Dossier trattori stretti: una pista sbagliata
Lo studio tecnico affidato dalla Commissione Europea alla società TRL viene contestato dai costruttori italiani sia nel metodo sia nelle considerazioni di merito. Le carrozzerie delle macchine non possono ospitare i dispositivi antinquinamento previsti per i motori "Fase Quattro", e soprattutto tenere il passo di una normativa che richiederebbe cambiamenti progettuali ogni tre anni
La questione dei trattori “stretti” è ancora lontana da una soluzione che sia accettabile per le industrie costruttrici. La possibilità di equipaggiare le trattrici per vigneto e frutteto (T2) con i motori e i dispositivi previsti per la “Fase Quattro” è materia più che mai controversa, dopo gli esiti dello studio tecnico che la Direzione Generale Impresa e Industria della Commissione Europea ha affidato alla società britannica Transport Research Laboratory TRL, e che è stato reso pubblico il 18 dicembre scorso.
Il documento si pronuncia per una sostanziale compatibilità dei futuri trattori Fase Quattro con le esigenze operative nei vigneti e nei frutteti (sia pure riconoscendo un certo livello di “penalizzazione” per le prestazioni dei trattori), creando le premesse perché la Commissione respinga la richiesta dei costruttori di un rinvio dei termini di applicazione della normativa.
A giudizio dei costruttori italiani, rappresentati da Assotrattori all’interno di FederUnacoma – che sul tema ha tenuto, lo scorso 23 febbraio, a Parigi una conferenza stampa nell’ambito del Salone della meccanica agricola SIMA – la relazione prodotta da TRL contiene errori di metodo, e valutazioni non corrette anche nel merito, e rischia di mettere la Commissione su una pista sbagliata.
In primo luogo – sostengono i costruttori – i rilievi tecnici del TRL sono stati effettuati su una tipologia di motore non agricolo, quindi non comparabile con le caratteristiche dei motori per le trattrici, soprattutto per quanto riguarda le soluzioni tecnologiche nei dispositivi antinquinamento.
In secondo luogo, i costruttori non condividono l’aspettativa – espressa nel documento TRL – che l’industria motoristica possa compiere uno sforzo per adeguare i nuovi motori alle esigenze specifiche dei trattori stretti, rendendo possibile l’applicazione della normativa nei tempi previsti. Secondo i costruttori di Assotrattori questa ipotesi sarebbe non realistica, in considerazione del fatto che il mercato dei trattori stretti presenta numeri troppo piccoli perché l’industria motoristica possa realizzare tecnologie “ad hoc” (circa 20 mila unità annue, rispetto ai milioni di unità dell’automotive).
Infine, il documento suggerisce che al maggiore ingombro delle macchine, conseguente all’attuazione della Fase Quattro, si possa ovviare modificando in parte gli attuali assetti colturali, fatto che rappresenterebbe un danno per le imprese agricole; e che contrasta con un indirizzo di politica comunitaria che negli ultimi anni ha invece incentivato il compattamento dei sesti d’impianto per le colture specializzate, spingendo anche l’industria a realizzare macchine sempre più agili e di dimensioni contenute.
«La Federazione, e in modo particolare l’associazione Assotrattori con il presidente Manlio Martilli, tornerà presto nelle sedi europee con le proprie valide ragioni – ha detto il presidente di FederUnacoma Massimo Goldoni – per richiedere una valutazione tecnica più accurata, ma anche per contestare un principio generale, quello in base al quale si obbligano le industrie a seguire il ritmo frenetico delle normative, incompatibile con le logiche economiche e di programmazione industriale». «Stiamo lavorando per modificare le macchine in funzione della Fase Tre B, che deve entrare a regime entro la fine del 2016 – ha spiegato Goldoni – e già dobbiamo preoccuparci delle ulteriori trasformazioni che saranno rese necessarie entro il 2019 per la Fase Quattro, ed entro il 2022 per la Fase Cinque».
«Il rischio grave è che la Commissione valuti con poca attenzione le istanze dei costruttori, perché riferite ad un numero di mezzi relativamente limitato – ha osservato il presidente di FederUnacoma – senza considerare le conseguenze pesantissime, in termini produttivi e occupazionali, che si avrebbero su questo comparto della meccanica, che non ha le economie di scala per ammortizzare i costi delle continue evoluzioni normative, e che perderebbe importanti quote di mercato laddove dovesse rinunciare a quelle caratteristiche di agilità e compattezza richieste dagli agricoltori».
«L’uscita dal mercato delle nuove trattrici specializzate e quindi il mancato ricambio del parco – ha concluso Goldoni – comporterebbe, paradossalmente, una permanenza delle macchine obsolete nelle aziende agricole, con un impatto ambientale negativo e una vanificazione degli scopi stessi per i quali la normativa motori è stata varata».