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Bioeconomia

Biomasse, una risorsa per ridurre la dipendenza energetica

Nella cornice drammatica del conflitto tra Russia e Ucraina non bisogna perdere di vista la strategia per decarbonizzare l’Europa. Su invito del Coordinamento FREE (Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica) un gruppo di esperti si è riunito per ragionare sul modello energetico italiano

di Matteo Monni
maggio - giugno 2022 | Back

La crisi energetica scatenata dal conflitto in Ucraina ha determinato un’immediata impennata dei prezzi dell’energia che potrebbe acuirsi ulteriormente per effetto dell’embargo al petrolio russo da parte di Bruxelles. Queste dinamiche – unite anche a quelle ben più rischiose del riscaldamento globale (con il clima non si negozia!) – confermano la necessità non più prorogabile di sfruttare il contributo delle fonti innovabili in generale e delle bioenergie in particolare nell’ottica di una maggiore diversificazione degli approvvigionamenti, contrastando il caro energia, promuovendo lo sviluppo locale e la transizione energetica nel solco della nuova Strategia forestale nazionale.

A partire da queste premesse il Coordinamento FREE (Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica) in collaborazione con AIEL, Elettricità Futura, ITABIA e il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) ha organizzato un confronto tra esperti sui traguardi della moderna bioenergia per decarbonizzazione l’economia e ridurre la dipendenza energetica dell’Italia. In prima battuta Livio de Santoli, Presidente del Coordinamento FREE ha sottolineato l’indiscutibile ruolo che va riconosciuto alle biomasse nel percorso da affrontare per la transizione energetica. Infatti, secondo stime realistiche, la valorizzazione energetica biomasse può arrivare a sostituire ben 8 miliardi di metri cubi l’anno di gas naturale. Inoltre, non va trascurato l’effetto che le bioenergie possono generare sulla riduzione della bolletta, sia in ambito domestico, sia industriale. Un risparmio che si attesterebbe intorno al 40% per i costi energetici a carico di utenti (famiglie e imprese) è certamente un punto di forza per affrontare la lotta a due fenomeni in crescita esponenziale: l’emergenza climatica e la povertà energetica.

I numeri della filiera legno-energia – portati in discussione per rafforzare i vari punti di vista – descrivono chiaramente la centralità della risorsa biomassa che costituisce la prima fonte rinnovabile in Europa e in Italia. Infatti, in Italia su circa 120 Mtep (Milioni di Tonnellate equivalenti di petrolio) di consumi finali di energia, l’8,9% è riferibile alle biomasse, mentre tutte le altre FER si attestano sul 9,3%. In questo quadro purtroppo, ancora oggi, le fonti fossili dominano lo scenario contribuendo nel mix energetico per poco meno dell’82 %. Sul piano socio-economico si evidenzia che le imprese e il consumo coinvolte nella filiera “dal bosco al camino” sono circa 14.000, per un fatturato complessivo di oltre 4 miliardi di euro; oltre 72.000 sono gli impiegati del settore, di cui 43.000 diretti e 29.000 legati all'indotto. Altro aspetto molto interessante sta nel fatto che la ricaduta occupazionale della produzione di biocombustibili legnosi è 7 volte superiore rispetto a quella della produzione di petrolio. Infine, il 25% delle famiglie impiega biomassa legnosa per riscaldarsi e il consumo annuo di legna da ardere supera i 12 milioni di tonnellate seguito dal pellet con oltre 3,2 milioni di tonnellate e infine 1,4 mln t di cippato.

Un ulteriore inquadramento del contributo della filiera biomasse alla crisi energetica lo ha fornito Annalisa Paniz, Direttrice generale di AIEL, ricordando l’importanza di un approccio sistemico ed integrato nel considerare la filiera foresta-legno nel suo complesso per garantire un’economia “wood-based”, fondata su un uso efficiente e circolare delle risorse grazie all’utilizzo a cascata delle risorse legnose. A tal proposito, molto interessanti sono stati i conti sui benefici ambientali che derivano dall’impiego della biomassa nell’edilizia. Per esempio una casa in legno – oltre a utilizzare materie prime rinnovabili e stoccare CO2 (circa 40 tonnellate) – può essere riscaldata per 70 anni alimentando una caldaia con i soli scarti legnosi generati dalla produzione dei materiali per la sua costruzione. Sul piano prettamente energetico, con le risorse legnose è possibile puntare ad un obiettivo di 16,5 Mtep di energia termica prodotta da bioenergia, contro gli attuali 7 Mtep, di cui 8,5 Mtep da biomasse legnose, pari a circa 146 GW di potenza installata. Si conferma quindi la previsione che potenzialmente con le bioenergie è possibile sostituire oltre 9 miliardi di m3 di gas metano, ossia 4 milioni di caldaie a fonte fossile ad uso domestico, arrivando a coprire fino al 68% dell’energia da FER nel settore termico e fino al 37% dei consumi termici finali. Interventi che consentirebbero di contenere i costi energetici per le famiglie in modo significativo: con i prezzi attuali, utilizzare legna da ardere o pellet per scaldare una abitazione consente annualmente un risparmio medio rispetto al metano pari rispettivamente a oltre 900 € (-55%) e oltre 700 € (-44%).

Il punto di vista di Elettricità Futura lo ha fornito il direttore generale Andrea Zaghi, che ha rimarcato la particolare importanza del contributo delle bioenergie soprattutto in questa fase di crisi del gas in cui l’Italia ha bisogno di alternative per affrancarsi dalla dipendenza dalla Russia. Si fa presente che Elettricità Futura rappresenta il 70% del mercato elettrico italiano riunendo oltre 500 imprese attive nella produzione e commercializzazione di energia elettrica da fonti convenzionali e rinnovabili. Di recente questa Associazione aderente a Confindustria, ha redatto il Manifesto delle Bioenergie in Italia, un’iniziativa a cui ha preso parte l’intero settore delle biomasse solide, dei bioliquidi, del biogas e biometano (inclusa ITABIA). Secondo Zaghi le bioenergie, grazie alla loro assoluta programmabilità e al contributo alla produzione energetica, hanno vantaggi del tutto assimilabili a quelli raggiunti dalle più moderne centrali convenzionali impiegando però risorse rinnovabili e locali. Per queste ragioni in fase di aggiornamento del PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) andrà notevolmente rafforzato il contributo delle biomasse fornendo agli investitori con un quadro normativo certo e il sostegno all’innovazione tecnologica.

Secondo Vito Pignatelli presidente di ITABIA Italian Biomass Association il successo della bioenergia risiede nel fatto che questa si basa su materie prime e tecnologie efficienti in grado di fornire elettricità, calore e biocarburanti per i trasporti in modo continuo e programmabile. Inoltre, presenta grandi potenzialità per la sostituzione dei combustibili fossili, a partire dal metano, anche nella copertura del carico di base (baseload) per soddisfare le richieste di energia nell’intero arco della giornata e dell’anno. Per queste ragioni la bioenergia è, fra le fonti rinnovabili, quella che contribuisce maggiormente (9-10% del totale) ai consumi energetici in Italia. Inoltre, la bioenergia è la fonte rinnovabile più strettamente legata al territorio, presentando tutta una serie di ricadute positive in ambiti che vanno dalla corretta gestione della risorsa boschiva alla multifunzionalità dell’agricoltura, fino allo sviluppo sostenibile e alla resilienza del tessuto produttivo delle aree rurali e montane a rischio di spopolamento e abbandono.

A fronte di questi vantaggi, l’importanza della bioenergia è troppo spesso sottostimata, ed anche nell’ambito del PNRR, con la sola eccezione del suo contributo alla decarbonizzazione dei trasporti sotto forma di biometano e biocarburanti avanzati, le previsioni di crescita di questa fonte rinnovabile sono decisamente inferiori al suo effettivo potenziale. È quindi necessario un forte impegno da parte di tutti, e in primo luogo delle Associazioni che rappresentano gli operatori del settore e i potenziali beneficiari, per arrivare ad una corretta e capillare informazione e convincere i decisori politici a mettere in campo una serie di azioni positive che consentano di “liberare” la produzione di energia da biomasse dai troppi vincoli e ostacoli ancora presenti e di valorizzarne pienamente le grandi potenzialità.

A questo proposito Pignatelli ha ritenuto utile segnalare una recente iniziativa scaturita da una buona pratica di Policy condotta dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Lo scorso aprile si è costituita l’Associazione per la Gestione EcoSostenibile del Territorio in Abruzzo denominata GESTA. L’iniziativa, promossa e finanziata nell’ambito di un apposito Bando del MiPAAF (nell’ambito del Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020), mira a creare una rete di professionisti, Enti e Amministrazioni locali per attivare azioni volte a valorizzare le risorse rurali (foreste e agricoltura) e sviluppare filiere territoriali connesse alla bioeconomia circolare.

L’area interessata dall'iniziativa si sviluppa su un territorio che coinvolge le Province di L’Aquila e di Teramo, per un’estensione di oltre 14.000 ettari, di cui circa 11.600 costituiti da boschi e 2.400 da pascoli, molti dei quali ricolonizzati dal bosco spontaneo. Volendo dare spazio anche ad una corretta valorizzazione energetica delle biomasse di questo territorio una particolare attenzione andrà alla definizione di criteri efficienti per la mobilizzazione del prodotto legnoso, che richiede meccanizzazione, tecniche e conoscenze specifiche che porranno i presupposti per l’avvio di un processo di “certificazione” della filiera bosco-legno, che tenga anche conto della sostenibilità del processo di produzione del combustibile legnoso. Quanto detto da Pignatelli è perfettamente in linea con l’intervento conclusivo del webinar tenuto da Sonia Marongiu del CREA, incentrato sulla nuova Strategia Forestale Nazionale (SFN) che, nel recepire le priorità stabilite a livello UE, definisce il quadro strategico di indirizzo a supporto delle amministrazioni nazionali e regionali competenti. Si tratta di un documento di validità ventennale e che sarà accompagnato da un processo di monitoraggio e valutazione per un aggiornamento quinquennale. Grazie alla nuova SFN, viene quindi a strutturarsi una base di confronto fondamentale per dibattiti costruttivi di mediazione tra gli interessi sociali e quelli politici di tutela e conservazione del patrimonio forestale. Un confronto che dovrà tener presente la necessità di ridare “valore al bosco” in considerazioni degli innumerevoli servizi ecosistemici ad esso associati.

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