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Tecnica

Le cippatrici, tecnologie per la filiera bio-energetica

Le macchine capaci di sminuzzare la biomassa legnosa riducendola in piccole scaglie sono fondamentali per il settore energetico, perché rendono più facilmente utilizzabile, oltre che trasportabile e gestibile, questa tipologia di biomassa. Molte aziende italiane sono in prima fila nel settore, realizzando modelli con differenti potenze e caratteristiche, adatti per le diverse esigenze

di Jacopo Bacenetti
febbraio - marzo 2018 | Back

Il favore verso le fonti di energia rinnovabile è aumentato notevolmente negli ultimi decenni, tenendo anche conto che, a parità di energia prodotta, le emissioni di gas climalteranti sono notevolmente più basse rispetto a quelle prodotte dai combustibili fossili.

Peraltro, i meccanismi di incentivazione previsti per la produzione di elettricità da fonte rinnovabile hanno generalmente penalizzato le biomasse legnose, che comunque risulteranno decisive per raggiungere i noti obiettivi comunitari in tema di politica energetica, poiché il loro ruolo è duplice: da un lato, possono contribuire al soddisfacimento dei fabbisogni termici a livello diffuso sul territorio mentre, dall’altro, possono comunque essere sfruttate per l’alimentazione di grandi impianti termochimici.

In tale contesto, il ruolo della cippatura, ovvero dello sminuzzamento del legname in scaglie o chips, risulta essere decisivo: infatti, il legname in tale forma rende la massa “fluida”, idonea per alimentare in modo continuo e omogeneo le apparecchiature adibite alla combustione. Si tratta di un notevole passo avanti, per una biomassa come quella legnosa che è stata storicamente utilizzata in ciocchi, ovvero pezzature molto più grandi e difficilmente sfruttabili a fondo dal punto di vista energetico. In più, la cippatura permette un’adeguata valorizzazione di sottoprodotti legnosi e/o di bassa qualità (residui di potatura, rami e cimali derivanti da esboschi di fustaie, ecc.) che, da materiale di scarto (con il relativo onere di smaltimento), diventa di fatto un sottoprodotto in grado di fare reddito. In concreto, impiegare utilmente questi residui permette di aumentare del 15-20% la resa, tra l’altro recuperando della biomassa che altrimenti, se lasciata in bosco, potrebbe costituire un focolaio di incendio. Stime recenti hanno evidenziato come nei tagli ordinari delle fustaie si producono da 50 a 60 t/ha di biomassa fresca, cioè quasi 200 kg/m3 di biomassa residua per tondame commerciale.

 

La cippatrice

È una macchina in grado di sminuzzare il materiale legnoso di varia forma e pezzatura in scaglie di forma grossolanamente parallelepipeda, di lunghezza variabile tra 20 e 50 mm, larghezza massima di 20 mm e spessore di qualche millimetro. Il diametro del materiale di partenza può variare da pochi centimetri fino a quasi un metro, per le cippatrici di grande capacità di lavoro. La potenza richiesta per il funzionamento varia in relazione alla dimensione del materiale da sminuzzare, ma anche dalla specie legnosa e dal suo tenore idrico. Come logico, la produttività aumenta in funzione della potenza della macchina e delle dimensioni del materiale trattato.

In linea di massima, su un telaio portante, vengono installati alcuni organi e apparati, come di seguito descritto.

Apparato di alimentazione: generalmente di forma tronco piramidale, ha la funzione di convogliare il materiale caricato manualmente (e in questo caso l’avanzamento della biomassa verso gli organi di taglio avviene per gravità) oppure introdotto tramite una gru o con appositi bracci, per essere poi indirizzato verso l’organo di cippatura grazie a uno o più rulli dentati. Nelle cippatrici di dimensioni medio-grandi il sistema di alimentazione è sempre dotato del dispositivo cosiddetto “no-stress”, che permette di modulare in continuo la velocità di alimentazione del materiale in funzione della potenza richiesta  per il suo sminuzzamento, in modo da salvaguardare la fonte di azionamento in caso di sovraccarichi.

Apparato di espulsione: generalmente a forma di collo d’oca o a convogliatore. Nel primo caso, il cippato è espulso per effetto dell’elevata velocità trasmessa dal rotore di trinciatura o da apposite palette,  ed è la soluzione che logicamente genera una maggiore polverosità.

 

Organi di taglio e sminuzzatura (coltelli, rotori, eliche)

Nelle cippatrici a tamburo, la biomassa viene spinta contro un cilindro di acciaio che ruota lungo il suo asse longitudinale ed è dotato di coltelli (fino a 24) posizionati tangenzialmente. Viceversa, nelle cippatrici a disco l’organo di cippatura è appunto un disco dotato di 2-4 coltelli disposti in posizione radiale. Ancora, nelle cippatrici a “disco senza fine” il taglio in chips della biomassa avviene a seguito del contatto con una spirale affilata che ruota su un asse orizzontale. Nel caso delle cippatrici a coltelli, un importante aspetto da considerare riguarda la loro sostituzione. Indicativamente, l’intervallo di riaffilatura del set di coltelli si stima in una determinata quantità di legname, che può variare in modo ampio tra 50 e 300 t. L’esatto intervallo tra due interventi di manutenzione è difficilmente prevedibile a priori, perché dipende dalla consistenza del materiale lavorato e soprattutto dalla presenza di elementi estranei (terra, pietre e altri inerti).

 

Organi di trasmissione del moto (cinghie, catene, frizione)

Le cippatrici possono quindi essere classificate in base alla potenza che richiedono, cui fa riscontro normalmente il diametro massimo del materiale che sono in grado di sminuzzare.

In linea di massima, quelle fino a 50 kW lavorano con legname sino a Ø 200 mm, i modelli di media dimensione necessitano di 50-100 kW e sminuzzano materiale con Ø max 300 mm, mentre le cippatrici grandi, che assorbono più di 100 kW, trattano tronchi fino a ben 900 mm di diametro.

Viceversa, se si considera la sorgente di potenza per l’azionamento, si possono distinguere cippatrici mosse da una sorgente esterna (ad esempio la pdp del trattore) e portate all’attacco a 3 punti o trainate al gancio, oppure modelli autonomi (con motori elettrici o endotermici dedicati) operanti sia a punto fisso che su autocarro.

 

Uno sguardo al mercato

Il panorama dei costruttori italiani di cippatrici comprende aziende che coprono tutte le fasce di mercato, più alcune maggiormente specializzate in settori di nicchia. Pezzolato di Envie (CN) produce sia modelli a disco di dimensioni medio-piccole, con produttività variabile da 3-4 m3/h (Ø max materiale 110 mm) a 20-25 m3/h (Ø max di 250 mm), sia cippatrici a tamburo da 15-300 m3/h, con Ø max sino a 900 mm. Analogamente, la gamma offerta da Gandini di Guidizzolo (MN) si articola a partire da modelli con produttività dell’ordine di pochi m3/h, per uso hobbistico e semi-professionale, sino a macchine da 60-120 m3/h e legname  di cippare con diametro oltre i 500 mm.

Fra le aziende più titolate si colloca anche la Peruzzo di Curtarolo (PD) per cippatrici piccole e medie fino a 40-60 m3/h mentre per i modelli più piccoli meritano di essere citate Caravaggi di Pontoglio (BS), Negri di Campitello di Marcaria (MN), Sicma di Miglianico (CH) e Zanon di Campodarsego (PD).

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