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Tecnica

La sarchiatura: tutti i vantaggi, tutte le applicazioni

Spesso tralasciata nel passato, la sarchiatura è una lavorazione semplice ma molto efficace come diserbo meccanico. Tornata di recente in auge sia per coltivazioni di pieno campo che in serra, soprattutto se praticate in regime biologico, comporta molteplici vantaggi agronomici e ambientali

di Daniela Lovarelli
dicembre 2021 | Back

Con l’intensificarsi degli approcci di coltivazione diversi da quelli tradizionali, la sarchiatura è una lavorazione praticamente riscoperta negli anni più recenti, perché comporta tangibili benefici sia sulle colture primaverili-estive più tradizionali di pieno campo (come mais e soia), sia sulle colture in regime biologico. Garantisce infatti un’ottima eliminazione meccanica delle infestanti, quindi senza alcun impiego di fitofarmaci di sintesi. Inoltre, l’azione di dirompimento superficiale degli organi lavoranti nei dintorni delle piante favorisce l’arieggiamento del terreno. E’ del tutto evidente che la precisione dell’azione dei denti della sarchiatrice è fondamentale per scongiurare danni alla coltura, sia per estirpazione parziale o totale dell’apparato radicale che per danneggiamento delle parte epigea, provocato dall’impatto di piccole zolle di terra sollevate nel passaggio della macchina. Un elevato grado di precisione è indispensabile anche per eliminare il più efficacemente possibile le erbe infestanti più vicine, che possono interferire nella regolare crescita delle colture. Inoltre, a causa del cambiamento climatico in atto, si verificano sempre più di frequente eventi meteorologici avversi ed improvvisi, quali ad esempio piogge torrenziali, periodi di caldo torrido o forti venti che creano criticità nella crescita, a partire dall’emergenza delle plantule. In quest’ultimo caso l’impiego di erpici strigliatori, simili nella loro azione alle sarchiatrici, può risolvere la situazione.

 

La sarchiatura

Poiché la richiesta di potenza è piuttosto limitata, per l’esecuzione di questa lavorazione sono sufficienti trattori di piccole dimensioni e potenza limitata (anche solo 50 CV), accoppiati a modelli da 4-5 m di larghezza. Le velocità di avanzamento sono generalmente piuttosto elevate, anche più di 10 km/h, a tutto vantaggio di un più efficace dirompimento della crosta superficiale.

 

In pieno campo

La macchina si compone tradizionalmente di: (i) diversi ranghi di denti a molle elastiche (o zappette) funzionali allo sradicamento delle infestanti; comunemente i ranghi sono sfalsati, per mantenere l’interfila voluta, ma evitando intasamenti dovuti alla terra smossa. Inoltre, denti e zappe hanno una struttura che comporta un’elevata resistenza all’usura, anche per il lavoro in terreni argillosi o ricchi di scheletro; (ii) deflettori laterali che trattengono le zolle di terra nell’area di azione delle file di denti; possono essere flottanti, ovvero che si adattano al profilo del terreno, oppure a disco, in modo da contribuire alla rottura della crosta superficiale; (iii) dispositivi di regolazione della profondità di lavoro, per un’azione costante ed uniforme; (iv) una struttura portante a parallelogramma articolato, caratterizzata da un’elevata luce libera da terra nella parte frontale, per evitare danni alle colture e per poter intervenire efficacemente anche in stadi vegetativi avanzati della coltura. Esistono molte configurazioni diverse, così come i telai su cui sono montati i denti a molla (fissi, pieghevoli manualmente o idraulicamente o a sezioni indipendenti). L’interfila di lavoro può essere regolabile, da 45 a 75 cm circa. Anche il numero dei ranghi degli organi di lavoro è variabile, da 3-4 fino a 8-12 file.

Un’alternativa, in grado di lavorare proficuamente su molte colture, dalle leguminose alla maggior parte delle orticole di pieno campo è l’adozione di dispositivi rotanti in sostituzione dei tradizionali denti/zappette. Una coppia di dischi a stella che ruotano su assi inclinati convergenti (seguiti da coppie di zappette e di deflettori) riescono a sradicare le infestanti senza arrecare danni alla coltura. Le lame esterne hanno profilo curvo e penetrano nel terreno con un’inclinazione di 28°. L’apparato è provvisto di protezioni contro l’impatto con i sassi, per evitare danneggiamenti e intasamenti.

Un importante valore aggiunto contestuale alla sarchiatura è la possibilità di effettuare la fertilizzazione minerale. In tal caso, la macchina è integrata con una o più tramogge collocate nella parte superiore del telaio e un apparato centralizzato di regolazione della dose di concime. Le tramogge hanno volumi tra 400 e 1000 litri, in funzione della dimensione della sarchiatrice. Essendo depositato durante la sarchiatura, il fertilizzante è direttamente interrato, garantendo una più rapida azione e un ottimale assorbimento della coltura.

In serra

Per le colture ad alto reddito coltivate in apprestamenti protetti, diventa ancora più importante la precisione di intervento, poiché è indispensabile evitare qualsiasi danneggiamento. Inoltre, poiché la lavorazione si svolge in un ambiente confinato, è importante mantenere un ambiente di lavoro salubre per gli operatori. Pertanto, l’impiego di trattori e, più in generale, macchine ad azionamento elettrico è in rapido aumento. Sono stati quindi messi a punto modelli che si avvalgono del riconoscimento delle piante con sensori a fibra ottica, in modo che gli organi di lavoro possano scansarsi quando incontrano la piantina. La sarchiatrice Optyma della Oliver Agro di Engazzà di Salizzole (VR), si avvale di tecniche di “smart farming”: si tratta di un modello ad avanzamento elettrico, per velocità di lavoro di 1,2-1,5 km/h circa, che monta elementi sarchianti montati su un telaio di tipo fisso, per distanze minime di interfila di 25 cm e interpianta di 12 cm. E’ una macchina che si adatta molto bene a colture ortive seminate o trapiantate con baulatura delle prose, in piano o su colmo. La sarchiatrice è alimentata tramite l’impianto elettrico del trattore per ciò che concerne i sensori a fibra ottica digitale, la centralina e la console di comando. Quest’ultima può essere gestita direttamente dall’operatore con un sedile collocato a bordo macchina, oppure è possibile avere in alternativa un sistema di guida automatica, basato su una videocamera tramite la quale è possibile controllare la direzione da percorrere.

Gli organi sarchianti si compongono di più parti: due coltelli tagliano la crosta superficiale, scalzando le infestanti ed evitando di smuovere eccessivamente la terra ad opera delle successive zappette scalzatrici. L’azione di queste ultime può essere regolata sia in profondità che in larghezza. L’intervento dei coltelli è invece pilotato in automatico con estrema precisione grazie ai sensori a fibra ottica digitale. La macchina è anche dotata di vomeri (di forma e dimensioni diverse), che effettuano la sarchiatura tra le file. Infine, è installato anche un gruppo pneumatico, composto da un soffiatore con regolatore di pressione, che per evitare intasamenti libera costantemente gli elementi sarchianti da eventuali residui.

Gli erpici strigliatori

Un effetto per certi versi simile alla sarchiatura è quello prodotto dagli erpici strigliatori, che agiscono sullo strato più superficiale del terreno. La struttura di queste macchine è semplice, e adatta a colture di pieno campo, cereali autunno-vernini e prati stabili oppure colture primaverili-estive, per le quali l’andamento climatico ha provocato la formazione di crosta, con difficoltà di emergenza delle plantule.  L’erpice strigliatore si basa su un telaio fisso, corredato da denti leggeri ed estremamente elastici, che comunque rompono lo strato molto superficiale del suolo senza danneggiare i prati o le colture autunno-invernali già emerse, oppure i germogli che si trovano appena sotto la superficie. Per scongiurare qualsiasi problema, queste macchine sono comunque dotate di un sistema di regolazione sulla singola fila o su ogni organo lavorante, per poter definire agevolmente la profondità effettiva di lavoro.

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