Produzione di energia dai residui di potatura
Il confronto tra lo sfruttamento per combustione di residui di potatura di vite e olivo e l’uso del gas naturale in caldaie di piccola taglia mostra risultati contrastanti circa gli impatti ambientali. Per il materiale legnoso sono da considerare attentamente anche le emissioni aggiuntive derivanti dalla presenza di residui dei trattamenti fitosanitari
“Transizione ecologica” e “sviluppo sostenibile” sono definizioni che da qualche tempo sono entrate nel lessico quotidiano di tutti, anche se non sempre ci si rende conto compiutamente del percorso che sottende alla loro attuazione. In campo energetico, un’opportunità interessante sempre maggiormente considerata è quella di generare calore e/o elettricità tramite fonti rinnovabili: anzi, nel tempo si sono praticate colture con finalità espressamente energetiche, che talvolta vacillano sul piano della sostenibilità. Esemplare è il caso di alcuni biocarburanti di prima generazione, come ad esempio il bioetanolo da mais, che non raramente presentava indicatori di efficienza disastrosi, con un EROEI (ovvero l’Energy Return On Energy Invested, un indice che misura il ritorno energetico per unità di energia investita) inferiore all’unità. In altre parole, escludendo l’apporto dell’energia solare, per la produzione di quel combustibile si consumava più energia di quella che poi era possibile ottenere!
A parte il solare e l’eolico, le fonti di energia rinnovabile al momento più interessanti sono rappresentate dalle filiere basate sulla valorizzazione degli scarti e dei rifiuti, che quindi non devono più essere considerati come tali, ma veri e propri sottoprodotti. Non stupisce quindi che tra i vari tipi di biomassa ligno-cellulosica di origine agricola i residui di potatura riscuotano un notevole interesse.
Insieme ad aspetti positivi e ad indubbie opportunità, come la gestione virtuosa di matrici “secondarie” la cui gestione tradizionale rappresenta un costo, la diversificazione del reddito e la riduzione della dipendenza dai combustibili fossili, lo sviluppo delle filiere agroenergetiche basate sulla valorizzazione di questa tipologia di biomassa evidenzia ancora alcune criticità. Spesso la realizzazione di impianti è ostacolata da complicati aspetti normativi e/o dalla mancanza di competenze specifiche, mentre da un punto di vista logistico occorre considerare che i residui di potatura sono tendenzialmente molto dispersi sul territorio e la loro disponibilità è comunque caratterizzata da una spiccata stagionalità. Per valorizzare in modo sostenibile tale matrice occorre quindi organizzare in maniera razionale non solo la raccolta, ma anche lo stoccaggio.
Dal punto di vista tecnico, trattandosi di materiale di piccole dimensioni, in cui la quantità di corteccia rispetto al legno non è trascurabile e in alcuni casi, trattata con fitofarmaci, la combustione può dare origine a un aumento delle emissioni (v. box) e alla fusione delle ceneri in camera di combustione.
I residui di potatura (che hanno una qualità generale medio-bassa, soprattutto a causa del contenuto non trascurabile di inerti e/o ceneri) vengono bruciati prevalentemente in dispositivi di potenza termica inferiore a 150 kW, se destinati a produrre calore per utenze domestiche, oppure in gassificatori o impianti di maggiori dimensioni, per la cogenerazione di elettricità e calore.
Peraltro, negli ultimi anni numerosi studi hanno riguardato la valorizzazione energetica dei residui di potatura dei fruttiferi tramite combustione diretta o gassificazione a partire dal prodotto confezionato in piccole balle cilindriche, oppure dal cippato o ancora dal pellet, con una particolare attenzione ai risultati tecnici ed economici, ma occorre sempre tener conto con la dovuta attenzione anche l’aspetto ambientale che è (e rimane) imprescindibile per una valutazione complessiva della sostenibilità della filiera. Su precedenti numeri di Mondo Macchina sono state analizzate e descritte specifiche esperienze (ad esempio sarmenti di vite per la “trigenerazione” in cantina, messa a punto di cantieri di raccolta per olivo e agrumi, ecc.,) in questo articolo si vuole analizzare l’aspetto ambientale correlato alla generazione di energia termica, confrontando i risultati con quelli della produzione di calore da fonti fossili.
L’impatto ambientale
è stato preso in esame l’impiego dei residui di potatura in una caldaia di piccola potenza (<50 kW) caratterizzata da un rendimento termico dell’85%; nel dettaglio, sono stati considerati sarmenti di vite cippati tramite una trincia-caricatrice, con un Potere Calorifico Inferiore (PCI) di 18 MJ/kg ed un’umidità media alla combustione del 25%, e residui di potatura di olivo imballati e successivamente stoccati per un’essiccazione naturale e infine cippati, con un PCI di 18,7 MJ/kg ed un’umidità media del 15-20%.
I dati sulla generazione di calore da fonte fossile sono stati ricavati dal database Ecoinvent®, considerando il gas naturale, utilizzato in dispositivi di piccola-media potenza (< 100 kW). La valutazione dell’impatto ambientale è stata condotta secondo il metodo di analisi del ciclo di vita (LCA, Life Cycle Assessment). Sono stati analizzati il riscaldamento globale, la formazione di polveri sottili, l’acidificazione del terreno, l’eutrofizzazione delle acque dolci e il consumo di risorse minerali e fossili. Poiché i diversi effetti ambientali sono quantificabili con unità di misura differenti tra loro, il paragone è solitamente effettuato ponendo pari a 100 l’impatto o il beneficio ambientale più alto, con quello (o quelli) a confronto calcolato/i in proporzione.
Il confronto tra le diverse filiere evidenzia notevoli differenze tra l’impatto del calore generato con i residui di potatura e quello derivante dall’impiego di gas naturale. Per il riscaldamento globale e l’assottigliamento dello strato di ozono, i residui legnosi mostrano un impatto inferiore di più dell’80% rispetto al gas; per gli altri impatti, l’uso del gas risulta maggiormente sostenibile, grazie alle minori emissioni durante la combustione, soprattutto di particolato, ossidi di azoto e biossido di zolfo.
Le differenze tra le due soluzioni che prevedono l’impiego dei residui di potatura di vite e di olivo dipendono sostanzialmente dalla quantità di biomassa raccolta, e secondariamente dalle modalità di raccolta.
Lo sfruttamento dei residui di olivo “paga dazio” per la minor quantità disponibile di materiale rispetto a quella del vigneto.
In conclusione, come evidenziato la valorizzazione energetica dei residui di potatura presenta luci e ombre. Da un punto di vista economico, sicuramente rappresenta una opportunità per gli agricoltori che, verificata la sostenibilità, possono diversificare le fonti di reddito vendendo il biocombustibile o valorizzandolo direttamente.
Ambientalmente parlando bisogna però considerare che la loro combustione in dispositivi di piccole dimensioni può dar luogo ad emissioni di inquinanti e a un aumento di alcuni effetti ambientali. La ricerca e l’innovazione stanno mettendo a punto tecniche e tecnologie adeguate a superare questi aspetti.
Le emissioni
Le emissioni rappresentano senza dubbio un punto critico della valorizzazione energetica dei residui di potatura per combustione, soprattutto se per quest’ultima vengono impiegati dispositivi di medio o piccola taglia. Infatti, bruciare biomassa ligno-cellolosica è molto meno semplice che sfruttare il metano.
Il problema delle emissioni è comune sia che si generi calore che elettricità, anche se in quest’ultimo caso si ricorre generalmente a filtri e sistemi di abbattimento, che comunque comportano un considerevole aumento dei costi di investimento per la realizzazione dell’impianto. Tale incremento è di fatto ammissibile solo per impianti di taglia medio-grande, mentre sarebbe senza dubbio più critico in quelli più piccoli, per l’incidenza dei costi di abbattimento delle emissioni, che risulterebbero addirittura preponderanti rispetto al resto dell’impianto.
Ulteriore questione è l’accumulo di residui di prodotti fitosanitari nel legno derivante dalle potature: un interessante studio condotto da ricercatori dell’Università Mediterranea degli Studi di Reggio Calabria e del CREA, pubblicato sulla rivista “Fuel”, ha evidenziato che la combustione di residui di potatura di agrumi e vite, genera maggiori emissioni di NOx (a causa del maggior contenuto in azoto), di quelle del legno di olivo ampiamente entro i limiti delle normative.