Green economy, un percorso da semplificare
L’Italia è chiamata ad accelerare sulla via della decarbonizzazione dell’economia, e il Recovey Fund potrebbe favorire questo processo anche nel settore della meccanizzazione agricola e forestale
L’orientamento verso l’innovazione e la sostenibilità del Green Deal europeo ha in qualche modo ricevuto un’ulteriore spinta dalle tante criticità sociali ed economiche esasperate dalla pandemia del Coronavirus. Oggi, tralasciando i pareri dei soliti negazionisti, chiunque sente che il sistema globale scricchiola in modo preoccupante e occorre occuparsi della salute del Pianeta per preservare quella umana. I miliardi di Euro messi a disposizione dal “recovery fund” potrebbero costituire un’opportunità per risollevare le sorti del nostro Paese e di tanti altri attraverso l’attivazione di strategie sistemiche adeguate alle necessità di questa complicata epoca. Oggi appare evidente che l’ecologia e l’economia possano convergere producendo vantaggi vicendevoli, come dimostrano numerose e recenti analisi di mercato.
Secondo lo studio Circular Europe “Come gestire con successo la transizione da un mondo lineare a uno circolare”, realizzato da Fondazione Enel e The European House – Ambrosetti, al settore è correlato un Prodotto Interno Lordo di 300-380 miliardi di euro in Europa (dato 2018) di cui 27-29 miliardi di euro in Italia. Allo stesso tempo, l’Economia Circolare è legata a circa 2,5 milioni di posti di lavoro in Europa e 200.000 in Italia. Lo studio evidenzia che il passaggio da materiali primari a secondari consente di ridurre notevolmente le emissioni di gas serra (GHG); chiarendo inoltre che, ad un aumento della penetrazione delle fonti rinnovabili nella produzione energetica di un solo punto percentuale corrisponde una riduzione di GHG fino a 72,6 milioni di tonnellate di CO2 equivalente in Europa e 6,3 in Italia (pari a circa il 50% delle emissioni annuali di gas serra nel Comune di Roma). In considerazione di tali aspetti, non è un caso che il 95% dei business leader europei – intervistati nell’ambito della ricerca – ritenga l’Economia Circolare una scelta strategica per conquistare un vantaggio competitivo della propria azienda in termini di diversificazione, ampliamento del mercato e riduzione dei costi. Tuttavia, gli stessi manager dichiarano che ad oggi alcuni fattori come l’incertezza circa la creazione di valore (43,6% delle risposte) e la mancanza di competenze (35,9%) siano gli elementi ostativi più frequenti per lo sviluppo dell’Economia Circolare nei vari Paesi europei.
Inoltre, soprattutto in Italia, lo sviluppo di produzioni sostenibili come ad esempio le bioraffinerie o l’energia da fonti rinnovabili è frenato anche da tante norme che appesantiscono inutilmente i procedimenti autorizzativi. Un’occasione di miglioramento in tal senso sarebbe stato il Decreto Legge del 16 luglio 2020 n. 76 “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”, la cui conversione è in corso tra Camera e Senato. Purtroppo, nonostante le associazioni di rappresentanza delle aziende di settore abbiano proposto emendamenti al testo chiari e puntuali, il provvedimento per molti versi appare poco soddisfacente e si sente parlare di “decreto complicazioni” per la green economy e le FER (trattate al Capo III del Titolo IV). Di contro, paradossalmente, vengono introdotte alcune agevolazioni a vantaggio del comparto petrolifero: royalties più basse sulle trivellazioni a terra e in mare, meno vincoli autorizzativi per la costruzione di nuovi oleodotti.
Un altro aspetto critico nel nostro Paese è dato da una cronica difficoltà dei territori nella gestione e implementazione delle politiche a favore dello sviluppo sostenibile. In particolare, la carenza di competenze tecniche che riguarda, sia le amministrazioni titolari dei Fondi, sia le amministrazioni locali beneficiarie degli stessi, determinano gravi ripercussioni nella progettazione e gestione delle azioni. Per superare tali ostacoli l’ENEA da anni collabora con le Regioni e gli Enti Locali per la progettazione e l’implementazione di interventi volti a migliorare l’efficienza energetica e a ridurre i consumi di energia nel settore pubblico e nel settore produttivo, nonché per stimolare processi virtuosi nell’economia circolare. In tale ottica, il progetto ES-PA (Energia e Sostenibilità per la Pubblica Amministrazione), opera attraverso azioni a supporto dell’intero territorio nazionale attraverso la predisposizione di strumenti conoscitivi ed operativi resi disponibili e diffusi a tutte le amministrazioni regionali e territoriali. Tra gli strumenti attivati dal Progetto rientrano le “Linee guida per l’utilizzo degli impianti a biomassa” una recente pubblicazione frutto di un team di ricercatori coordinati da Vincenzo Gerardi (Ricercatore ENEA e Membro del Consiglio Direttivo di ITABIA - Italian Biomass Association). Il documento, che si compone di due volumi (scaricabili gratuitamente dal sito web di ENEA*), nasce dalla necessità di individuare una metodologia corretta per la pianificazione, la realizzazione e la gestione di tali impianti energetici. Mentre nella Parte Prima si descrivono il sistema degli incentivi e gli aspetti tecnico-amministrativi per l’espletamento degli oneri burocratici relativi alle varie autorizzazioni per la realizzazione e l’esercizio degli impianti; nella Parte Seconda si forniscono elementi sullo stato dell’arte e sui criteri di scelta tecnologica dei vari processi di conversione energetica in base al tipo di biomassa disponibile, ai fabbisogni energetici in termini qualitativi e quantitativi, ai processi produttivi reali in cui si inseriscono, con indicazione del livello di efficienza energetica e dei costi di investimento da attendersi per le varie tecnologie. Il lavoro si conclude con la presentazione di alcuni esempi concreti di imprese sorte negli anni, al fine di creare una panoramica sulle varie tipologie di impianti e sugli aspetti che le differenziano dal punto di vista tecnologico e gestionale, fornendo un quadro delle realtà operative di riferimento in Italia.
In conclusione la strada della green economy è certamente quella giusta, ma il traguardo appare distante; una serie di preziose scorciatoie sta nel semplificare il quadro normativo (aspetti burocratici) e nel diffondere modelli virtuosi (buone pratiche).
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