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Ambiente

Fonti rinnovabili: progetti Itabia per lenergia

Un recente studio condotto dalle Nazioni Unite lancia l'allarme sull'impennata di povertà e malnutrizione che affliggono centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Tra le cause principali del problema gli esperti indicano il cambiamento del clima che è anche all'origine di molti conflitti in aree geopoliche instabili. Occorre dunque intervenire a tutti i livelli per accelerare il processo di decarbonizzazione dell'economia verso sistemi di produzione e consumo sostenibili

di Matteo Monni
ottobre - novembre 2018 | Back

 

I cambiamenti climatici oltre a causare danni ambientali ed economici noti e ampiamente analizzati (dissesto idrogeologico, alluvioni, siccità, incendi, desertificazione, ecc.), evidenziano un nesso sempre più chiaro con il diffondersi di conflitti, miseria e patologie che minacciano l’umanità intera. Poiché piove sempre sul bagnato – o anche sull’arido non piove mai – questi effetti colpiscono maggiormente le persone più vulnerabili nei Paesi meno emancipati.

L’11 settembre – data che evoca in tutti noi la tragedia delle torri gemelle di New York – ha coinciso quest’anno con la pubblicazione del rapporto “The State of Food Security and Nutrition in the World” realizzato dalle cinque agenzie della Nazioni Unite (FAO, IFAD, UNICEF, WFP e OMS) che si occupano in estrema sintesi di sicurezza alimentare, sviluppo agricolo, tutela dell’infanzia e sanità.

Tale rapporto costituisce un’analisi su scala globale con cui si intende porre rimedio alla fame e a tutte le forme di malnutrizione entro il 2030, affrontando il problema come una priorità politica a livello internazionale in una visione di sviluppo sostenibile. Il lavoro svolto evidenzia che la fame nel mondo torna a crescere, dopo 10 anni di costante diminuzione, colpendo 815 milioni di persone (l’11% della popolazione mondiale) di cui 520 milioni in Asia, 243 in Africa, 42 in America Latina e nei Caraibi.

Un trend molto preoccupante e difficile da arginare visto che i 38 milioni di persone malnutrite in più rispetto ai livelli del 2015 sono per molti versi riconducibili alla crisi ambientale che stiamo attraversando. Infatti, il Rapporto dell’ONU rileva che i mutamenti del clima da cui dipendono direttamente l’andamento delle piogge e le produzioni agricole, sono anche tra i fattori determinanti dell’aumento dei conflitti e delle crisi economiche. Quindi, per sperare che questa complessa crisi si possa superare nei limitati tempi stabiliti, “è imperativo accelerare e aumentare gli interventi per rafforzare la capacità di recupero e adattamento dei sistemi alimentari e dei mezzi di sussistenza delle popolazioni in risposta alla variabilità climatica e agli eventi meteorologici estremi”. Un segnale positivo in tal senso è stato il passo compiuto lo scorso giugno dalla politica energetica europea. Il trilogo (Parlamento, Commissione e Consiglio Europeo) ha raggiunto un accordo sulla strategia da adottare per potenziare le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica entro il 2030. L’obiettivo delle FER è stato fissato al 32% sui consumi finali di energia (elettrica, termica e trasporti), un buon incremento rispetto al target del 20% del 2020. Ma il fronte energetico non è il solo su cui operare, occorre infatti stimolare al massimo sistemi di produzione e consumo efficienti e a basso impatto ambientale. Negli ultimi anni Itabia ha colto l’orientamento – maturato a vari livelli – di rivolgere una crescente attenzione ad un impiego razionale delle risorse. Il binomio efficienza e rinnovabilità, associato per tanto tempo quasi solo alle questioni energetiche, si sposta ora con decisione verso le materie prime – nel senso più ampio della parola – rilanciando ulteriormente il potenziale enorme delle biomasse nel panorama della bioeconomia, o dell’economia circolare. In qualche modo, sempre nell’ottica dello sviluppo sostenibile, l’evolversi delle strategie internazionali sta riallacciandosi ai principi su cui si è fondata l’associazione trentatre anni fa. Itabia, come espresso nello Statuto, “mira a promuovere e diffondere lo sviluppo della produzione, del recupero, del riciclo, della trasformazione, dell’utilizzo produttivo delle biomasse, con il quale termine si intende l’insieme dei materiali di origine biologica suscettibili di valorizzazione, inclusi quelli appositamente prodotti, i sottoprodotti di raccolta e di lavorazione, i rifiuti civili, agro-zootecnici e industriali. Gli obiettivi citati sono perseguiti in un contesto di salvaguardia e miglioramento dell’ambiente oltre che di sviluppo sociale ed economico”.

Negli anni in cui i meccanismi incentivanti hanno stimolato – non senza qualche distorsione – la crescita della bioenergia in Italia e in Europa, Itabia ha sempre operato affinché ciò avvenisse nel rispetto dei criteri di sostenibilità. A tal fine ha costantemente raccomandato approcci sistemici che valorizzassero l’intera filiera biomasse-energia, ponendo al centro dell’attenzione la risorsa e il territorio da cui si genera.

Nel futuro, con lo stesso approccio, si cercherà di tracciare delle traiettorie di sviluppo per i cosiddetti “biobased products” (BBP) e le relative industrie (BBI). In quest’ottica sono state avviate, nel dicembre 2017, le attività del Progetto ENABLING “Enhance New Approaches in Biobased Local Innovation Networks for Growth”, nell’ambito del programma H2020 (CSA, Coordination Support Action), dove a FederUnacoma spetta il coordinamento amministrativo e a Itabia quello tecnico-scientifico. Il partenariato si compone di sedici soggetti in rappresentanza di tredici Paesi diversi (Italia, Belgio, Norvegia, Irlanda, Austria, Bulgaria, Gran Bretagna, Olanda, Grecia, Repubblica Ceca, Israele, Francia, Germania). Nell’ambito di ENABLING verranno attivate una serie di azioni volte a facilitare lo sviluppo della bioeconomia puntando sulla massima valorizzazione di materie prime di origine biologica – residuali o appositamente coltivate – da destinare a diversi settori con grandi potenzialità di sviluppo come la chimica verde, il tessile, l’automotive, la nutraceutica, la bioedilizia ecc. Tra gli obiettivi del progetto c’è la creazione di una rete di stakeholders che metta in contatto il settore agricolo (produttore di biomasse) e quello industriale (trasformatore) per facilitare la nascita di accordi di filiera per il promettente mercato dei bioprodotti. 

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