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Cultura & Società

Star-chef: ambasciatori dell'agroalimentare italiano

Presentato lo scorso 21 febbraio a Bologna presso la sede Nomisma un libro che individua nelle comunità italiane nel mondo e nei ristoranti italiani all'estero due valenti divulgatori dell'Italian Way of Life, comparto agro-alimentare incluso

di Patrizia Menicucci
Febbraio 2014 | Back

L'economista Denis Pantini e la giornalista Alessandra Moneti sono coautori di un volume intitolato "Ci salveranno gli chef (edito da Agra)" che fornisce un'attenta analisi del nostro comparto agroalimentare, valutando come la cucina italiana e il fenomeno degli star-chef possano contribuire alla crescita del sistema italiano. La filiera di tale comparto incide per il 9% sul PIL e per il 14% sul livello occupazionale con un export che nel 2012 ha toccato la cifra record di 31,8 mld euro con una crescita del 5,4% rispetto all'anno precedente. Cifre importanti che spingono a considerare il settore come fortemente strategico per la nostra economia e meritevole di azioni che possano consentirne la valorizzazione e gli ulteriori sviluppi. Poiché i consumi alimentari interni dal 2007 ad oggi hanno registrato una riduzione del 14,7%, è sui mercati esteri che si prospettano forti margini di crescita per tale filiera, in virtù dell'aumento demografico mondiale ma soprattutto dell'accresciuto benessere di fasce sempre più ampie di popolazione. Si stima, per esempio, che la Cina nei prossimi dieci anni diverrà il primo mercato al mondo per consumi alimentari passando dall'attuale valore annuo di 800 mld di dollari a quello prossimo di 4.000 mld di dollari. Una seria e strutturata strategia di crescita del nostro export agroalimentare richiede però forti investimenti, che le aziende da sole, nella maggioranza dei casi di dimensioni medio-piccole e con produzioni assai diversificate (elementi che presentano contemporaneamente aspetti positivi in termini di dinamicità e offerta, e negativi per quanto riguarda penetrazioni commerciali importanti), non riescono ad affrontar. È pertanto necessario che si metta in moto un sistema-paese con concrete politiche di sostegno e promozione del settore. La valorizzazione dell'agroalimentare italiano, caratterizzato fra l'altro da oltre 250 riconoscimenti DOP e IGP, che raggiungono quota 774 includendo anche le indicazioni geografiche del vino, è quindi una questione nazionale che, secondo gli autori del volume, richiede interventi organici che dovrebbero prevedere tra l'altro: la possibile riduzione di barriere sanitarie e non tariffarie di molti paesi, la defiscalizzazione per investimenti promozionali all'estero e studi di mercato, la riorganizzazione del sistema di sostegni e incentivi per progetti promozionali nel mondo, agevolazioni burocratiche e fiscali per la costituzione di consorzi e reti di imprese, sostegno a presidi diretti sui mercati target, formazione operatori commerciali e consumatori. In questo percorso, a parere degli autori del volume, ci sono dei fattori che costituiscono dei veri e propri punti di forza per tale tipologia di export e che vengono individuati in due eccellenti ambasciatori del made in Italy enogastronomico: le comunità italiane nel mondo e la ristorazione basata sulla cucina italica. Secondo una stima degli autori, esistono nel mondo 60 mln di oriundi italiani, con un flusso migratorio che non si è mai interrotto e che negli ultimi dieci anni ha visto 4,3 mln di italiani diventare residenti all'estero. Questo imponente esercito può essere, ed in parte è già, il principale divulgatore dell'"Italian way of life" e in particolare dell'"Italian Food", che continuano a registrare consensi in ogni continente. In tutto il mondo è poi in costante crescita l'attenzione di consumatori, operatori del settore e media per la cucina in generale, e per quella italiana in particolare, con il fenomeno degli "Star Chef", che nell'ultimo decennio ha dato vita, oltre che a una moda, anche a importanti attività imprenditoriali, che vedono coinvolti ristoranti, aziende agricole di supporto, iniziative editoriali, web e televisive. Si stima che la ristorazione italiana all'estero possa attualmente contare su 60/80 mila imprese con 30 mld di dollari di fatturato annuo, e una clientela giornaliera di circa 3 mln di persone, numeri che fanno della nostra cucina la seconda più diffusa al mondo dopo quella cinese. Nella loro attività, i ristoratori diventano divulgatori delle tradizioni culinarie italiane presso le comunità locali dove operano, e quanto più favoriscono la contaminazione delle abitudini di consumo di quel paese con i nostri prodotti tanto più aumentano le nostre esportazioni verso quelle aree. Perché il settore ristorazione possa ancora maggiormente influenzare e indirizzare i consumatori verso il nostro agro-alimentare sarebbero anche qui necessari degli interventi istituzionali, soprattutto in termini di formazione per la creazione di scuole di cucina italiana all'estero, corsi da spiegare il corretto utilizzo di alcune produzioni tipiche come l'olio, e i disciplinari che codifichino l'esatta preparazione di vari piatti. Sul fronte nazionale l'influenza del fenomeno gastronomico-mediatico, stante il perdurare della crisi economica, si registra soprattutto in termini di un consumo maggiormente consapevole, che comporta scelte di acquisto contrassegnate dal buon rapporto qualità-prezzo.

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