Tecnologie innovative per ridurre l'uso di agrofarmaci
I trattamenti fitoiatrici eseguiti con gli atomizzatori possono risultare meno precisi a causa dell’effetto deriva. Diverse le soluzioni tecnologiche messe a punto dalle aziende costruttrici di macchine per queste specifiche funzioni
L'impiego degli agrofarmaci è un tema molto discusso in Europa. Proprio di recente esso è stato al centro di un acceso dibattito circa l'opportunità di prevedere un inasprimento delle norme attualmente in vigore. Norme che già oggi sono particolarmente rigorose, sia per quanto attiene alle prescrizioni da osservare durante il cantiere sia per quanto riguarda i controlli, relativi ai macchinari, alle procedure di utilizzo e alla successiva pulizia delle attrezzature. In questa prospettiva, l'industria agromeccanica italiana si è sempre prefissata l'obiettivo di "anticipare i tempi"; vale a dire di sviluppare soluzioni tecnologiche avanzate che permettessero di razionalizzare l'uso degli agrofarmaci, garantendo la piena sostenibilità e salubrità delle produzioni.
Al contrario di quanto avviene con i trattamenti effettuati con barre irroratrici su colture erbacee, dove sia la forza di gravità che la vicinanza con il bersaglio "aiutano" il prodotto a depositarsi in percentuali quasi mai inferiori al 90% del volume irrorato, nel caso degli interventi eseguiti con gli atomizzatori non è raro trovarsi in situazioni diametralmente opposte, con piccolissime percentuali di prodotto che si depositano sulle foglie e la gran parte della miscela fitoiatrica che non va correttamente a bersaglio. Questa situazione è dovuta sia alle modalità con le quali solitamente si effettua il trattamento (caratterizzato dalla necessità di utilizzare imponenti correnti d’aria per veicolare le goccioline verso le piante, vincendo così la forza di gravità), sia alle condizioni della vegetazione (nei primi trattamenti primaverili la " barriera" fogliare è scarsa) ed a quelle ambientali (correnti d'aria ed elevate temperature favoriscono il trasporto fuori bersaglio e l’evaporazione del prodotto irrorato).
Gli addetti del settore ben sanno che per aumentare l'efficienza della distribuzione degli atomizzatori occorre innanzitutto limitarne l’effetto " deriva" , che viene ben descritto dalla norma ISO 22866 come il "movimento del fitofarmaco nell'atmosfera dall'area trattata verso qualsivoglia sito diverso dal bersaglio, nel momento in cui viene operata la distribuzione”. Ad aggravare il problema della deriva contribuisce anche la presenza sul territorio di un parco macchine piuttosto vetusto (con un’età media stimabile intorno ai 20 anni circa), sul quale è comunque possibile andare ad operare effettuando opportune regolazioni , e/o sostituzioni di parti e componenti per migliorare drasticamente l’efficienza nella distribuzione. La deriva dei prodotti fitosanitari può essere ridotta non solo con opportuni interventi tecnici sulle macchine , ma anche attraverso l’impiego di misure indirette come, ad esempio, l’interposizione di fasce di rispetto (zone non trattate) tra il campo e le aree da proteggere, la piantumazione di siepi, o altre barriere fisiche rappresentate ad esempio da reti frangivento o antigrandine. Tra le misure da attuare sulle macchine, sono compresi una serie di accorgimenti tecnici, tra cui l'impiego di coadiuvanti con funzione anti-deriva, oppure di accessori come gli ugelli antideriva, o l'utilizzo di apposite schermature atte ad evitare il convogliamento dell'aria verso l’esterno dell’appezzamento nei trattamenti agli ultimi filari. Altri interventi tecnici riguardano la riduzione delle portata d’aria, l’utilizzo di centraline elettroniche per adeguare la portata alla velocità di avanzamento, l’impiego di sensori ottici o ad ultrasuoni per evitare l'irrorazione in presenza di " buchi" nella vegetazione o per interromperla automaticamente e con precisione a fine filare.
Tecnologie “next gen”. Per le macchine di costruzione più recente, ovvero per quelle conformi alla Direttiva 2009/127/CE del 2011, alcune importanti soluzioni tecniche basilari sono già presenti di default. In forza di questa norma, anche sui modelli più “basici”, i costruttori hanno dovuto introdurre determinate dotazioni tecniche per interrompere l’irrorazione agendo su di un singolo comando, per riempire agevolmente il serbatoio principale e svuotarlo completamente, per definire a priori e in maniera precisa e affidabile il volume da distribuire per unità di superficie. La normativa prevede inoltre che le macchine debbano essere equipaggiate con un serbatoio di acqua pulita per effettuare il lavaggio interno dell’irroratrice a fine trattamento, e anche essere progettate per minimizzare sia la dispersione del prodotto irrorato – per deriva – che la sua percolazione a terra.
L’unica soluzione tecnica che oggi consente di ridurre drasticamente la quota parte di prodotto disperso nell’ambiente fino ad annullarla di fatto, è l’impiego di atomizzatori con pannelli di recupero. Tali pannelli creano una sorta di "tunnel" all'interno del quale viene effettuato il trattamento e utilizzando le pareti per intercettare il prodotto una volta che ha oltrepassato la vegetazione bersaglio, permettono poi di recuperarlo e di riutilizzarlo. Con questa tecnologia è possibile risparmiare, nei primi trattamenti, fino all’80% del prodotto. Tuttavia, occorre considerare che l’entità del risparmio andrà poi a decrescere con l’aumento dell’effetto barriera creato dalla vegetazione, fino ad attestarsi – negli ultimi trattamenti – su una soglia compresa tra il 5% e il 10%.
Gli atomizzatori con pannelli di recupero sono macchine di recentissimo sviluppo, non propriamente economiche e non utilizzabili in tutte le situazioni, giacché sono più ingombranti e più difficili da manovrare rispetto ai modelli tradizionali, specie in pendenza. Ma c’è anche un altro aspetto da considerare. Questi mezzi recuperano una quantità variabile del prodotto che “non va a bersaglio”, e ciò non permette di determinare con precisione la quantità di miscela distribuita per ettaro. Il problema può essere risolto, in parte se non del tutto, grazie ai più moderni computer di bordo che sono in grado di misurare la quantità di prodotto irrorato e recuperato, e quindi di informare l’operatore in tempo reale circa l’autonomia residua. Numerose sono invece le soluzioni che possono essere adottate per limitare la deriva con modifiche realizzabili su macchine anche piuttosto vetuste.
Ugelli antideriva. Dotati o meno del sistema di iniezione dell’aria, gli ugelli antideriva producono gocce più grandi rispetto a quelle emesse dagli ugelli tradizionali (a parità di portata e di pressione di esercizio). La loro efficacia è massimizzata all’interno di un determinato range di pressioni di esercizio; il loro impiego con prodotti sistemici di fatto comporta solo dei vantaggi, mentre l’impiego con prodotti di contatto o di copertura va valutato attentamente, dato che è noto che impiegando gocce di calibro superiore e mantenendo inalterate le dosi distribuite per unità di superficie si ottiene un peggioramento della copertura. Inoltre, sebbene la loro efficacia nel contenimento della deriva sia elevatissima quando questi vengono utilizzati sulle barre irroratrici, nell’impiego su atomizzatori gli ugelli antideriva possono risultare meno efficaci a causa delle forti correnti d’aria impiegate per lanciare le goccioline dal basso verso l’alto, ma – soprattutto – per la presenza di masse foliari incapaci di formare una barriera spessa e continua su cui possa depositarsi il prodotto.
Coadiuvanti antideriva. Premesso che per essere effettivamente identificato come “antideriva” il coadiuvante deve essere registrato come tale dal Ministero della Salute, occorre sapere che la sua efficacia dipende anche dal rispetto delle indicazioni riportate in etichetta, le quali solitamente specificano la tipologia di ugelli e gli intervalli di pressione di esercizio per i quali il coadiuvante risulta utilizzabile.
Paratie per la chiusura del flusso d’aria. L’impiego di schermature mobili che chiudono il flusso d’aria diretto verso l’esterno dell’appezzamento durante l’irrorazione dei filari perimetrali consente di ridurre in modo sostanziale la deriva verso l’esterno, ma occorre anche considerare che un effetto simile, seppur di entità leggermente inferiore, si può ottenere anche con macchine sprovviste di questi dispositivi, andando ad effettuare l’irrorazione degli ultimi filari solo dall’esterno dell’appezzamento, dirigendo il getto verso l’interno.
Carica Elettrostatica delle particelle irrorate. Grazie ad un fenomeno fisico noto come “principio di Coulomb”, è possibile instaurare una forza attrattiva tra due corpi aventi cariche di segno opposto, o repulsiva nel caso contrario. Posto che la vegetazione possiede naturalmente una debole carica elettrostatica naturale, è possibile far si che le particelle di liquido che passano nelle sue adiacenze vengano attratte verso di essa quando possiedono una carica di segno opposto, riducendone così la dispersione oltre il bersaglio e, quindi, la deriva. Allo stesso tempo le gocce, avendo tutte la stessa carica, si respingono tra loro senza aggregarsi e senza aumentare di dimensione. Questo fenomeno, che migliora la distribuzione spaziale delle gocce, è tanto più evidente quanto minore è la dimensione delle goccioline caricate elettrostaticamente e tanto più bassa è la velocità alla quale si muovono nei pressi della vegetazione. Come tutte le soluzioni tecniche, anche questa presenta qualche svantaggio, come – ad esempio – una maggiore difficoltà nel fare penetrare la miscela fitoiatrica all’interno di masse vegetali molto spesse o all’interno di un grappolo.
Regolazione della portata in funzione della velocità di avanzamento. I moderni gruppi di regolazione DPA permettono di ottenere una distribuzione proporzionale alla velocità di avanzamento mediante l’impiego di centraline elettroniche che, allo scopo di mantenere sempre costante la quantità di liquido erogata per unità di superficie, aumentano opportunamente la pressione all’incrementare della velocità e la diminuiscono quando essa cala. Tali dispositivi, che comunque non intervengono direttamente sul controllo della deriva, sono piuttosto semplici da installare anche su mezzi piuttosto vetusti. A bordo di tali macchine, che sono dotate di semplici sistemi di regolazione a pressione costante, i gruppi DPA contribuiscono a minimizzare gli sprechi ed a limitare fortemente gli inevitabili sovradosaggi dovuti al fatto che all’inizio del filare non si è ancora raggiunta la velocità ottimale. Inoltre, queste centraline elettroniche possono interfacciarsi con eventuali dispositivi di georeferenziazione del trattore per effettuare trattamenti a rateo variabile rispettando le mappe di prescrizione precaricate.
Sensori on-off. Con i metodi convenzionali, all’interno del filare la miscela fitoiatrica viene erogata continuamente, anche in presenza di spazi vuoti lasciati da eventuali espianti. Con l’impiego di particolari sensori è possibile rilevare la presenza di tali spazi, interrompendo temporaneamente il processo di nebulizzazione. Questo compito è comunemente svolto da sensori a ultrasuoni che, oltre a rivelarsi particolarmente adatti per questa applicazione – sono robusti, economici, piuttosto resistenti ai componenti chimici e dotati di classe di protezione IP elevata – consentono di monitorare le distanze. Proprio per questo i sensori on-off trovano infatti proficuo impiego anche per automatizzare la regolazione delle altezze da terra delle macchine dotate di paratie scavallanti. Recentemente, oltre agli ultrasuoni, hanno fatto la loro comparsa sul mercato anche dei Lidar monopiano, che incrementano la precisione nella definizione della forma della chioma ma sono ancora un po’ più costosi. Ad ogni modo, in entrambi i casi, il loro impiego risulta possibile soltanto su macchine già dotate di centraline elettroniche per il controllo delle sezioni.
Sensori, mappe distribuzione a rateo variabile. Lo step successivo è quello che prevede l’impiego di sensori in grado di realizzare in tempo reale (o preventivamente all’effettuazione della distribuzione del prodotto) mappe di prescrizione. Si tratta in questo caso di tecnologie molto promettenti e ancora passibili di un notevole sviluppo, che risultano però piuttosto complicate da installare sulle macchine già in uso nelle aziende, anche se dotate di centraline elettroniche di controllo. Alcune soluzioni di questo tipo sono già state realizzate da diverse start-up ed Università sparse tra Europa e Stati Uniti; tra queste, di particolare interesse appare lo sviluppo di un prototipo di AgroSenseBot, un atomizzatore robotizzato realizzato congiuntamente dall’Università degli Studi e dal Politecnico di Milano, in collaborazione con Caffini e con Tecomec. Si tratta di un atomizzatore cingolato in grado di erogare trattamenti a rateo variabile, modulando sia la portata d’acqua erogata da ogni singolo ugello che la portata d’aria della ventola. Grazie ad una serie di informazioni ridondante e proveniente da diverse tipologie di sensori montati on-board, la macchina riesce a mantenere sempre una copertura ottimale della vegetazione alle differenti altezze e in presenza di diverse quantità di masse vegetate.
Kit Caffini Synthesis. Importanti sono le modifiche necessarie per l’installazione del kit proposto dalla Caffini e sviluppato in collaborazione con il Consorzio di Tutela Prosecco Docg, e con l’Università di Padova. Il kit prevede nuovi ugelli e un nuovo gruppo ventola con convogliatori per regolare il flusso d’aria ottimizzandolo per l’effettuazione dei trattamenti su viti allevate a spalliera, e permette di ottimizzare la distribuzione dei prodotti fitosanitari rispetto a quella effettuabile con i classici atomizzatori con ugelli disposti a raggiera.