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Bioeconomia

Clima: se la COP 29 delude, si guarda al carbon farming

La 29ª Conferenza delle Parti per contrastare il cambiamento climatico si conferma uno strumento poco adatto alla gestione del fenomeno. Il “carbon farming” un’opportunità valida per stoccare il carbonio nel suolo e per valorizzare il ruolo degli agricoltori

di Matteo Monni
dicembre 2024 | Back

Senza entrare nel merito dell’effettivo grado di incisività della recente Conferenza delle Parti (COP) sui cambiamenti climatici, saltano agli occhi alcuni elementi poco rassicuranti. In primo luogo preoccupa l’assenza di Paesi che pesano molto sulle dinamiche finalizzate all’uscita dalle fonti fossili. Infatti se formalmente l’obiettivo principale della recente COP 29, tenutasi a Baku (Azerbaijna), riguardava il raggiungimento di un nuovo accordo finanziario a supporto dello sviluppo sostenibile, le defezioni di leader quali il presidente USA Biden, il presidente cinese Xi Jinping e – ovviamente – quello della Russia Vladimir Putin hanno pesato non poco sull’esito finale del summit, decisamente poco in linea con gli obiettivi dichiarati. A preoccupare, in secondo luogo, è il rinvio di anno in anno di quelle misure indispensabili che, secondo la comunità scientifica internazionale, dovrebbero essere già attive da tempo, come – per esempio – l'abbandono graduale del fossile (transition away), principale responsabile delle emissioni climalteranti. Invece, si temporeggia puntando sempre alla COP successiva per giungere alla tanto agognata stretta decisiva. La prossima edizione, la numero 30, si terrà in Brasile nel 2025, ma già oggi è ipotizzabile un nuovo “nulla di fatto”. Come spesso si dice con rassegnazione: “fatto trenta si può far trentuno”. Insomma, se come si può ragionevolmente pensare, la Conferenza delle Parti appare sempre più uno strumento inefficace per fronteggiare la questione climatica, occorre allora iniziare a rafforzare altre dinamiche che piano piano si stanno mettendo in moto. Per esempio lo scorso 5 dicembre si è celebrata con innumerevoli iniziative la “Giornata mondiale del Suolo”, riconoscendo in esso una componente essenziale, non solo per assicurare cibo alle popolazioni di tutto il mondo, ma anche per la sua enorme e sottovalutata capacità di stoccare carbonio tra gli innumerevoli servizi ecosistemici che fornisce al Pianeta. Tra i tanti eventi dedicati a questa ricorrenza merita di essere menzionato il workshop che si è tenuto a Firenze presso la prestigiosa sede dell’Accademia dei Georgofili dal titolo “Il carbon farming come strategia chiave per la sostenibilità e il futuro dell’agricoltura”. In tale occasione, esperti autorevoli, hanno ben spiegato che “coltivare carbonio” è uno strumento chiave per la tutela del suolo e per la lotta al cambiamento climatico, e perciò un’opportunità a disposizione degli agricoltori per veder riconosciuto il loro contributo alla transizione agroecologica. Di questo argomento, non certo semplice, hanno parlato dettagliatamente il CIB (Consorzio Italiano Biogas) e CVb (Associazione Chimica Verde bionet), in collaborazione con l’Accademia dei Georgofili e con la Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, al fine di fare chiarezza e raccogliere proposte su ciò che si può fare per dare maggiore impulso alla diffusione del carbon farming, alla vigilia dell’approvazione finale della direttiva europea sul tema. A tal fine l'incontro ha coinvolto esperti di vario genere, tra cui anche le principali confederazioni agricole (Confagricoltura, Coldiretti e CIA), aziende, e istituzioni per discutere del ruolo fondamentale che l’agricoltura può svolgere nella lotta ai cambiamenti climatici attraverso il sequestro di carbonio nel suolo. In una sola mattinata sono state delineate parecchie tecniche per favorire la protezione del suolo tra cui: colture di copertura, colture intercalari, lavorazione conservativa del suolo, agricoltura di precisione e la moderna meccanizzazione oggi disponibile, l’uso del digestato (in sostituzione del concime chimico) o ancora la diffusione di pratiche di agroforestazione e agricoltura mista, che integrano alberi o arbusti nella gestione delle colture e/o del bestiame. Queste tecniche, oltre a ridurre le emissioni di gas serra, agevolano la conservazione e il ripristino della sostanza organica nel suolo, incrementano la fertilità del suolo, aumentano la resilienza agli effetti del cambiamento climatico e promuovono una produzione agricola più sostenibile. In questo contesto, il carbon farming si conferma uno degli strumenti più promettenti per contribuire al raggiungimento degli obiettivi climatici europei. Una strategia che non solo contrasta i cambiamenti climatici, ma che ha l’obiettivo di premiare anche gli agricoltori per l’adozione di pratiche ecologiche, integrando il loro reddito. Se i progressi delle Conferenze mondiali sul clima stentano a produrre risultati concreti, a livello europeo, il percorso per promuovere il carbon farming avanza con decisione. Lo scorso aprile, il Parlamento europeo ha infatti adottato l'accordo provvisorio sul “Regolamento per la Rimozione di Carbonio e Carbon Farming (CRCF)”, creando il primo quadro volontario per la certificazione delle rimozioni di carbonio, del carbon farming e dello stoccaggio di carbonio nei prodotti in Europa. Secondo le stime della Commissione europea queste pratiche potrebbero garantire un risparmio complessivo di 42 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2030, contribuendo alla riduzione del 55% delle emissioni di gas a effetto serra attesa per il 2030, rispetto ai livelli del 1992. Un traguardo che dovrebbe successivamente portare all’auspicata neutralità climatica in Ue entro il 2050. In tale ottica, in Italia, un passo importante è stato compiuto con l’istituzione del Registro Italiano dei Crediti di Carbonio presso il CREA. Questo strumento permette agli agricoltori e agli operatori forestali italiani di partecipare a un mercato del carbonio strutturato, favorendo l’adozione di pratiche sostenibili in linea con gli schemi europei e rafforzando le politiche climatiche nazionali. Nonostante i progressi, restano le sfide da affrontare. Gli agricoltori devono confrontarsi con la necessità di adattare i propri sistemi produttivi, implementando tecniche innovative che, da un lato, migliorino la qualità del suolo e dall’altro garantiscano la redditività delle aziende. La creazione di un mercato del carbonio che supporti questa transizione è essenziale. Quindi, sarà sempre più importante sviluppare il dialogo tra agricoltura, ambiente e innovazione per favorire la tutela dei suoli come elemento centrale verso una transizione competitiva e sostenibile. Oggi più che mai, vista la difficoltà di tenere il carbonio fossile stoccato nei giacimenti petroliferi, il carbon farming diventa sempre più strategico per contrastare il cambiamento climatico valorizzando al contempo il ruolo degli agricoltori come custodi del territorio e protagonisti dell’innovazione agricola.

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