Pavia, un distretto "a trazione agricola"
Negli ultimi anni la sofferenza del sistema industriale pavese ha accentuato il processo di terziarizzazione dell'economia provinciale. In crescita il settore agricolo, che ha nella risicoltura e nel comparto vitivinicolo i suoi fiori all'occhiello. In questo contesto un ruolo importante hanno le imprese della meccanizzazione agricola, che tuttavia trovano maggiori sbocchi sui mercati esteri
Con una vendemmia di uve Dop che nel 2012 ha rappresentato il 50% del totale della Lombardia, e con più di tremila imprese specializzate nel settore (pari al 42% delle aziende agricole pavesi), il comparto vitivinicolo – concentrato soprattutto sul territorio dell'Oltrepò Pavese, la terza area di produzione di vini certificati in Italia – rappresenta per il distretto di Pavia una delle punte di assoluta eccellenza. Oltre a vantare la superficie vitata più estesa della regione (in termini di Sau: 13 mila ettari a fronte di 23 mila totali) la provincia pavese si è affermata come una delle zone più importanti a livello mondiale per la coltivazione del pinot nero e per la produzione di spumanti di qualità. Secondo stime rese note dal Distretto del Vino di Qualità dell'Oltrepò Pavese la resa sarebbe di ben 12 milioni di bottiglie l'anno. Del resto, i vini della provincia, quelli che oggi vengono identificati con le denominazioni di “Oltrepò Pavese”, Bonarda, Buttafuoco, Casteggio e Sangue di Giuda, erano noti fin dall'epoca classica grazie alle citazioni dello scrittore romano Plinio Il Vecchio (23 – 79 d.c.). Ed erano apprezzati in tempi anche precedenti, dal 40 a.c, quando il geografo e storico greco Strabone così descrisse il territorio dell'Oltrepò Pavese: «vino buono, popolo ospitale e botti di legno molto grandi». Il segmento vitivinicolo tuttavia non è l'unico fiore all'occhiello dell'agricoltura pavese, che occupa posizioni di vertice anche nella risicoltura, sia come varietà coltivate sia come superficie impegnata. Difatti, stando alle stime dell'Ente Nazionale Risi, citate nel “Rapporto sull'Economia Provinciale 2012” della Camera di Commercio di Pavia, nel 2012 le 1.925 aziende produttrici pavesi hanno destinato alla coltivazione poco meno di 100 mila ettari, staccando così le altre due province italiane a maggior vocazione risicola, Vercelli (85 mila ettari) e Novara (34 mila). La posizione di leadership del distretto diventa ancora più evidente se si considera che nel Pavese si concentra addirittura il 40% di tutta la superficie coltivata a riso in Italia. Un primato, questo, che lo scorso febbraio ha avuto un riconoscimento istituzionale con la nascita del “Distretto lombardo della filiera del riso e del risotto” (la Camera di Commercio di Pavia ha il ruolo di capofila) il cui atto fondativo è stato sottoscritto da produttori e rappresentanti delle industrie del riso delle province di Pavia, Milano, Lodi e Mantova. Più in generale, prescindendo dai differenti segmenti di specializzazione agricola – nel distretto prevalgono le coltivazioni di mais (trinciato e da granella), frumento, orzo, soia e foraggi – è il settore primario nel suo complesso a dare prova di grande vitalità. Infatti, l'agricoltura pavese, che nel 2011 ha contribuito alla formazione del valore aggiunto provinciale con una quota del 2,9% (+0,9% sul 2010) – superiore alle medie riscontrate a livello nazionale (2%) e regionale (1,1%) - si posiziona in Lombardia al quarto posto per valore aggiunto (311 milioni euro nel 2009) e per valore della produzione (più di 660 milioni di euro nel 2011); al primo per superficie agricola utilizzata (più di 176 mila ettari nel 2010). Ma ci sono anche altri due dati che testimoniano il rilancio del comparto agricolo pavese. Il primo si riferisce ai trend occupazionali: tra il 2011 ed il 2012 il primario ha staccato tutti gli altri macro-settori mettendo a segno un sostanzioso +8,8%. Il secondo, invece, al censimento degli agriturismi – la rilevazione statistica dà una misura dello sviluppo nella provincia delle attività agricole multifunzionali – che con 214 strutture attive nel 2011 assegna a Pavia la piazza d'onore subito dopo Brescia (290 agriturismi attivi).
L'industria perde terreno: arretrano manifattura e costruzioni
Se il settore agricolo si caratterizza per una certa vivacità, non altrettanto accade nell'industria, dove la chiusura (prevista a dicembre 2014) dello stabilimento pavese della multinazionale farmaceutica Merck Sharp & Dome può essere considerata come la cartina di tornasole delle difficoltà strutturali in cui versa il manifatturiero, colpito nel 2012 da una pesante flessione di produzione (-5%), fatturato e ordini. Del resto pochi anni prima sorte analoga era toccata ad una gloriosa realtà del tessuto produttivo di Pavia: la Necchi SpA, specializzata nella costruzione di macchine per cucire. In questo caso, a rendere più amaro il tramonto di una realtà imprenditoriale nota in tutto il mondo fu “l'onta” del fallimento, seguita da un pesante strascico giudiziario. Superata la bufera, di recente il marchio Necchi è tornato a vivere nella nuova sede di Stradella – comune di 11 mila abitanti a venti chilometri dal capoluogo – grazie alla Alpian Italia SpA che, oltre a rivitalizzare l'attività originaria, ha diversificato la produzione nel segmento dei piccoli elettrodomestici (aspirapolvere, ferri da stiro e così via), degli apparecchi elettromedicali ed in quello degli utensili “wireless” per il giardinaggio (tagliabordi, tagliasiepi, macchine rasaerba). In affanno nel manifatturiero è anche il distretto della calzatura di Vigevano - altra storica presenza del sistema produttivo provinciale – composto da 667 imprese (dato riferito al 2011) attive sia nelle attività calzaturiere vere e proprie, sia nella fabbricazione di macchine e apparecchi meccanici per concerie, calzaturifici, pelletterie. «Il distretto calzaturiero vigevanese – scrive l'Osservatorio Nazionale Distretti Italiani – ha subito negli ultimi decenni un oggettivo processo di ridimensionamento frutto sostanzialmente di due ordini di fattori: uno legato al mercato, ed uno legato alla crescente concorrenzialità di prezzo sulle produzioni qualitativamente inferiori». Non va meglio per l'edilizia, che negli ultimi quattro anni ha lasciato sul campo più di 500 imprese e oltre 2.500 posti di lavoro. Complessivamente, nel solo 2012 il manifatturiero e le costruzioni hanno visto scomparire ben 282 aziende. Al riguardo, il presidente di Confindustria Pavia, Alberto Cazzani, parla esplicitamente di deindustrializzazione del tessuto produttivo locale. Un processo, questo, favorito dalla polverizzazione dimensionale delle imprese locali. Le difficoltà dell'industria hanno reso ancora più evidente il processo di “terziarizzazione” dell'economia pavese. Come suggeriscono i dati relativi all'andamento del valore aggiunto provinciale nel biennio 2010 e 2011 che, a fronte di una sostanziale tenuta della quota imputabile ai servizi (rispettivamente: 69,5% e 69,6%) evidenziano un calo di quella riferita al comparto industriale (-1% circa) a vantaggio anche del settore primario.
Macchine agricole: bene l'export ma le immatricolazioni non decollano
In un contesto così problematico per il manifatturiero, penalizzato non poco dalla flessione della domanda nazionale, non mancano alcuni segnali positivi, legati in particolare all'andamento delle esportazioni. Le quali, con un incremento superiore al 10% sul 2011 hanno quasi raggiunto la soglia dei 4 miliardi, recuperando abbondantemente il terreno perso negli ultimi quattro anni. In Lombardia, nel raffronto tra il 2012 ed il 2011, soltanto la provincia di Lodi ha fatto meglio. Sugli scudi soprattutto il segmento della chimica/gomma/plastica, che ha nella farmaceutica (nel 2011 rappresentava il 19% di tutte le esportazioni pavesi) la propria punta di diamante, seguito a stretto giro dal comparto metalmeccanico ed elettronico, nel quale la meccanica gioca un ruolo di primo piano (esportazioni per oltre un miliardo di euro nel 2012). All'interno del settore meccanico sono in evidenza le esportazioni di macchine per la lavorazione del cuoio, seguite dalle macchine utensili e dalle macchine agricole il cui export nel 2011 e nel 2012 si è stabilizzato intorno ai 18 milioni di euro per circa 24 aziende. Meno positivo, invece, il dato sull'andamento del mercato provinciale. Le statistiche FederUnacoma relative al periodo 2008-2013 evidenziano infatti un calo generalizzato delle immatricolazioni (-22%), passate da 424 a 329 unità, in linea con il trend negativo riscontrato nello stesso lasso di tempo nel resto del Paese. Fa eccezione il 2013, che, a fronte dell'autentico tracollo registrato nei dodici mesi precedenti (-15,5%), ha segnato una leggero incremento (+4,4%). Tale ripresa riflette, sia pure in tono minore, quella riscontrata in Lombardia (+8,9%) ed è in netta controtendenza rispetto al dato nazionale complessivo, caratterizzato nel 2013 dal segno meno (-1,7%). Peraltro, già nel 2011 il distretto di Pavia aveva provato ad invertire la rotta con un primo lieve incremento della domanda di macchine agricole, ma in quel caso si trattò di un fenomeno passeggero, seguito poco tempo dopo dalla fase più acuta della crisi e dal deterioramento anche dei fondamentali macroeconomici relativi all’intero distretto. Anche per il 2014 lo scenario economico generale sembra destinato a condizionare anche il settore specifico della meccanica agricola – a livello tanto provinciale quanto nazionale – specie per quanto riguarda la componente interna della domanda aggregata di macchine agricole, prevista ancora in sofferenza.