Nomisma – le performance relative all’export agricolo e alimentare, rispetto alle quali il sistema Paese cede terreno a Francia e Germania. Ma il dato prettamente quantitativo – il valore della produzione, appunto – non è l’unico plus del sistema agricolo italiano, che ha nella qualità delle produzioni il vero fiore all’occhiello. Il Made in Italy, sottolinea sempre il rapporto Nomisma, presenta le percentuali più alte di prodotti privi di residui. L’Italia inoltre è il Paese più “bio” d’Europa per quanto attiene la superficie agricola utilizzata e l’incidenza delle coltivazioni biologiche sui seminativi e sulle colture permanenti. La vocazione “green” degli agricoltori italiani, poi, emerge con forza dai dati relativi all’utilizzo di agrofarmaci e fertilizzanti, i cui consumi in alcuni casi si sono dimezzati (insetticidi e fungicidi). Ma i primati dell’agricoltura italiana non finiscono qui poiché il nostro primario è all’avanguardia nel “vecchio continente” anche per quanto concerne le missioni climalteranti. Al riguardo, il rapporto Nomisma evidenzia come negli ultimi venti anni i gas serra prodotti dal primario si siano ridotti sensibilmente, soprattutto la CO2, passata da 35 milioni di tonnellate del 1997 a 31 milioni del 2107. Oggi – precisa la società di ricerca – l’agricoltura produce il 7% delle emissioni, vale a dire una quota inferiore di ben tre punti percentuali alla media UE (10%).
Risorse idriche, consumo di suolo, erosione e redditività. I nodi critici. Molti dunque i punti di eccellenza del nostro primario, anche se non mancano le zone d’ombra. L’Italia, infatti, non solo si trova ad occupare le ultime posizioni in Europa per quanto riguarda il rapporto tra prelievi e risorse idriche (la metà dei consumi è per uso agricolo), ma si trova anche a fronteggiare fenomeni di erosione che spesso comportano costi sociali ed economici molto elevati. Ad aggravare tali fenomeni contribuisce il consumo di suolo, cresciuto negli ultimi trent’anni a ritmi vertiginosi (+50% rispetto al 1989) fino a toccare nel 2018 la quota record dei 2,3 milioni di ettari. In questo contesto gli agricoltori svolgono non soltanto una funzione produttiva, ma soprattutto un’importante funzione di presidio sul territorio, come dimostra l’attenzione per la tutela ambientale e l’adozione di pratiche agricole sempre più rispettose dell’ambiente. «Tuttavia – ha osservato Pantini – la sostenibilità ambientale non può essere scollegata da quella economica, senza la quale l’attività agricola stessa non può esistere».
Questo tema è uno dei grandi nodi critici del settore primario, poiché i produttori italiani non riescono a “capitalizzare” le numerose eccellenze della nostra agricoltura. Negli ultimi cinque anni infatti il reddito agricolo dell’UE è cresciuto in media del 6%, con punte dell’11% in Spagna e Francia, mentre in Italia è rimasto al palo, registrando addirittura un calo dell’1%.
Insomma, i numeri dicono che l’Italia ha tutte le carte in regola per raccogliere e vincere la sfida lanciata dal Green Deal europeo, ma per farlo – questo dice il rapporto Nomisma – non si può prescindere da un rilancio della redditività del settore primario.