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Macchine per l'agricoltura: iniziativa italiana in Congo

Con un'economia fortemente dipendente dal petrolio ed esposta quindi alle fluttuazioni dei prezzi di questa materia prima, la Repubblica del Congo ha oggi la necessità di diversificare le proprie attività economiche puntando su agricoltura e industria. Per essere competitivo, il settore primario congolese richiede meccanizzazione e specifiche attività di formazione

di Giovanni M. Losavio
marzo - aprile 2015 | Back

Si è chiusa con successo la missione “Government to Government” organizzata dal 25 al 27 gennaio nella Repubblica del Congo dai Ministeri italiani dello Sviluppo Economico e degli Affari Esteri, dalla Cooperazione internazionale e dall’Agenzie Ice in collaborazione con Confindustria. Di alto profilo istituzionale la delegazione italiana, che, guidata dal Viceministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, ha visto la partecipazione dei vertici di importanti associazioni di categoria: oltre a Confindustria, FederUnacoma, Federpesca, Oice-Federcostruzioni. L’iniziativa, promossa con l’obiettivo di rinsaldare le relazioni d’affari tra Italia e Congo in diversi settori strategici per l’economia del Paese subsahariano, ha visto una forte partecipazione del mondo imprenditoriale italiano, presente con una rappresentanza di aziende (tra le quali Alenia, Italcementi Group, Selex, solo per citarne alcune) capaci di esprimere complessivamente un fatturato non inferiore ai 50 miliardi di euro. Di assoluto rilievo anche la delegazione congolese  (per l’agricoltura il ministro Rigobert Maboundou) che, composta da ministri e dirigenti con funzioni chiave in ambito economico, hanno descritto alle imprese italiane i principali settori interessati ad una possibile partnership tra i due Paesi.

 

Un’economia petrolifera da diversificare

Secondo fonti della Banca Mondiale citate dall’Agenzia Ice, quella della Repubblica del Congo è una delle dieci economie più dinamiche del continente. D’altro canto, dal 2003 ad oggi, vale a dire dalla firma degli accordi di pace che sembrano aver posto fine all’instabilità causata dalla guerra civile del 1997, la progressiva stabilizzazione del quadro politico interno ha posto le basi per un consolidamento dell’economia, anche se – come avvertono gli analisti americani – il Paese non risulta ancora del tutto stabilizzato. In termini strettamente economici, stando ai dati della Banca Mondiale, il processo virtuoso iniziato nel 2003 si è tradotto in un decennio di crescita pressoché ininterrotta del PIL (con la sola eccezione del 2007), sia pure ad un ritmo non sempre costante (si è passati – ad esempio – dal +7,8% del 2005 al 3,4% del 2013). Il principale fattore del boom economico congolese è stato, oltre al già citato processo di pace, lo sfruttamento delle risorse petrolifere di cui il territorio è ricco. «La Repubblica del Congo – si legge in un recente rapporto del Fondo Monetario Internazionale – è fortemente dipendente dal petrolio: il 58% del Pil, il 78% delle esportazioni e il 74% delle entrate fiscali sono oggi legati alla produzione del greggio». Tuttavia, se da un lato “l’oro nero” ha rappresentato e rappresenta tuttora un importante volano per la crescita del Paese centrafricano, dall’altro esso costituisce un elemento di fragilità per il sistema economico locale, troppo esposto alla fluttuazione dei prezzi petroliferi. Per questo, uno degli obiettivi prioritari del Governo di Brazzaville è quello di diversificare la struttura produttiva, puntando sullo sviluppo di un apparato industriale moderno e competitivo, sostenuto da un moderna ed efficiente rete infrastrutturale (il cui potenziamento è a centro del piano di sviluppo nazionale 2012-2016). Il rilancio dell’industria nazionale, parte integrante della strategie di diversificazione, passa attraverso la valorizzazione del comparto minerario (potassio, piombo, zinco e rame), lo sfruttamento delle risorse forestali, il potenziamento delle filiere agro-alimentari.

 

Verso l’autosufficienza alimentare

In tale scenario, l’agricoltura è chiamata a svolgere un ruolo chiave. D’altro canto, con una superficie coltivabile di ben 10 milioni di ettari; con risorse idriche e una pluviometria in grado di soddisfare le esigenze di irrigazione dei campi; con caratteristiche climatiche e pedologiche favorevoli ad alcune delle principali coltivazioni industriali (tra cui: manioca, cereali, oleaginose, frutta e ortaggi, albero della gomma, canna da zucchero, cacao e caffè: tutte colture da valorizzare), il primario sembra avere tutte le carte in regola non solo per raggiungere l’autosufficienza alimentare – traguardo che il governo ha previsto di tagliare nel 2025 – ma per diventare un importante voce  di esportazione, contribuendo così alla bilancia commerciale congolese (oggi polarizzata su petrolio, legnami, zucchero, caffè, cacao e diamanti). Come ha sottolineato il Ministro dell’Agricoltura Maboundou, per lo sviluppo del comparto è necessario anche potenziare le attività legate agli allevamenti (uno dei principali punti deboli del settore agricolo congolese) – avicoli in particolare – con il ripristino della popolazione di bovini, ovini, caprini suini e creare una filiera produttiva di mangimi per gli animali. Più in generale, ha spiegato Maboundou, le  priorità della politica agricola per il prossimo futuro sono indirizzate da un lato allo sviluppo della ricerca agronomica (tesa a valorizzare, tra le altre, le coltivazioni di manioca, banana, mais e palma da olio) e sul miglioramento dei sistemi di irrigazione, dall’altro sulla formazione e sulla trasformazione dei prodotti agricoli. Da menzionare infine, sempre con riferimento al primario, il programma decennale (2011-2020) per la forestazione e il rimboschimento di una superficie pari a un milione di ettari, promosso con il duplice obiettivo di ridurre il degrado ambientale e mettere a frutto le risorse forestali.

 

La meccanizzazione, una priorità per l’agricoltura del Congo

Per realizzare un programma così ambizioso e articolato, il Governo di Brazzaville intende puntare sulla professionalizzazione degli operatori e sulla meccanizzazione delle campagne, da realizzare grazie ad incentivi fiscali quali l’esenzione dal pagamento dell’IVA sull’acquisto di mezzi di produzione agricola (macchine e attrezzature) o il tasso ridotto (2%) sui dazi doganali applicabili alle importazione di macchinari. Insomma, se gli interventi dell’Esecutivo tesi a rilanciare l’agricoltura dovessero dare i risultati auspicati, per i costruttori italiani si potrebbe profilare una importante partnership commerciale con il Paese subsahariano. Una conferma di tali possibilità sembra fornirla l’andamento delle esportazioni italiane di macchinari agricoli, che nel biennio 2013-2014 hanno fatto registrare incrementi a doppia cifra tanto per le motrici quanto per le attrezzature. Particolarmente significativi sono i dati relativi al 2014 quando, grazie ad un vistoso aumento dell’export di trattrici (+53,5% in valore), Brazzaville è diventata il quarto principale mercato di sbocco (dopo Sudafrica, Angola e Somalia) per l’agromeccanica italiana nell’Africa subequatoriale e il dodicesimo a livello continentale. Dal punto di vista dei volumi, le prestazioni del Congo risultano ancora molto distanti da quelle messe a segno nei mercati-guida (Sudafrica, Marocco, Tunisia, Algeria), tuttavia i segnali sembrano indicare proprio un incremento degli scambi commerciali, anche se sono necessarie ulteriori conferme per stabilire se la linea di tendenza iniziata nel 2013, e poi proseguita nel 2014 con il massimo storico di trattrici italiane importate da Brazzaville, rappresenti un fatto congiunturale o non sia piuttosto un fenomeno destinato a consolidarsi nel tempo. Da segnalare al riguardo la tendenza al rialzo pure per le esportazioni di attrezzature, tornate vistosamente a crescere dopo il crollo del 2012 senza tuttavia tornare ai livelli record del 2011 (1,3 milioni). In questo segmento, a tirare la volata sono soprattutto i mezzi per la messa a coltura (49,4% del totale nel 2015) e le macchine per gli allevamenti (43%), mentre il comparto della semina, del trapianto e della concimazione detiene una quota residua pari ad appena il 5,3% dell’esportazioni italiane di settore. Il contributo che i costruttori italiani possono dare allo sviluppo dell’agricoltura congolese non si limita alla fornitura di tecnologie e macchine, ma passa attraverso la condivisione della conoscenze professionali. E infatti, proprio durante la missione italiana in Congo, FederUnacoma ha proposto ai vertici della Repubblica del Congo la realizzazione di un centro di formazione per l’intera filiera agroindustriale (dalle macchine agricole a quelle per la trasformazione e il confezionamento dei prodotti agricoli) e la programmazione di corsi di formazione (da svolgere in collaborazione con l’Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari), destinati a preparare agronomi e futuri dirigenti del Ministero dell’Agricoltura, e delle strutture di ricerca ad esso collegate. 

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