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Precise ed efficaci, le nuove tecnologie per il trapianto

Grazie ad ingegnose soluzioni costruttive, le moderne trapiantatrici da ortaggi sono in grado di mettere efficacemente a dimora piantine con e senza zolla, ma anche bulbi, talee e semi. L'automazione sempre più spinta riduce progressivamente il fabbisogno di manodopera

di Benedetto Banfi
Aprile 2016 | Back

 

Per massimizzare la resa delle colture e sfruttare con la miglior efficienza il periodo utile di coltivazione (sia in pieno campo che negli apprestamenti protetti), l’orticoltura moderna si avvale proficuamente della tecnica del trapianto meccanizzato, a partire da piantine a radice nuda o dotate di zolla di terra, oppure più spesso sviluppatesi individualmente in fitocelle, costituite da conglomerati torbosi di varia conformazione (cubica, piramidale, cilindrica, conica) e dimensione. La meccanizzazione del trapianto ha ormai raggiunto livelli pressoché completi di automazione, limitandosi nei casi più evoluti l’intervento umano alla sola alimentazione in cassette degli apparati di gestione della singola piantina. La macchina è in grado di aprire un solco (oppure, in alternativa, una buchetta), di deporre la piantina e di richiudere il tutto, compattando leggermente il suolo intorno al suo apparato radicale, per conferire una buona stabilità meccanica all’insieme e lasciare la piantina nella corretta posizione verticale. Contestualmente alla deposizione nel terreno (che può avvenire anche in file binate), possono essere distribuiti dei fertilizzanti, dei geodisinfestanti, degli antifungini e degli insetticidi, in modo da proteggere al meglio la coltura nelle prime delicate fasi dello sviluppo. Inoltre, unitamente al trapianto può essere somministrata un’opportuna dose di acqua, per favorire un più pronto attecchimento della piantina. La produttività delle trapiantatrici varia sostanzialmente in funzione del numero di file lavorate per ogni passata e del grado di automazione della macchina, che influisce anche sulla velocità di avanzamento; in generale si va da 2.000 fino a 8.000 piantine/ora circa.

 

Portata, trainata e semovente

In funzione della produttività, sono disponibili modelli portati dal trattore (o più raramente trainati), oppure addirittura semoventi. In quest’ultimo caso, pur essendo generalmente più ingombrante e pesante, la trapiantatrice risulta essere più maneggevole (in quanto si presenta come un insieme unico) e consente spesso di impiegare al meglio le unità lavorative, poiché una volta in campo il conducente della semovente può anche dedicarsi all’alimentazione delle cassette, piuttosto che essere esclusivamente dedicato alla guida, come nel caso dei modelli portati all’attacco a 3 punti o trainati dal trattore. Infatti, specie sui modelli semoventi sono montati dei dispositivi dedicati al mantenimento della direzione ideale di avanzamento, che a partire da un sensore a contatto con il fondo del solchetto creato da una coppia di ruote nella passata precedente e adiacente, pilota convenientemente in automatico lo sterzo, in modo da mantenere la corretta distanza trasversale di trapianto, anche in caso di deposizione delle piantine a fila binata.

Sui modelli semoventi, la trazione è spesso idraulica, a tutto vantaggio della gradualità e della progressione della traslazione, nonché della possibilità di regolazione fine della più opportuna velocità di avanzamento. In ogni caso, il propulsore principale risulta essere in massima parte di tipo endotermico, di potenza relativamente limitata (max 35-40 Cv), necessaria di fatto solo per l’avanzamento del mezzo ed eventualmente per qualche utenza accessoria. Infatti, e ciò vale anche per i modelli portati e trainati, il movimento degli organi di distribuzione e deposizione è derivato da una delle ruote di appoggio della macchina, oppure da una ruota specificamente dedicata a questo scopo. In tal modo si realizza un efficace dispositivo che opera in modo proporzionale all’avanzamento, sì da mantenere costante la distanza di deposizione delle piantine sulla fila, a prescindere dalle (inevitabili) variazioni di velocità. A tale proposito, la ruota in questione è costituita da un cerchione in acciaio dotato di pneumatico provvisto di costole, per un miglior grip con il soffice letto di semina.

I singoli elementi di trapianto sono solitamene fissati sul telaio principale tramite quadrilateri articolati, per conferire loro un’opportuna libertà di movimento nel piano verticale, necessaria per assorbire al meglio gli inevitabili piccoli dislivelli della superficie del terreno.

 

Modalità di stoccaggio a bordo

del materiale da trapiantare

Contrariamente a ciò che si può supporre, l’alimentazione degli apparati di trapianto assume un’importanza notevole, dato che rischia di essere un fattore limitante la capacità lavorativa della macchina, specie sulle versioni a più elevato livello di automazione. In generale, lo stoccaggio deve garantire un’agevole e veloce presa della singola piantina da parte di ogni addetto presente a bordo, nonché un rapido ricambio del contenitore vuoto con uno pieno di materiale da trapiantare. In generale, sono disponibili supporti a leggìo, a piani sovrapposti e a cilindro rotante. La soluzione dei primi due casi risulta essere maggiormente indicata per l’alimentazione dei modelli semiautomatici, poiché in tal caso è possibile prelevare con rapidità e precisione file intere di piantine con pane di terra (in questo caso rigorosamente di forma prismatica) e collocarle tramite un attrezzo dedicato sul nastro di alimentazione all’apparato di separazione della fitocella e poi del suo interramento.

 

Dispositivi di convogliamento

In relazione alla configurazione del materiale vegetale da trapiantare, i meccanismi per il prelievo e il trasporto delle piantine nel terreno variano in modo significativo. Per materiale vegetale a radice nuda (ma anche con pane di terra e per talee legnose), una della soluzioni più comuni è rappresentata da un nastro che ruota nel piano verticale dotato di pinze, che sono aperte quando si trovano nella posizione apicale, per permettere il collocamento manuale della singola piantina. Durante la rotazione, le pinze si stringono delicatamente intorno ad essa, per trattenerla in posizione ed effettuare una corretta messa a dimora nel solchetto creato nel frattempo.

Un’interessante variante di questo sistema è stata realizzata dalla Hortech di Agna (PD) sul modello Over, che può lavorare sia su terreno nudo che preventivamente pacciamato (in polietilene, carta o mater- bi), mettendo a dimora piante con zolla di forma piramidale e cubica, ma anche bulbi e semi. In pratica, non viene creato un vero e proprio solco, ma la macchina è dotata di un nastro che ruota nel piano verticale sul quale è montata una serie di tazze a becchi, entro le quali viene posizionato il materiale. I becchi chiusi trattengono la piantina, penetrano nel terreno (forando al contempo il telo pacciamante, se presente) e si aprono creando una buchetta dove viene deposto il materiale vegetale.

In alternativa a questa soluzione, altri modelli sono dotati di un cilindro (a volte di forma allungata), rotante nel piano orizzontale con specifici alloggiamenti per depositare le piantine.

Un successivo convogliatore verticale provvede ad intercettarle e a posizionarle nel solchetto che è stato nel frattempo creato. In alternativa, la Ferrari Costruzione Meccaniche di Guidizzolo (MN) propone la Rotostrapp, una trapiantatrice (disponibile sia in versione trainata che semovente) realizzata in unità modulari per la messa a dimora anche a quinconce di piantine in zolla cubica compressa, con una resa oraria molto elevata, sino a 8.000 piante/h, dove sono montati elementi a nastro in grado di convogliare il materiale direttamente a terra.

Nella tipica operazione di trapianto meccanizzato, l’impegno di manodopera è sempre significativo, soprattutto per assicurare una continua e regolare alimentazione di piantine agli apparati distributori della macchina. Sempre Ferrari Costruzione Meccaniche offre un’interessante soluzione per poter eseguire la lavorazione con l’intervento di un solo operatore. Si tratta del modello Futura Twin, sulla quale l’unico intervento manuale riguarda il posizionamento dei pannelli all'interno delle guide di caricamento del singolo elemento. Successivamente, gli alveoli vengono estratti mediante degli espulsori cilindrici, di diametro congruo ai fori presenti sulla parte inferiore del pannello; le piantine vengono poi afferrate da pinze mobili, che le collocano nel distributore. La resa oraria è parimenti molto elevata (fino a 8.000 piante/h), e in questo caso è montato anche un cernitore di fallanze, completo di memorizzazione, discriminazione e rimpiazzo, con recupero meccanico del bicchiere vuoto.

Dispositivi di interramento, chiusura solco e compattamento terra

Se è necessario creare un solchetto, vengono adottati allo scopo piccoli vomerini aprisolco (talvolta dotati di dispositivi di pulizia automatica dalla terra che eventualmente aderisca ad essi), mentre altre soluzioni prevedono la creazione diretta di una piccola buca dove sono collocate le piantine.

Occorre poi richiudere il solco, e comunque avvicinare e compattare la terra smossa intorno alla piantina, in modo da conferirle la necessaria stabilità, ma soprattutto per assicurare il miglior attecchimento, grazie ad un pronto e ottimale sviluppo dell’apparato radicale. Si adottano a tale proposito dei falcioni, o più spesso una coppia di ruote folli costipatrici convergenti, eventualmente ricoperte di gomma sul bordo esterno, e dotate di raschiatori, particolarmente utili per una lavorazione regolare su terreni piuttosto adesivi.

BOX: La pacciamatura nel trapianto

La definizione di “pacciamatura” deriva da “pacciame”, lo strato di materiale vegetale (foglie, rametti, ecc.) che si accumula naturalmente sotto gli alberi e si degrada progressivamente nel tempo.  La pacciamatura può essere realizzata sia con elementi organici (foglie, residui di potatura, sfalci da prato, segatura, trucioli legnosi e cortecce, compost, paglie di cereali, ecc.), che con elementi inorganici (ciottoli, ghiaia, lapilli, ecc.), che appositamente prodotti, rappresentati sostanzialmente da fogli di materiale plastico. In quest’ultimo caso, numerosi sono i vantaggi: eliminazione pressoché totale delle specie infestanti, con una netta riduzione degli interventi di diserbo chimico, o di diserbo meccanico selettivo; ridotte esigenze di irrigazione della coltura, poiché la pacciamatura impedisce efficacemente l’evaporazione dell’acqua dal suolo, trattenendo quella che invece risale capillarmente dagli strati  profondi, e mettendola integralmente a disposizione della coltura in atto, senza competizione delle malerbe; maggiore precocità di raccolta e produzioni più abbondanti, poiché il suolo si riscalda più velocemente, trattenendo al contempo il calore accumulato; miglior sfruttamento degli elementi nutritivi, grazie alla più intensa attività dei microrganismi del terreno dovuta alla temperatura mediamente più elevata; basso dilavamento, sia superficiale che in profondità, dei fertilizzanti (specie i nitrati), grazie al ridotto rischio di erosione dovuto alle precipitazioni meteorologiche e alle irrigazioni. Ciò comporta anche un diminuito compattamento superficiale; produzione di frutti e ortaggi esenti da inquinamento di terra, perché non vengono fisicamente a contatto con il suolo.

Per converso, gli unici due veri problemi da valutare sono il costo del telo pacciamante e soprattutto il suo smaltimento, nel caso di adozione di materiali plastici tradizionali (in polietilene, PE), specie se imbrattati di prodotti fitosanitari e/o di terra. Da qualche tempo sono comparsi sul mercato nuovi teli biodegradabili in Mater-Bi, un materiale a base di amido di mais, che si decompone completamente in 3-14 mesi, sostanzialmente in relazione alla temperatura, all’umidità e all’attività microbica del terreno, nonché ovviamente allo spessore del film. Il telo è generalmente colorato in nero, verde, marrone o bianco, con composti studiati appositamente per non influire in alcun modo sulla degradazione del prodotto. è caratterizzato dalla medesima resistenza, elasticità ed efficacia dei film in PE.

Le caratteristiche fisiche ne consentono la posa con le usuali macchine per il trapianto, con l’unica avvertenza di diminuire la tensione in fase di stesura. Anche per la foratura necessaria alla deposizione nel terreno delle piantine non sono richie­ste attenzioni particolari. I costi del film biodegradabile sono sostanzialmente equiparabili a quelli del telo tradizionale, tenendo anche conto che sono azzerati gli oneri per il suo smaltimento.

BOX: Anche con cingoli in gomma

La Checchi & Magli di Budrio (BO) commercializza la Rio 31, una trapiantatrice semovente configurabile da 1 a 8 file azionata da un motore diesel Yanmar da 31 Cv; in virtù della sua ampia versati­lità può essere considerata come un’utility polivalente a trazione idrostatica.

Una delle particolarità di questo modello è che anziché con ruote pneumatiche è equipaggiato con cingoli in gomma da 250 mm di larghezza; ciò comporta diversi vantaggi, tra cui un minor compattamento del soffice letto di semina, grazie alla più ampia area d’appoggio dei cingoli rispetto agli pneumatici.

Inoltre, unitamente alla notevole stabilità conferita dal baricentro molto basso, il miglior grip dei cingoli permette un efficace traslazione della trapiantatrice anche su terreni fino al 60% di pendenza, sia longitudinale che trasversale, senza slittamenti né sbandamenti laterali. 

 

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