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Tecnica

Pompe idrauliche, il cuore meccanico dei sistemi di irrigazione

Dal trattamento dei reflui zootecnici alla lavorazione delle biomasse, sino agli interventi fitosanitari e all’irrigazione, le pompe idrauliche sono fondamentali per un gran numero di operazioni agricole. Le diverse tipologie di modelli e gli impieghi ai quali sono destinate

di Ottavio Repetti
marzo - aprile 2024 | Back

La campagna di irrigazione 2024 è ormai alle porte e quest’anno, perlomeno al Centro-nord, dovrebbe partire con un calendario piuttosto tradizionale, dopo anni in cui la prolungata siccità ha costretto gli agricoltori ad aprire i bocchettoni già a fine marzo, per rendere possibili le semine primaverili. Le forme di irrigazione sono molteplici e variano talvolta da territorio a territorio. Tuttavia, dallo scorrimento alla sub-irrigazione, dall’aspersione alla fertirrigazione di precisione, hanno un elemento in comune: la pompa idraulica. Un dispositivo che ricorre con una certa frequenza in agricoltura. Lo troviamo infatti in enologia e nella zootecnia da latte, negli impianti di biogas e in suinicoltura, e poi nelle varie attività di campo: distribuzione reflui, trattamenti fitosanitari e, appunto, irrigazione. Ovunque, insomma, si debbano movimentare materiali più o meno fluidi. Proprio la fluidità uno dei discrimini nella scelta tra le varie pompe disponibili sul mercato.

 

Questione di centrifuga

In queste pagine prendiamo in esame le macchine per irrigazione, con particolare attenzione a un componente essenziale come la pompa idraulica. Dovendo muovere acqua, la cui viscosità molto bassa, è possibile ricorrere a pompe dal disegno piuttosto semplice, come le centrifughe, riservando soluzioni più complesse (e costose) ad altri settori. È il caso delle monovite, assai utilizzate negli impianti di digestione anaerobica, o delle volumetriche a lobi, che stanno lentamente prendendo piede nel ciclo dei reflui e del digestato. L’irrigazione, invece, è al momento pane per le pompe centrifughe: attrezzi efficienti nel funzionamento e generalmente poco costosi e ingombranti, dal momento che hanno una struttura elementare. Una pompa centrifuga è infatti composta da un corpo, un albero e un’elica che movimenta il fluido prendendolo dal tubo di aspirazione e inviandolo a quello di mandata. Questo, nella loro forma più semplice. Le pompe centrifughe, tuttavia, possono essere di vario tipo, a seconda del tipo progettazione, del numero e della forma dei giranti e della loro posizione rispetto al flusso.

 

Struttura

Dal punto di vista progettuale, una pompa centrifuga può essere orizzontale o verticale. Per l’irrigazione si usano quasi esclusivamente le prime, dal momento che il flusso di acqua deve essere pompato in senso orizzontale. Tuttavia, per il pescaggio da pozzi o vasche molto profonde possono tornare utili le pompe verticali, pensate per trasferire liquidi dal basso verso l’alto.

 

Girante

Le caratteristiche della (o delle) giranti dipendono dal materiale movimentato e dall’efficienza ricercata. La girante aperta – né più né meno che un’elica – è meno efficiente di altre soluzioni, ma non si intasa e pertanto è indicata per fluidi abrasivi, molto densi oppure contenenti detriti. La girante semi-aperta, più efficiente della precedente, è adatta per fluidi semi-abrasivi e non eccessivamente densi. La girante chiusa, formata da due dischi e un cilindro, all’interno del quale si trovano le pale dell’elica, è specifica per acqua e gas. Tuttavia, per l’irrigazione, vista la facilità con cui l’acqua può contenere sabbia, piccoli sassi o fango, si impiegano solitamente giranti aperte o semi-aperte. Il cui numero varia essenzialmente in funzione della pressione e della portata richieste: si va da pompe mono-girante a quelle a tre giranti, per portate maggiori. Più giranti messe in serie, in orizzontale o verticale, formano le pompe centrifughe multistadio, in cui ogni stadio amplifica l’azione dei precedenti, fino a raggiungere pressioni molto elevate, sufficienti per spingere fluidi a grandi altezze e su lunghe distanze.

 

Orientamento

Le giranti possono essere poste su un albero perpendicolare o parallelo rispetto al flusso del liquido. Nel primo caso si hanno pompe centrifughe radiali, nel secondo assiali. Queste ultime offrono una portata maggiore rispetto alle pompe radiali e sono più comunemente usate in irrigazione, così come le pompe semi-assiali, che spingono il fluido in una direzione intermedia tra la radiale e l’assiale.

 

Pressione, portata e tipo di impianto

Dire irrigazione non è sufficiente: i metodi per attuarla sono tanti e così variabili da condizionare significativamente le caratteristiche della pompa necessaria per ottenere il miglior rapporto tra efficienza, prestazioni e ottimizzazione dei costi. Le specifiche fondamentali cui guardare sono, riassumendo, tre: pressione, portata e prevalenza. La pressione, in sintesi, indica la forza con cui l’acqua è spinta fuori dalla pompa e condiziona la distanza a cui si può far giungere il liquido e la capacità di irrigare a pioggia su ampie superfici. Si misura in Bar. Con prevalenza si indica l’altezza a cui si può spingere, in verticale, il fluido pompato. Si misura convenzionalmente in metri ed è direttamente proporzionale alla pressione: più alta è la pressione, più in alto si arriva con la prevalenza. Al contrario, la portata è inversamente proporzionale alla prevalenza e rappresenta la quantità di acqua che si può muovere attraverso una pompa. Per questo motivo è misurata in litri al secondo (o al minuto) o in metri cubi/ora. Un elemento da tenere in considerazione, nella scelta della pompa, è la dimensione delle tubature: con condotte più grandi aumenta la portata della pompa ma si riduce la pressione dell’acqua, per la legge di Poiseuille. Per questo motivo, le prestazioni della pompa impiegata dovranno essere accuratamente tarate sulle caratteristiche dell’impianto di irrigazione che si vuol alimentare. 

Metodi d’irrigazione e specifiche richieste

Un rapido elenco aiuta a capire quanto possono variare le condizioni di lavoro delle pompe irrigue. I sistemi di irrigazione più frequenti sono quelli per aspersione (irrigatori a pioggia o rotoloni) o a goccia (manichetta o microirrigazione), sia superficiali sia interrati, ma si usano pompe anche con pivot e ranger, nell’irrigazione delle serre, nel pescaggio delle acque da fossi o laghetti, talvolta nell’irrigazione per scorrimento. Un’altra variabile è il sistema di alimentazione, che va dal motore diesel (gruppi-pompa o motopompe), al trattore tramite presa di potenza o anche al motore elettrico. In generale, le maggiori richieste in termini di pressione e prevalenza si hanno con gli impianti a pioggia, mentre l’irrigazione a goccia necessita di ampia portata ma con pressioni modeste. Nel primo caso si possono raggiungere i 10 bar, con lunghezze di trasporto che possono raggiungere i 700 metri, mentre per sistemi a manichetta sono sufficienti dai 3 ai 5 bar di pressione, ma con portate superiori ai 4 mila litri al minuto. Lo stesso vale per le pompe di travaso, ovvero quelle utilizzate per pescare acqua da bacini e trasferirla in vasche o in cisterne per il trasporto. «Per una buona taratura della pompa è fondamentale tenere in considerazione i parametri operativi dell’impianto: tipo di irrigazione, lunghezza da coprire, diametro delle tubature», spiega Emanuele Mattiolo, padovano, titolare di una ditta artigiana che realizza gruppi pompa in conto terzi.

 

Strategie di sostenibilità

«Allo stesso modo – prosegue il giovane meccanico – è importante tarare il motore in rapporto alla dimensione della pompa e alle prestazioni richieste a quest’ultima». Si cerca in altre parole un equilibrio tra le caratteristiche dell’impianto alimentato e gli strumenti per alimentarlo: pompa idraulica da una parte, motore che la aziona dall’altra. Da ciò dipendono sia l’efficienza, sia i costi e non ultimo la sostenibilità ambientale del ciclo di irrigazione. «Nel caso del motore, dimensione, numero di cilindri e potenza erogata condizionano non soltanto le prestazioni della pompa, ma anche i consumi. Utilizzare un propulsore troppo piccolo comporta maggior uso di gasolio e usure anticipate, in quanto il motore lavora sempre al massimo regime e si surriscalda. In generale, un motore statico per irrigazione dovrebbe girare a un regime compreso tra 1.400 e 1.500 giri al minuto. In quel caso, e se tutto è tarato nel modo giusto, i consumi scendono fino a 8 litri l’ora. Da questo valore fino a, diciamo, 10 l/h si resta in un buon range di efficienza. Sopra i 10 litri l’ora, probabilmente c’è qualcosa di sbagliato». Va poi notato che minori consumi comportano ovviamente minori emissioni e dunque minor inquinamento atmosferico. A proposito di emissioni, si deve rilevare che la normativa è controversa: i gruppi-pompa carrellati, al pari degli irrigatori per aspersione dotati di un motore proprio, devono sottostare ai requisiti di Stage V e dunque sono praticamente obbligati ad adottare motori con sistema di abbattimento degli scarichi Scr (Riduzione selettiva catalitica tramite additivo all’urea), mentre i motori stazionari, quindi privi di ruote e timone, sono fermi ai parametri di Stage III. Tuttavia, anche in questo ambito si comincia a parlare di decarbonizzazione. La strada più promettente è quella dell’elettrificazione, una soluzione praticabile quando si ha a che fare con punti di pompaggio fissi, ovvero tipicamente quelli che pescano da pozzi o invasi di vario genere. Fondi a questo scopo sono previsti dal Pnrr. Molto più difficile, per non dire impossibile, elettrificare i sistemi di irrigazione mobili, per i quali si ragiona invece su motori puliti, come quelli all’idrogeno. Ovviamente, ancora di là da venire. Un aspetto che si potrebbe considerare marginale, ma che ha comunque un suo rilievo, anche per la serenità dell’agricoltore e di chi abita in aree rurali, è l’inquinamento sonoro prodotto dai gruppi-pompa alimentati da motori termici. Sono infatti sistemi che funzionano 24 ore su 24, in un periodo – quello estivo – in cui si vive all’aria aperta o comunque con le finestre aperte, in particolare durante le ore notturne. Ridurre le emissioni sonore dei motori diventa quindi prioritario, sia per non arrecare disturbo agli abitanti delle aree trattate, sia per evitare le prevedibili proteste da parte di questi ultimi. Si è così iniziato a schermare i motori diesel con cofani insonorizzati, composti da pannelli fono-assorbenti di diverso spessore (e costo). I risultati sono buoni: una buona schermatura riduce la rumorosità a livelli compresi tra i 70 e gli 80 decibel (più o meno lo stesso rumore che si avverte stando alla guida di un trattore di ultima generazione). In materia di rumore (e consumi) esistono sul mercato anche soluzioni coperte da brevetto, che prevedono uno scambiatore di calore a monte della pompa, sul tubo di aspirazione dell’acqua. Serva a raffreddare il liquido di refrigerazione del motore, eliminando radiatore e ventola, che producono rumore e assorbono fino all’otto per cento della potenza.

 

Tecnologie 4.0

Sistemi di raffreddamento e isolamento, doppio serbatoio per gasolio e urea… le motopompe di ultima generazione sono decisamente diverse da quelle, obsolete e chiassose, dei decenni scorsi. Questo perché la tecnologia, inclusa quella digitale, ha ormai colonizzato anche questa nicchia della meccanizzazione agricola, migliorandone efficienza, impatto ambientale e comfort di impiego. Per esempio, sono disponibili argani elettrici oppure movimenti idraulici per il pescante, ovvero la proboscide che si inserisce nel canale d’irrigazione o nell’invaso, e in qualche caso anche per i piedi di stazionamento. È però nella gestione della pompa che si sono fatti i maggiori passi avanti. Il controllo è delegato a una centralina elettronica, che può avere diversi livelli di sofisticatezza e automazione: si va dal semplice allarme via sms in caso di malfunzionamento a sistemi che tengono memoria delle irrigazioni effettuate e possono essere programmati anche a distanza, per avviare o interrompere l’erogazione o modificare la portata oraria. Del resto, anche nel mondo dell’irrigazione l’Agricoltura 4.0 ha fatto stabilmente il suo ingresso e soluzioni come il dosaggio variabile sono sempre più frequenti.


Manutenzioni al minimo

Una macchina che deve funzionare 24 ore al giorno – in una stagione in cui il tempo scarseggia e un fermo-macchina non è ipotizzabile a meno di non compromettere il delicato calendario delle irrigazioni – deve forzatamente richiedere una manutenzione molto ridotta. Le pompe centrifughe, ampiamente maggioritarie in questo campo, hanno per l’appunto il pregio della semplicità. A inizio stagione devono essere preparate con un’adeguata pulizia, controllo delle guarnizioni e cambio dell’olio negli ingranaggi. Fatto questo, è sufficiente intervenire con la sostituzione del premistoppa o della tenuta meccanica se si notano trafilamenti dal corpo pompa o perdite di pressione e con la pulizia periodica del girante nel caso si lavori con acqua inquinata da sabbia o alghe. Questo, soprattutto se si monta una girante semi-chiusa, mentre la girante aperta non dovrebbe sporcarsi ma potrebbe andare incontro a usure anticipate, dovute all’abrasività della sabbia, e deve essere sostituita qualora si rilevi una perdita di portata.


Italian job

La meccanica agricola è ormai completamente globalizzata, ma, ciò nonostante, l’irrigazione resta una faccenda prettamente italiana, perlomeno nei sistemi di alimentazione. È infatti prodotta lungo lo “stivale” la larghissima parte delle pompe centrifughe utilizzate in irrigazione, mentre in altri ambiti, vedi gestione dei reflui e depurazione, si è assistito a una penetrazione di marchi stranieri, principalmente tedeschi. Nel mondo delle centrifughe, invece, vuoi per la semplicità costruttiva vuoi per la necessità di adattarsi a requisiti che sono spesso più regionali che nazionali, i marchi italiani sono predominanti

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