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Bioeconomia

I benefici industriali e occupazionali della transizione energetica

Per raggiungere gli obiettivi del Green Deal sono necessari in Italia 320 miliardi di euro l’anno sino al 2030. Ma gli investimenti in rinnovabili non sono solo una voce di costo, hanno anche importanti ricadute economiche, con un valore aggiunto complessivo che toccherà i 360 miliardi nel 2030

di Matteo Monni
marzo-aprile 2025 | Back

La transizione energetica rappresenta una delle sfide più rilevanti del nostro tempo, configurandosi al contempo come un’opportunità strategica per promuovere lo sviluppo industriale, la crescita occupazionale e la sostenibilità ambientale”. Inizia così il rapporto sul tema “Benefici industriali e occupazionali generati dalle FER, realizzato dal Coordinamento FREE (Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica). Il documento è stato realizzato da uno specifico gruppo di lavoro costituito all’interno al Coordinamento, che rappresenta le principali tecnologie e filiere energetiche green in Italia. Per la bioenergia, il contributo è stato fornito da ITABIA che ha evidenziato la centralità della moderna meccanizzazione per l’approvvigionamento delle biomasse. Il rapporto firmato dal Coordinamento FREE è molto importante poiché stimola una seria riflessione sui vantaggi economici derivanti dalle rinnovabili e illustra tutte le valide motivazioni che sono alla base degli ingenti investimenti in decarbonizzazione. Secondo l’ultimo documento del World Energy Investment dell’IEA, nel 2024 su scala globale gli investimenti in energia pulita (rinnovabili, veicoli elettrici, nucleare, smart grids, stoccaggio, biocarburanti, ecc.) sono stati pari a quasi 2.000 miliardi di dollari e sono quasi raddoppiati rispetto a quelli destinati a combustibili fossili quali carbone, gas e petrolio (poco più di 1.000 miliardi). Come si può facilmente immaginare la capacità di spesa per la transizione energetica è molto ridotta nei Paesi con economie emergenti e in via di sviluppo, mentre la Cina prevedibilmente investirà nei prossimi anni di più di USA ed Europa insieme.
Tra tutte le rinnovabili elettriche, il fotovoltaico è certamente il settore che detiene il primato mondiale degli investimenti superando quelli di tutte le altre tecnologie messe insieme. Lo scorso anno, infatti, per l’energia solare sono stati spesi 500 miliardi di dollari grazie alla spinta data dal notevole calo dei prezzi dei moduli, mentre nella sfera dell’efficienza energetica è ancora più rilevante il contributo
fornito all’ammodernamento tecnologico, alle reti di distribuzione e ai sistemi di stoccaggio che hanno beneficiato di oltre 1,200 miliardi di dollari. A livello globale le risorse necessarie ai citati investimenti provengono principalmente dal settore privato, in particolare dagli attori corporate (48%), ossia le imprese private. Seguono gli Stati e le imprese a partecipazione statale (37%), che giocano un ruolo importante nel sostenere finanziariamente il settore, soprattutto per quanto concerne progetti infrastrutturali strategici e di interesse pubblico. Una parte minore degli investimenti proviene dagli utenti privati (15%), principalmente attraverso l’acquisto di dispositivi energetici domestici come pannelli solari, sistemi di accumulo di energia e veicoli elettrici. Questo mix dato da risorse private e pubbliche sarà determinante nel facilitare il percorso verso la transizione energetica
grazie a sistemi più performanti e a basse emissioni di carbonio.
Per raggiungere l’obiettivo europeo del Green Deal si stima che saranno necessari 480 miliardi di euro all’anno sino al 2030 di investimenti addizionali. Gli USA non sono da meno, poiché la precedente amministrazione Biden ha stanziato con l’Inflaction Reduction Act (IRA) circa 700 miliardi di dollari l’anno per i sussidi alla transizione energetica. Su questo fronte l’Europa è dunque tenuta a dare risposte adeguate per non finire in posizioni marginali. In tale quadro, reso certamente meno lineare dal complesso scenario geopolitico, la transizione verso le rinnovabili, che garantirebbero anche un’importante quota di autonomia energetica all'Italia, acquista un ruolo sempre più strategico. È risaputo che le crisi internazionali hanno esasperato i costi di energia e materie prime. In Italia ad esempio il prezzo del gas è aumentato di quasi 6 volte rispetto alla media degli ultimi anni, passando dai circa 20 €/MWh tra l’ottobre 2018 e settembre 2019, agli oltre 120 €/MWh del periodo ottobre 2021 - settembre 2022. Anche il prezzo dell’energia elettrica ha subito un aumento pari a 5 volte tra il 2018 (PUN a 61 €/MWh) e il 2022 (PUN a 303 €/MWh). Ad oggi in Italia, la componente elettrica pesa per circa il 23% dei consumi energetici finali a livello nazionale, mentre petrolio e gas naturale contano insieme per circa due terzi dei consumi. D’altro canto, il mix di generazione
elettrica è ancora sbilanciato verso le fonti fossili, che coprono circa il 70% della produzione nazionale con poco meno di 170 TWh (2023) su un totale di 257 TWh.
Si stima che il maggiore potenziale di elettrificazione sia riconducibile alle attività del settore dei trasporti e quello residenziale, con un possibile incremento dal 3% al 41% e dal 15% fino al 53%, rispettivamente, nel periodo dal 2015 al 2050. Ulteriori incrementi sono comunque possibili anche sul fronte industriale (attualmente al 39%), fino al raggiungimento stimato di circa il 42% nel 2050.
Considerati gli scenari elaborati, è plausibile che nei prossimi anni, in Italia, aumenteranno i consumi di elettricità dovuti a una crescente domanda di elettrificazione nei vari settori economici (residenziale, terziario, industriale, trasporti). Da un’analisi di settore, si stima che la domanda di energia elettrica arriverà a 360 TWh nel 2030, al netto della quota crescente di efficienza nei consumi finali. Secondo le traiettorie tracciate dal Piano del settore elettrico
entro 5 anni (2030) l’Italia punta a realizzare l’84% di quota di elettricità rinnovabile nel mix elettrico, a risparmiare 20 Mld di m3 di gas naturale importato, generare 85 GW di nuova potenza da FER, e produrre 80 GWh di nuova capacità di accumulo di grande taglia. In merito ai benefici ambientali, economici e sociali in Italia le stime al 2030 evidenziano: 320 Mld € di investimenti cumulati al 2030 nel settore elettrico e nella sua filiera industriale; 360 Mld € di benefici economici cumulati al 2030 in termini di valore aggiunto per filiera e indotto, e
crescita dei consumi nazionali; meno 270 Mln t CO2 e emesse dal settore elettrico nel periodo di Piano 2030; 540.000 nuovi occupati nella filiera e nell’indotto elettrico nel 2030 (che si aggiungeranno ai circa 120.000 di oggi). In merito alle previsioni relative all’occupazione indotta dalle FER elettriche il Rapporto elaborato dagli esperti del Coordinamento FREE riporta alcune stime realistiche fatte su 6 settori specifici (vedi box), che si discostano di poco dal citato Piano di settore, confermando ulteriormente le opportunità di sviluppo offerte dall’energia verde.


Crescita occupazionale in Italia nei prossimi 3-5 anni per alcuni
settori FER (Rapporto FREE)

Fotovoltaico: l'Italia ha 76.000 occupati, quarta in Europa dopo Germania, Polonia e Spagna. Obiettivo 100.000 occupati entro il 2028.
Eolico: ad oggi, il settore eolico impiega circa 16.000 lavoratori. Si prevedono
73.000 nuovi posti di lavoro, suddivisi in 1/3 diretti e 2/3 indotto.
Pompe di Calore: già oggi nel settore operano 139.000 installatori idraulici,
ma servono nuove competenze. Si prevedono 40.000 nuovi addetti.
Biogas e Biometano: ai circa 6.300 posti di lavoro diretti e indiretti, se
ne dovrebbero aggiungere agli 8.000 con la filiera del biometano.
Biomasse: gli attuali 70.000 operatori distribuiti sull’intera filiera legno-
energia potrebbero raddoppiare valorizzando le filiere forestali
nazionali.
Idrogeno verde: nel complesso il numero di posti di lavoro nella filiera
dell'idrogeno dovrebbe crescere di 300.000 unità al 2050.

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