Costa Rica: energia e fertilizzanti dai residui dell'ananas
La gestione dei residui colturali delle piantagioni di ananas del Costa Rica costituisce attualmente un serio problema, mentre in prospettiva potrebbe essere un'opportunità di sviluppo sostenibile. In tale ottica, nell'ambito del piano di promozione straordinaria del "made in Italy", il Ministero dello Sviluppo Economico ha stimolato la realizzazione di un partenariato industriale tra l'Italia e il Paese centro-americano basato sulla meccanizzazione innovativa in agricoltura. Incoraggianti gli esiti dei test preliminari svolti dal CREA su macchinari reperiti in loco per ottimizzarne le performance in campo
Tra i Paesi dell’America centrale – cronicamente afflitti da gravi problemi di povertà – il Costa Rica si distingue per stabilità politica e prosperità economica. È interessante notare che, ormai da 70 anni, questa nazione ha rinunciato ad un esercito permanente investendo i risparmi della spesa militare in programmi volti a garantire la sicurezza sociale (istruzione, assistenza sanitaria) e quella ambientale. Stiamo parlando di un territorio dove il 25% della superficie (1,3 milioni di ettari) è costituita da parchi naturali o aree protette. Questo, oltre ad attrarre turisti in un contesto di straordinario valore naturalistico (con la più grande densità di specie al mondo), determina anche uno standard di vita doppio rispetto a quello di altre nazioni latino-americane. La politica sostenibile del Costa Rica coinvolge ovviamente anche il settore primario, promuovendo misure affinché le aziende locali operino nel rispetto delle norme ambientali e della salute degli operatori.
In tale strategia un caso esemplare riguarda le piantagioni di ananas (una delle colture più diffuse) per garantire una corretta gestione e valorizzazione delle biomasse residuali da esse prodotte. Si fa presente che nel complesso queste ammontano a circa 11 milioni di tonnellate annue, distribuite su 44.500 ettari di terreno, dove trovano impiego diretto oltre 32.000 lavoratori per una produzione di frutti da esportare pari ad valore di oltre un miliardo di dollari annui (il 2% del PIL).
Nel 2016 la questione è stata discussa tra istituzioni italiane e costaricane, convenendo sul fatto che il l’Italia avrebbe potuto fornire valide soluzioni tecnologiche. Da qui è nato un accordo di collaborazione tra l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (ICE-Agenzia) e il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria (CREA) per sperimentare sistemi di meccanizzazione innovativa volti a valorizzare i residui colturali dell’ananas e a risolvere la problematica della diffusione della mosca cavallina (Stomoxys calcitrans) da questi favorita.
Le opportunità che potranno derivare dalla collaborazione attivata sono notevoli, considerando che questo rientra nell’ambito del più ampio progetto “Parternariato industriale in Costa Rica” – a valere sul Piano di Promozione Straordinaria del Made in Italy – del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE).
Secondo quanto spiegato da Luigi Pari (CREA) in occasione del workshop di progetto realizzato durante la scorsa edizione dell’EIMA Energy, il residuo colturale, cioè l’intera pianta privata del frutto, se non smaltito rapidamente diventa substrato di proliferazione per la mosca cavallina, un dittero entomofago parassita di bovini ed equini. La presenza di allevamenti limitrofi alle aziende produttrici d’ananas sta creando grossi problemi alle produzioni lattiero-casearia e delle carni. Attualmente, per minimizzare le infestazioni, i piñeros (coltivatori d’ananas) trattano i residui con erbicidi dissecanti (Paraquat) bruciando poi il materiale essiccato. Questa pratica agricola ha un forte impatto ambientale e sociale, creando problemi di carattere sanitario incluso l’inquinamento delle falde acquifere. In alternativa all’uso della chimica, è possibile intervenire con un’adeguata meccanizzazione per raccogliere, condizionare e valorizzare tali biomasse. In considerazione dell’elevata quantità (250 Tonnellate/ha) e delle caratteristiche delle biomasse in questione (molto fibrose ed elevata umidità - 90% circa) la digestione anaerobica per la produzione di biogas e il successivo impiego del digestato come fertilizzante appare una valida opportunità. Per queste ragioni, il lavoro svolto finora dal CREA ha mirato a verificare le caratteristiche delle piantagioni, dei residui d’ananas, e ad effettuare dei test preliminari con macchinari reperiti in loco per verificare le performance in campo e ottimizzarne l’efficacia con opportune implementazioni tecnologiche.
Test agronomici
Le attività sono state svolte nel biennio 2017 e 2018 in aree agricole ubicate a Nord e Nord Est del paese, dove si concentrano le piantagioni di ananas. In una prima fase sono stati effettuati dei rilievi agronomici in cinque differenti aziende, geograficamente distanti tra loro, per definire un quadro delle diverse tecniche di coltivazione e condizioni edafiche. L’analisi ha mostrato uno schema di coltivazione che, seppur standardizzato, presenta delle differenze sostanziali per le densità d’impianto e le dimensioni delle baulature dove le piante vengono poste su file binate. In tutti i casi i campi sono attraversati da profondi canali per il rapido drenaggio delle acque piovane, visto che la coltura tollera male il ristagno idrico.
Inoltre, sono stati rilevati i valori produttivi della coltura per valutare la quantità di biomassa residuale da smaltire e la forza necessaria al distacco della pianta dal terreno.
Test meccanici
In considerazione del contesto studiato sono state individuate in loco due diverse soluzioni meccaniche con cui effettuare i test preliminari di rimozione completa del materiale dal campo per una successiva valorizzazione energetica o per creare biofertilizzante da restituire al suolo.
Le sperimentazioni hanno riguardato una macchina utilizzata per la raccolta della canna da zucchero (John Deere 3520) ed una trincia forestale auto caricante di produzione italiana (Seppi Midforst Drago) abbinata ad un trattore SAME Laser 150. Per entrambe le macchine i parametri analizzati sono stati: la velocità operativa, la capacità di lavoro; le rese di raccolta del residuo e le perdite; le dimensioni del prodotto raccolto e tagliato.
In estrema sintesi, la macchina per la raccolta della canna da zucchero ha lavorato ad una velocità nettamente maggiore dell’altra, anche se la capacità effettiva delle due macchine è risultata simile in quanto la Seppi aveva una larghezza di lavoro di 2 m, mentre quella della John Deere era di circa 1 m.
Le perdite di raccolta della John Deere sono risultate molto elevate (circa il 50%) a fronte di buone performance per il sistema di trasporto e cippatura che garantisce ottimi livelli qualitativi della biomassa per la valorizzazione auspicata. La costruzione di un pick up idoneo e la modifica al sistema di taglio migliorerebbero notevolmente l’efficienza della macchina.
La Seppi ha raccolto quasi tutto il prodotto, mostrando perdite molto ridotte (circa il 5%), mentre la qualità del prodotto ottenuto è risultata scarsa per la contaminazione di suolo, rendendo la biomassa praticamente inutilizzabile, sia a fini energetici sia per l’alimentazione animale.
In conclusione, le macchine disponibili localmente non possono ritenersi del tutto adatte alle operazioni di rimozione dai campi dei residui di ananas per contenere i costi e garantire gli standard qualitativi necessari per un loro impiego energetico o come fertilizzante. I test effettuati dal CREA hanno evidenziato una serie di modifiche da apportare a tali modelli per ottimizzarne l’efficienza. Inoltre l’esperienza maturata in campo ha permesso di comprendere a fondo le problematiche e gli accorgimenti tecnologici da sviluppare per la realizzazione di appositi prototipi innovativi per una gestione efficace dei residui. A tale proposito il CREA sta collaborando con diverse aziende della meccanizzazione italiana, molto interessate a testare e mettere in produzione per prime le tecnologie richieste in Costa Rica.