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Tecnica

La manutenzione meccanizzata delle ripe

La multifunzionalità del trattore, e naturalmente delle attrezzature ad esso collegate, comprende anche la cura del verde urbano ed extraurbano. Nell’ambito di questa attività, la gestione degli argini di fossi, canali e fiumi occupa un ruolo di primo piano. In tale contesto, occorre mantenere un delicato equilibrio tra sicurezza idraulica e tutela ambientale

di Domenico Pessina
luglio-agosto-settembre 2023 | Back

La regolazione periodica della vegetazione presente sulle ripe dei corsi d’acqua superficiali, siano essi naturali o artificiali, è di fatto la principale operazione per un’efficiente manutenzione e messa in sicurezza dei versanti. Peraltro, lo sfalcio dell’erba e più in generale del materiale erbaceo e arbustivo, deve riguardare non solo gli argini ma anche l’alveo di un qualunque corso d’acqua, al fine di mantenere corretta e costante nella sua conformazione e nella sua ampiezza la sezione di efflusso, per scongiurare indesiderati restringimenti o strozzature, che potrebbero provocare pericolose esondazioni localizzate in caso di repentini aumenti della portata.

Le macchine più adatte per svolgere le operazioni di manutenzione descritte si possono raggruppare sostanzialmente in due ampie categorie, ovvero i modelli per lo sfalcio periodico degli argini, assimilabili ai decespugliatori (ma ovviamente dotati di un braccio articolato), e quelli per la pulizia dell’alveo, costituiti basicamente da ampie benne fessurate, dotate sul profilo inferiore di una barra falciante a moto rettilineo alternato. Entrambi gli apparati sono installati all’estremità di lunghi bracci articolati a due o tre sezioni, che possono operare con notevoli sbalzi laterali (ma anche posteriori) rispetto alla motrice, fino a 15 m e oltre.

 

Struttura, modalità di azionamento e accoppiamento alla motrice

Date le caratteristiche peculiari di queste attrezzature, il trasferimento del moto agli organi lavoranti non può che essere di tipo idraulico; sarebbe infatti molto complicato, e di fatto impensabile, muovere gli utensili terminali con un insieme di alberi, ingranaggi, rinvii, pulegge, cinghie, ecc. Solo in alcuni casi, per la trasmissione finale agli organi lavoranti, è adottato un insieme di cinghie e pulegge, per conferire una maggior capacità di assorbimento dei picchi di potenza richiesta in caso di sovraccarico degli utensili di trinciatura e di taglio. Viceversa, le motrici da accoppiare a queste attrezzature si differenziano sostanzialmente, poiché i bracci decespugliatori sono di solito abbinati ai trattori agricoli, mentre le benne falcianti costituiscono l’apparato terminale di escavatori, pale gommate e, più in generale, di macchine nate per il movimento terra. Non si tratta peraltro di una classificazione assoluta, perchè sono disponibili sul mercato anche mezzi polivalenti, ma tale orientamento di base deriva dalla funzionalità delle due attrezzature, nonché dalle peculiarità delle loro modalità operative.

Più in dettaglio, i bracci decespugliatori sono in quasi tutti i casi meccanicamente fissati all’attacco a 3 punti posteriore del trattore. Il rotore lavora quindi in posizione latero-posteriore, anche se ci sono alcuni modelli di solito, di solito fissati al supporto portazavorre, che operano anteriormente.

L’azionamento integralmente idraulico di queste attrezzature richiede flussi di olio molto importanti, a cui raramente possono provvedere adeguatamente i circuiti originari dei trattori. Pertanto, i bracci decespugliatori sono quasi sempre dotati di un impianto indipendente, alimentato da una pompa a ingranaggi azionata dalla presa di potenza del trattore. Il notevole sbalzo a cui può arrivare l’apparato trinciante comporta uno sbilanciamento laterale del cantiere, opportunamente compensato dal serbatoio dell’olio (spesso della capacità di parecchie decine di litri) collocato sul lato opposto.

Le sezioni del braccio possono essere variamente conformate in modo da favorire la miglior visibilità dell’operatore sull’organo lavorante, per qualsiasi posizione esso possa assumere. Per la massima versatilità funzionale, gli elementi dell’attacco a 3 punti del trattore agricolo, ovvero i due stegoli inferiori e il terzo punto, si caratterizzano tipicamente per un certo gioco nel loro fissaggio al corpo macchina, tale che sui due bracci inferiori sono solitamente montati dei tiranti stabilizzatori. Date le notevoli lunghezze di sbraccio, per uno sfalcio preciso del rotore decespugliatore ciò può non essere ottimale. Alcuni costruttori offrono quindi allo scopo delle piastre di attacco e/o dei tenditori supplementari di ancoraggio, per irrigidire il fissaggio dell’attrezzatura al corpo trattore (spesso con imbullonamento alla struttura base del gancio di traino) in modo da assicurare movimentazioni precise nello sfalcio, anche a distanze importanti dalla motrice. In altri casi sono previsti dei telai di staffaggio specifici, da fissare in diversi punti del corpo trattore.

Meno complessa risulta invece l’installazione delle benne falcianti sul braccio delle macchine movimento terra, poiché quest’ultimo è già utilmente predisposto all’attacco di attrezzi terminali diversi, sia dal punto di vista meccanico che da quello idraulico, con un congruo numero di combinazioni idonee ad assicurare multiple movimentazioni. Inoltre, la motrice in questo caso è caratterizzata da una stazza più che sufficiente per garantire la stabilità del cantiere in tutte le condizioni operative.

 

I bracci decespugliatori

La principale differenziazione dei modelli disponibili riguarda l’articolazione del braccio, che può essere a due o a tre sezioni; a quest’ultima tipologia corrispondono maggiori prestazioni, sia in termini di sbalzo laterale che, più in generale, di area operativa intorno alla motrice.

Anche sulla base dei numerosi movimenti che i bracci decespugliatori sono in grado di eseguire, la loro gestione si articola su una serie di comandi di vario tipo, in funzione dei modelli: si va da una gestione meccanica, tramite cavi flessibili gestiti da un gruppo di leve, spesso del tipo a “uomo presente”, per arrivare nelle versioni più evolute a comandi elettrici proporzionali di tipo load sensing su joystick abilitati alla tecnologia CAN-BUS. In particolare, la Ferri di Tamara (FE) per diversi suoi modelli offre il joystick “C-Tronic Dual”, per mezzo del quale viene comandata in modo proporzionale tramite roller l’estensione della prima e della seconda sezione, la loro rotazione e l’inclinazione della testata flottante. C’è poi una piccola console, dotata di una serie di pulsanti con cui si regolano il regime di rotazione del rotore, la sospensione del braccio e della testata, e il disinserimento dell’accumulatore ad azoto per il ritorno in automatico alla posizione di lavoro.

La testata trinciante dei bracci decespugliatori è del tutto simile a quelle montate sui trinciastocchi, trinciasarmenti, trinciaerba, ecc. Le variabili riguardano la conformazione degli utensili e la loro disposizione sul rotore: in generale si tratta di ranghi di mazzette o coltelli di varia conformazione, massa e robustezza, selezionati soprattutto in funzione della consistenza del materiale da sfalciare. Come noto, le mazzette svolgono un’azione più energica, e sono pertanto indicate se bisogna lavorare in prevalenza su materiale di origine legnosa.

 

Le benne falcianti

La loro funzione principale è in buona parte complementare a quella dei bracci decespugliatori, poiché vengono sostanzialmente impiegate per la rimozione della vegetazione acquatica e di altro materiale di risulta nell’alveo di fossi, canali e fumi e nelle zone basse dei loro argini, a pelo d’acqua. In sintesi, si tratta di benne fessurate o a griglia a maglie larghe, spesso con un fronte di lavoro notevole (fino a 8 m e più), dotate sul bordo inferiore del cucchiaio di una barra falciante a lama oscillante a moto lineare alternato, di solito azionata da un motore orbitale. La benna è fissata tramite un robusto supporto (spesso standardizzato nelle dimensioni) all’estremità del braccio articolato di un escavatore o di una pala gommata, anche se alcuni modelli possono essere installati tramite telai di adattamento sui trattori agricoli o altri mezzi portattrezzi. La benna lavora con movimento semicircolare, come se operasse per uno scavo, “dragando” l’alveo per sezioni parallele, in direzione trasversale rispetto al corso d’acqua, asportando il materiale vegetale tagliato dalla barra falciante. Ovviamente, tutti gli organi lavoranti sono mossi idraulicamente, con l’assoluta necessità, viste le condizioni operative di immersione nell’acqua, che l’intera circuitazione sia a tenuta stagna. Oltre alla possibilità di gestire l’inclinazione trasversale dell’attrezzo, alcuni modelli hanno anche la funzione autolivellante. Diversi optional aumentano la funzionalità di questa attrezzatura, come – ad esempio – la possibilità di montare delle paratie grigliate supplementari per aumentare il volume del materiale caricabile, una flangia per il disassamento della benna rispetto al braccio dell’escavatore, un kit con molla a balestra per rendere la benna basculante, ecc.

 

Mezzi semoventi polifunzionali

In questo variegato panorama, alcuni costruttori hanno realizzato mezzi semoventi polifunzionali a ruote con braccio articolato e telescopico, che possono essere equipaggiati in alternativa a decespugliatori, benne falcianti e numerosi altri attrezzi terminali. Ad esempio, la Energreen di Cagnano di Pojana Maggiore (VI), propone il modello ILF B2000 dotato di un motore diesel a 6 cilindri da ben 220 CV con torretta completamente girevole, il cui impianto idraulico si avvale di una serie di pompe a pistoni e motori a circuito chiuso per quasi 400 l/min complessivi ad una pressione di 180-240 bar. Il mezzo è a 4 ruote sterzanti e può viaggiare a 40 km/h massimi. La sua funzionalità può essere ampliata alle tipiche funzioni del trattore agricolo, attraverso l’implementazione di un kit anteriore con PTO e sollevatore, un gancio di traino agricolo, un compressore aria, ecc.


Sfalciare: quando, dove e quanto

La sfalcio periodico delle ripe e degli argini di fossi, canali, fiumi e più in generale dei corsi d’acqua deve soddisfare un delicato equilibrio, tra sicurezza idraulica e tutela ambientale. Probabilmente, tra una fascia riparia costantemente rasata con cura e una incolta, l’optimum sta a metà;  se la prima soluzione permette senza dubbio agevoli attività sportive e serene passeggiate con gli animali d’affezione, la seconda assicura una valida biodiversità del corso d’acqua e opportunità di rifugio per la fauna fluviale che vive e si riproduce vicino al ciglio di sponda, ovvero uccelli nidificanti a terra, anfibi, piccoli pesci, ecc.

Gli sfalci dovrebbero essere limitati ai tratti dei corsi d’acqua interni ai centri abitati e dove sono state installate opere ed effettuate sistemazioni idrauliche specifiche, come casse di espansione, canali di immissione o derivazione, su fasce sufficientemente ampie per assicurare la percorribilità e l’ispezionabilità del corso d’acqua.

Questo tipo di manutenzione si svolge sostanzialmente in primavera e in estate, anche perché alla fine dell’inverno è fondamentale ispezionare le strutture arginali, le opere e le sistemazioni idrauliche, per individuare eventuali cedimenti o altre criticità, in modo da provvedere prontamente a ripristini e riparazioni durante la bella stagione, quando i livelli idrometrici sono al minimo.

In genere, nel clima italiano viene eseguito un primo passaggio di sfalcio entro il mese di giugno, seguito da un altro entro ottobre-novembre per liberare totalmente la sezione d’alveo in vista delle successive piene autunnali e invernali.

Per un’opportuna tutela dell’avifauna nidificante, così come degli anfibi e di altre specie presenti o in riproduzione nelle vicinanze dell’acqua, è importante lasciare una fascia più o meno ampia o tratti alternati di vegetazione incolta. La manutenzione periodica diventa importante soprattutto per scongiurare danni più gravi, ad esempio procurati dalle tane scavate dalle nutrie.


I sistemi di livellamento

Le ripe e gli argini dei corsi d’acqua sottoposti a sfalcio periodico possono talvolta evidenziare un profilo superficiale irregolare, che costringe l’operatore a continue correzioni dell’assetto della testata di taglio, allo scopo di evitare danneggiamenti degli organi lavoranti (in caso di impatto con pietre e sassi affioranti dal terreno) oppure di eseguire un taglio troppo alto, quindi poco efficace.

Ciò risulta oltremodo molto faticoso, condizionando anche la produttività del lavoro, dovendo spesso ridurre la velocità di avanzamento.

Risulta allora molto utile integrare l’attrezzo con sistemi di livellamento, mediante i quali la testata di taglio diventa flottante, grazie anche all’intervento di uno più accumulatori ad azoto, che assorbono efficacemente gli urti dovuti alle irregolarità del profilo, sia nella direzione trasversale all’avanzamento che in quella longitudinale. Ancora meglio se tali regolazioni sono di tipo automatico, in modo che il conducente della motrice possa concentrarsi con maggior attenzione sul corretto direzionamento del mezzo.

Tra le varie opzioni disponibili, la Orsi di Mascarino di Castello d’Argile (BO) propone l’Automatic Leveling System, che riduce al minimo l’intervento manuale, tramite la rilevazione elettronica di pressione su tutti i movimenti, regolabile per la soglia di intervento tramite un comando a potenziometro, con ritorno automatico nella condizione memorizzata dopo il superamento dell’ostacolo. Ciò permette di ottenere un’altezza di taglio significativamente costante e una riduzione dell’usura degli utensili lavoranti e delle slitte di appoggio.

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