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Tecnica

Raccolta delle olive, il ruolo della meccanizzazione

L'utilizzo di mezzi meccanici rappresenta un'evoluzione strategica per aumentare in modo decisivo la produttività della coltura. Oggi sono molte le cultivar che si adattano bene all'impiego degli scuotitori, che assicurano il massimo rendimento

di Davide Facchinetti
ottobre - novembre 2018 | Back

L’olivo (Olea Europea) è uno dei simboli mediterranei per antonomasia, e la sua storia si fonde con quella di tutti i popoli presenti nei secoli in quell’areale. Originario delle regioni orientali, si estese in tutta l’area mediterranea grazie all’opera dei primi navigatori fenici e greci; ma furono poi gli arabi ed i romani a diffonderne la coltivazione, che copre oggi una superficie di circa 10 milioni di ettari dove sono in produzione 850 milioni di piante circa. Sin dai tempi dell’Impero Romano, la raccolta delle olive veniva effettuata a mano, utilizzando quando necessario delle scale. Tale metodologia risulta ai nostri giorni alquanto dispendiosa in termini di manodopera, ragion per cui si preferisce puntare su livelli di meccanizzazione della raccolta sempre più elevati, che devono però essere in grado di salvaguardare il più possibile le caratteristiche qualitative sia del prodotto, che del patrimonio arboreo dal quale si esegue la raccolta.

Nel nostro Paese, come del resto in tutto l’areale mediterraneo, vi sono moltissime aziende con indirizzo olivicolo (in prevalenza o in esclusiva), con una discreta presenza di aziende medio-grandi. Nelle aziende più piccole la forma di conduzione familiare è la più diffusa, e in questi casi si riscontra un livello di meccanizzazione medio-basso, mentre nelle realtà medio-grandi si ricorre spesso ad un notevole apporto di manodopera avventizia per la raccolta, con un suo elevato grado di meccanizzazione. Peraltro, nel contesto nazionale sono molto numerose le aziende piccole o medio-piccole (con superfici spesso addirittura inferiori all’ettaro), per cui tale situazione si correla quasi sempre ad un’elevata obsolescenza del patrimonio arboreo. 

In generale comunque, ancora oggi la raccolta è una delle principali voci di spesa nel bilancio di un oliveto: la sua incidenza varia mediamente tra il 25 e il 50% del costo di produzione totale dell’olio in tutti gli impianti di tipo tradizionale, ovvero caratterizzati da piante di olivo quasi sempre secolari e talvolta anche millenari, che poco (o a volte per nulla…) si adattano alla raccolta effettuata con le grandi macchine agevolatrici. Sebbene oggi la raccolta effettuata manualmente sia stata in pratica abbandonata (eccezion fatta per alcune rare varietà pregiate destinate all’industria conserviera), oggi si fa ricorso a piccole macchine agevolatrici (pettini scuoti-olivi, introdotti sul mercato dalla metà degli anni ’70 del secolo scorso), oppure con macchinari con produttività molto più elevata, come le macchine vibro-scuotitrici da collegare a trattori, sollevatori telescopici o escavatori. Ancor più di recente, sono comparse sul mercato le moderne raccoglitrici semoventi derivate dalle vendemmiatrici dell’uva, che richiedono però sesti di impianto specificamente dedicati. Altri ostacoli che limitano il processo evolutivo del settore riguardano l’orografia del territorio: la grande maggioranza degli oliveti insiste infatti su zone scoscese, difficilmente accessibili ai trattori.

 

Gli agevolatori

In questi casi è vantaggioso far ricorso a diversi tipi di piccole macchine agevolatrici spalleggiate, che rispetto alla classica raccolta a mano sono comunque in grado di aumentare considerevolmente la produttività dell’operatore. Sul mercato sono disponibili modelli che si differenziano per quanto riguarda la tipologia di propulsione (motore a scoppio, motore elettrico a batteria, motore pneumatico), nonché dell’organo di raccolta e della lunghezza, della conformazione e dei materiali utilizzati per la realizzazione dell’asta e dell’organo lavorante. Bisogna altresì considerare che tali attrezzature hanno un costo decisamente contenuto, ed è pertanto frequente l’acquisto di più esemplari nella singola azienda, per consentire a più operatori di raccogliere contemporaneamente. Un altro dato significativo di queste macchine è la percentuale di distacco delle olive, che quasi sempre supera il 98%. La capacità di raccolta per ogni operatore aumenta da 30-35 kg/h con la raccolta tradizionale fino ad oltre 150 kg/h. La scelta della macchina deve tenere conto della presenza di impugnature antivibranti (che fanno in modo di trasmettere all’operatore solo una minima parte delle vibrazione prodotte) e la possibilità di variare la frequenza di vibrazione, così da sollecitare in modo ottimale le branche, in funzione del loro diametro. In alcune zone, come ad esempio quella a nord di Bari, la meccanizzazione raggiunge un’intensità più elevata, per la massiccia presenza di aziende olivicole specializzate medio-grandi, con diffusa presenza di cultivar adatte all’impiego di scuotitori meccanici collegati a trattori, a sollevatori telescopici o ad escavatori. Alle estremità di un robusto braccio articolato è fissato un cestello che abbraccia il tronco alla base della pianta e dal quale si diparte un telo a forma di ombrello rovesciato che si apre idraulicamente, intercettando le olive in caduta che dal telo vengono poi fatte scivolare nel cestello mediante sollevamento idraulico delle aste. Si tratta di una soluzione che permette al singolo operatore di raccogliere l’intera produzione di una pianta in pochissimi minuti, comprendendo tutta la routine, ovvero l’avvicinamento, l’aggancio e lo scarico del prodotto raccolto. In questo caso, nelle condizioni più favorevoli la produttività del singolo operatore può anche superare le 2 t/h. I cestelli e gli “ombrelli” di queste attrezzature possono assumere diverse forme e dimensioni, per adattarsi sia ad olivi a tronco singolo, sia a quelli policauli o secolari. Mentre in epoche passate se ne sconsigliava l’impiego su tronchi con diametri basali superiori ai 50-60 cm, grazie a una serie di ricerche svolte dalle più importanti università del meridione italiano si è riusciti ad ottimizzare l’intensità e la frequenza delle vibrazioni trasmesse alla pianta, al fine di limitare al minimo i danneggiamenti. Oggi queste macchine possono essere impiegate proficuamente anche su piante con oltre 1 m di diametro del tronco, anche se recenti sperimentazioni sottolineano che è importante tenere conto della geometria della pianta. Per la massina efficienza dell’operazione non conta tanto il peso delle olive o la loro resistenza al distacco, bensì la corretta conformazione della pianta e dei rami. In tale contesto, mostrano una buona attitudine alla raccolta meccanizzata i cultivar Leccino, Frantoio, Maurino, Nostrale di Rigali, ma anche sulla S. Felice, la Dolce Agogia e la Pendolino si ottengono risultati più che accettabili, con un opportuno adeguamento della frequenza di scuotimento. L’unica cultivar che invece si adatta poco alla meccanizzazione della raccolta è la Moraiolo.


L’olivicoltura in Italia nell’areale  mediterraneo

La regione con la più alta densità al mondo di olivi è l’Andalusia (che infatti assicura l’80% della produzione spagnola). Proprio Italia e Spagna si sono alternate negli ultimi anni al primo posto nella graduatoria mondiale delle produzioni di olive, che insieme copre oltre il 25% dell’intera produzione mondiale.

In ambito UE sono da ricordare, in ordine di importanza, la Grecia, il Portogallo e la Francia; fuori dall’UE importanti produttori sono Turchia, Israele, Algeria, Marocco, Tunisia, Egitto, Siria. In altri continenti, si segnalano Stati Uniti, Argentina, Australia e anche alcune isole asiatiche.

In Italia l’olivicoltura predomina ovviamente nel Mezzogiorno, soprattutto in Puglia (in particolare nel barese e nel Salento), in Calabria e in Sicilia. Non sono però da trascurare anche gli oliveti di alcune altre regioni: la Toscana (nel Chianti e nel Mugello) l’Umbria, le Marche (le zone di Ascoli e di Macerata sono note per le grandi olive da mensa), il Lazio e il resto del Mezzogiorno, dalla zona adriatica  dell’Abruzzo, al Molise, alla Campania alla Lucania, alla Sardegna. Infine, c’è anche la  Liguria e il gardesano. L’attuale produzione italiana è di 0,5 milioni di t/anno di olio d’oliva: il 30%  extra vergine, 20% vergine e il restante 50% olio lampante.

Nonostante la notevole produzione, il nostro Paese è deficitario per circa 100.000 t/anno. Le importazioni mortificano però le produzioni nazionali, poiché gli oli importati vengono immessi sul mercato a prezzi decisamente inferiori a quelli delle produzioni nazionali, con livelli qualitativi spesso infimi che, specie per quanto riguarda l’acidità, vengono poi riportati a valori più accettabili con tecniche poco ortodosse e spesso fraudolente.



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