Bioenergia: un piano di settore al vaglio del Ministero
Il Ministero delle politiche agricole ha affidato ad un gruppo di esperti tra cui Itabia il compito di redigere un documento di base per lo sviluppo delle energie da materie prime agricole. Realizzato d'intesa con le organizzazioni professionali agricole, il Piano mira a favorire una corretta valorizzazione della risorsa biomassa, supportare la ricerca, armonizzare il sistema normativo, a vantaggio del settore primario
In un quadro di costante crescita della bioenergia, emerge sempre più forte la necessità di accompagnare il processo in atto, onde evitare il rischio di possibili distorsioni che potrebbero influire negativamente su un comparto vitale e dalle grandi potenzialità anche nella prospettiva della salvaguardia del territorio e della "decarbonizzazione" dell'economia.
A tal fine, il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MiPAAF) ha affidato a Itabia il compito di coordinare il gruppo di lavoro (costituito anche da CRA-ING e l'Associazione Chimica Verde) per l'elaborazione di un "Piano di settore per le bioenergie". A partire dalla versione preliminare del documento tale Piano, il Sottosegretario Giuseppe Castiglione – con delega sui temi inerenti la bioenergia – ha chiesto a Itabia di sentire i pareri delle organizzazioni professionali del mondo agricolo (Cia, Coldiretti, Confagricoltura e Copragri) per analizzarne congiuntamente i contenuti e proporre al Ministero alcune azioni prioritarie da attivare nel breve termine. All'incontro, che si è svolto il 22 novembre 2013 a Roma presso la sede della Confagricoltura, tutti i presenti hanno approvato il testo, apprezzandone l'articolazione e la completezza. Inoltre, in considerazione delle linee d'azione indicate, sono stati individuati una decina di temi specifici su cui si è ritenuto di dover stimolare il MiPAAF per una decisa e tempestiva presa di posizione rispetto alla centralità del settore primario in tema di rinnovabili, efficienza energetica e chimica verde. Itabia si è dunque impegnata a raccogliere e riordinare i punti di vista di tutte le organizzazioni di categoria, la cui sintesi è stata trasmessa al MiPAAF il 20 dicembre 2013, confidando nella volontà del Sottosegretario di considerarli come strumento di riferimento per interventi precisi da realizzare nel breve termine in relazione a questioni contingenti inerenti le tre categorie di tematiche che seguono.
La prima consiste nel "Favorire una corretta valorizzazione della risorsa biomassa". Questo può avvenire, non solo attraverso il ricorso a colture dedicate di integrazione, ma anche agevolando quanto più possibile l'impiego di residui e sottoprodotti di origine agroforestale e agroindustriale ampiamente disponibili sul territorio nazionale. Purtroppo ancora oggi sussistono notevoli difficoltà interpretative della normativa vigente che non consente di tracciare, una volta per tutte, una netta linea di demarcazione tra sottoprodotti e rifiuti. A tal fine occorre giungere rapidamente all'emanazione di norme chiare e armoniche nelle diverse regioni. Da mesi è in analisi, presso il Ministero dell'Ambiente, un decreto sulla valorizzazione energetica dei sottoprodotti che
favorirebbe tante imprese agricole oggi impossibilitate a realizzare investimenti in questa direzione. Inoltre, un importante segnale di interesse verso l'impiego delle biomasse su scala industriale con attenzione alle questioni ambientali è stato dato dalla recente emanazione del decreto per lo sviluppo delle bioraffinerie, varato recentemente dai Ministeri dello Sviluppo Economico e dell'Ambiente. Tale decreto, pur affrontando per la prima volta i criteri di sostegno al settore, si concentra in modo particolare sulla produzione di biocarburanti di nuova generazione, trascurando però alcuni bioprodotti di importanza rilevante come le bioplastiche, i biolubrificanti, i coloranti naturali, le fibre vegetali, i detergenti biologici, i biocosmetici, i fitofarmaci, ecc. Il concetto di bioraffineria merita un approccio più ampio e sarebbe opportuno introdurre specifiche linee di intervento a sostegno degli investimenti – realizzati nell'ambito di progetti di filiera – fondati sulla sinergia tra le imprese del comparto agricolo e quello industriale, anche attraverso la ricerca scientifica e l'innovazione tecnologica. Questo tipo di indirizzo può contribuire consolidare il mercato alimentare, rendendolo più sostenibile da un punto di vista ambientale e più competitivo per i minori costi di produzione e l'ulteriore fonte di reddito. Tutto ciò a beneficio delle aziende agricole che troverebbero una maggiore capacità di resilienza in relazione alla volatilità dei prezzi e degli andamenti del commercio. La seconda area d'intervento è quella finalizzata a "Supportare con risorse economiche gli agricoltori per gli investimenti necessari nel settore delle Bioenergie, Chimica Verde ed Efficienza Energetica". In tale sfera, sarebbe utile la creazione di un fondo di garanzia - supportato dalla Cassa Depositi e Prestiti – vista l'attuale difficoltà di accesso al credito da parte delle imprese agricole interessate a realizzare investimenti. Altri aiuti potrebbero venire dal nuovo Programma di Sviluppo Rurale finanziando in particolare azioni volte a sviluppare filiere produttive in ambito forestale e in aree marginali. Questo anche in considerazione del fatto che, entro il prossimo agosto, gli Stati Membri dovranno definire le pratiche equivalenti per rispettare la "clausola verde" della PAC che scatta nel 2015. A fianco delle tre pratiche agricole principali che caratterizzano il greening (diversificazione delle colture, mantenimento di prati e pascoli e creazione di aree ecologiche) il Regolamento prevede la possibilità per ciascun Paese di individuare delle pratiche ad esso equivalenti in termini di benefici ambientali, queste potrebbero inquadrare particolari forme di energy croops. Merita inoltre una seria riflessione la questione del sistema di incentivi per la bioenergia in vista dell'approssimarsi della loro scadenza nel 2015. Al momento le maggiore criticità che devono essere superate riguardano – in estrema sintesi e in particolar modo – il limitato numero di impianti che possono accedere agli incentivi (fino ad un massimo 160 MW/anno) e la breve durata del periodo dei meccanismi di riferimento (attualmente triennale). Un orizzonte così limitato, sia nel contingente, sia nel tempo (dopo il 2015 c'è completa incertezza), comporta l'impossibilità di pianificare un futuro per gli investimenti degli agricoltori nella produzione di energia elettrica da biomasse. Sarebbe dunque necessario fissare, in accordo con il MiSE, una maggiore capienza del contingente di potenza installabile annualmente (per esempio fino a 500 MW) e per un arco temporale di più ampio respiro (minimo quinquennale). L'ultimo aspetto chiave da considerare è quello relativo alla "Armonizzazione del sistema normativo". La difformità di normativa in materia di autorizzazione all'esercizio di impianti nel settore agroenergetico tra le diverse regioni determina, infatti, un'oggettiva disparità di trattamento e un disorientamento tra gli operatori agricoli. In talune regioni prevale un approccio rigido che costituisce una barriera per l'evoluzione e la crescita sostenibile del settore stesso. il MiPAAF si potrebbe impegnare nei confronti della Conferenza Unificata delle Regioni affinché si adottino criteri comuni nelle norme di riferimento per le procedure autorizzative.