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Tecnica

L'interramento dei liquami di origine agricola

È la soluzione ottimale per limitare le perdite di azoto ammoniacale in atmosfera e controllare l'emissione di odori molesti. Oggi possono essere usati sistemi con caratteristiche e usi diversi, con vantaggi sia per lo smaltimento che per la distribuzione dei fertilizzanti

di Domenico Pessina
maggio - giugno 2017 | Back

Le deiezioni zootecniche possono assumere una consistenza quanto mai varia, sostanzialmente in funzione della specie animale considerata, delle modalità di gestione dell’allevamento e delle caratteristiche fisiche della dieta degli animali. In estrema sintesi, si spazia dal letame paglioso tipicamente di origine bovina (peraltro ormai quasi scomparso, per via delle difficoltà di approvvigionamento e dei costi della paglia di cereali), fino al liquame molto diluito, quindi a basso contenuto fertilizzante, spesso di origine suina.

La diffusione dei digestori anaerobici per la produzione di biogas ha comportato inoltre l’esigenza di smaltire elevate quantità del prodotto di risulta del processo, ovvero il digestato, che per ciò che concerne la sua consistenza si pone in una condizione intermedia tra i sottoprodotti organici di origine agricola. Proprio la necessità di gestire correttamente il digestato ha comportato lo sviluppo di tecniche finalizzate ad ottimizzare il suo smaltimento, che prevedono la preventiva separazione delle frazioni solida e liquida, con la messa a punto di una conseguente filiera di meccanizzazione per la distribuzione in campo di entrambe.

Specie per ciò che concerne la componente liquida, l’evoluzione dell’impiantistica prima e del macchinario poi ha conosciuto di recente una notevole accelerazione, orientata in particolare alla riduzione delle emissioni gassose di azoto ammoniacale in atmosfera, causa di perdite di potere nutritivo del prodotto, inquinamento ambientale e produzione di odori molesti per i soggetti residenti in insediamenti abitativi limitrofi agli appezzamenti oggetto della distribuzione.

Tecniche di interramento

Rispetto alle numerose opzioni, più o meno tradizionali, di spandimento superficiale (seguite con modalità quasi sempre immediate da una lavorazione del terreno), l’interramento del liquame già in fase di distribuzione ha rappresentato senza dubbio una svolta efficace per la soluzione dei problemi.  Tralasciando quindi la descrizione delle soluzioni che spargono o depongono in superficie il refluo (e che comportano dispersioni in atmosfera sino all’80% dell’azoto ammoniacale), negli ultimi anni hanno suscitato un notevole interesse quelle che provvedono ad un’immediata incorporazione nel terreno, in modo più o meno profondo, tramite una deposizione o un’iniezione del prodotto liquido in un solco di dimensioni varie. Nello spandimento a solco aperto, le deiezioni liquide vengono depositate in piccole cavità longitudinali di 6-8 cm di profondità, create ad hoc da organi lavoranti a lame o a dischi. La quantità distribuita deve essere ovviamente commisurata alle dimensioni del solco, ovvero alla profondità di lavoro, per evitare che tracimi e rimanga quindi in superficie.

Viceversa nella distribuzione a solco chiuso il refluo viene inizialmente iniettato nel suolo lavorato tramite denti o dischi ad una profondità di circa 12-15 cm, per poi essere immediatamente ricoperto con la medesima terra smossa tramite altri dischi o rulli, in modo da limitare al minimo l’emissione di ammoniaca e la produzione di odore. In tal modo, possono essere conferite significative quantità di prodotto, grazie alla lavorazione più energica del terreno. Nell’iniezione profonda sono invece impiegate delle ancore che creano delle fessure per una profondità maggiore di 30 cm, sul fondo delle quali appositi tubi adduttori provvedono a scaricare il liquame. Le perdite gassose sono molto limitate, ma tali attrezzature  comportano una notevole modifica della struttura dello strato superficiale del terreno, risultando peraltro piuttosto onerose in termini di richiesta di trazione e limitate per ciò che concerne la capacità operativa.

L’influenza sulle emissioni

A prescindere dalla tecnica adottata, la volatilizzazione dell’ammoniaca in fase di distribuzione dei liquami zootecnici è senza dubbio condizionata da diversi fattori al contorno, ovvero la natura e le peculiarità tecniche del refluo, le condizioni climatiche e del terreno, la quantità di residui colturali o di vegetazione presenti sul suolo al momento dell’intervento. Le perdite di azoto ammoniacale in atmosfera si riducono proporzionalmente alla durata dell’esposizione all’aria del liquame. In altre parole, più la deposizione è profonda, e minore sarà la dispersione. Tuttavia, la selezione delle modalità di distribuzione più opportune deve essere basata anche su altri fattori, come ad esempio la presenza o meno della coltura da fertilizzare.

La meccanizzazione

In questo contesto, si è assistito ad una doppia evoluzione, che ha senza dubbio interessato i tradizionali carri spandiliquame, per i quali sono stati resi disponibili moduli per l’interramento dei reflui, ma che ha anche visto la comparsa di modelli espressamente dedicati, quasi sempre di tipo semovente e di elevata capacità lavorativa.

Spandiliquame trainati

In questo caso, i dispositivi per la distribuzione tradizionale (a piatto deviatore, a getto, ecc.) sono stati sostituiti con attrezzature per l’interramento del refluo.

Per ottimizzare la routine di distribuzione, è particolarmente importante poter disporre di pompe ad alta capacità, in grado di ridurre al minimo possibile i tempi di carico del liquame. Ad esempio, già sul modello trainato monoasse con cisterna da 5000 l con due interratori  ad ancora, la Vendrame di Silea (TV) monta una pompa da ben 8500 l/min di portata, raffreddata a liquido, con un braccio pescante laterale Ø 150 mm.

La Vaia di Calvisano (BS) propone un’articolata gamma di interratori, sia ad ancore che a dischi, sia dentati che lisci. In particolare, i dischi effettuano tipicamente una lavorazione più fine dello strato superficiale del terreno, permettendo quindi una distribuzione maggiormente omogenea del refluo. Nel dettaglio, la “dischiera” di Vaia prevede 14 dischi dentati con 13 tubi adduttori, per una larghezza di lavoro totale di 4 m. In alternativa, c’è una barra a coppie di dischi lisci divergenti montata su sollevatore idraulico a 4 punti, da 2,5 m. Interessante è la disponibilità di una videocamera posteriore a raggi infrarossi per il controllo della distribuzione, sia in caso di interramento che di deposizione superficiale.

Spandiliquame semoventi

L’esigenza di aumentare la capacità operativa degli spandiliquame, dettata anche dagli intervalli temporali utili alla distribuzione in campo spesso ristretti per legge, ha da tempo portato alla comparsa sul mercato di modelli semoventi, dotati di cisterne molto capienti e di pompe estremamente performanti, proprio per limitare al minimo i tempi accessori della routine operativa. Accanto a modelli stranieri di successo, come ad esempio lo Xerion di Claas e il Challenger TerraGator di AGCO, a livello nazionale ha suscitato molto interesse il Talpa, commercializzato dal gruppo Maschio Gaspardo di Campodarsego (PD), con il marchio Unigreen. Si tratta appunto di uno spandiliquame semovente ad alta capacità, dotato di un serbatoio per il refluo in acciaio inox da 12.000 l e pompa a lobi da 6000 l/min, e di diverse soluzioni per la distribuzione del prodotto sia su terreno nudo che a coltura in atto. L’elevata luce libera da terra (1,65 m), nonché la carreggiata regolabile idraulicamente, permettono al Talpa di applicare digestati e liquami durante l’intera fase di levata della coltura, proprio quando si evidenzia la massima efficienza di assorbimento radicale, in modo da sfruttare al meglio i nutrienti resi disponibili. Il dispositivo di interramento si avvale di un parallelogramma articolato con molla di carico registrabile, cui fa da riscontro una ruota dentata di appoggio di grande diametro che pratica un solco nell’interfila, in modo da favorire la penetrazione della ancora interratrice e la deposizione del liquame. Una coppia di dischi posteriori convergenti a profilo bombato provvedono a chiudere il solco, evitando dispersioni di ammoniaca in atmosfera.  Maschio Gaspardo prevede inoltre diverse opzioni di distribuzione, con l’offerta di uno speciale sollevatore posteriore con attacco a 3 punti, per l’accoppiamento di un erpice a disco o un coltivatore ad ancore, per effettuare distribuzioni autunnali o interventi pre-semina primaverili. Per ciò che concerne l’aspetto automotive, sul Talpa sono previste parecchie dotazioni per rendere il veicolo maneggevole e confortevole: a partire dal motore da 250 CV, la trazione è completamente idrostatica su tutte le 6 ruote, mentre la manovrabilità è assicurata grazie alla combinazione dell’articolazione a ralla tra corpo anteriore e posteriore della macchina e il terzo asse posteriore sterzante. La cabina (di tipo ROPS) è pressurizzata e dotata di filtro a carboni attivi, ed è completata con un monitor per la miglior gestione della routine di distribuzione. Inoltre, l’accesso al posto di guida è facilitato tramite una pedana ad ascensore.

I sistemi ombelicali

L’interramento di una rete di tubazioni dedicate in esclusiva al trasporto del liquame è una soluzione nota da tempo, che accanto ad indubbi vantaggi, quali la riduzione dei tempi di distribuzione e del compattamento del terreno provocato dal passaggio in campo di pesanti mezzi, evidenzia comunque alcune criticità, rappresentate da una limitazione della distanza di trasporto sotterraneo del prodotto, che comporta la necessità di poter disporre di appezzamenti limitrofi al centro aziendale, a meno di installare in loco vasche supplementari con funzione “polmone”. La soluzione ombelicale maggiormente vantaggiosa è comunque quella che prevede l’impiego dei cosiddetti “rotoloni”, ovvero di irrigatori semoventi a manichetta con tubazione flessibile, completati da un carrello mobile dotato dei dispositivi di distribuzione. Per mezzo di una pompa, dalla vasca di stoccaggio il liquame viene convogliato in una tubazione sotterranea fissa in polietilene, dotata di apposite prese di uscita in corrispondenza degli appezzamenti, a cui si collega il tubo del rotolone, che sarà fissato al ripuntatore all’estremità opposta, trainato dal il trattore. Il liquame viene così iniettato in continuo ad una profondità di 20-30 cm, con la  ancore solitamente distanziate tra loro di 30-40 cm, con una portata sino a 200 m³/h, ma con un impatto ambientale nullo. Tra l’altro, la medesima configurazione può essere sfruttata anche per l’irrigazione tradizionale e la fertirrigazione.

Concimare irrigando

La distribuzione delle deiezioni attraverso l’irrigatore non è certo una novità, e non è nemmeno tra le migliori pratiche possibili, a causa del rilascio in atmosfera della componente azotata e dell’imbrattamento delle colture con il refluo.

Per limitare questi problemi ora una delle soluzioni praticabili è quella di diluire il liquame in acqua, ad una concentrazione massima del 10%. Un’ulteriore opzione, ancora allo studio, sarebbe quella di distribuire contestualmente a pioggia il liquame e l’acqua, ma con due getti separati: in tal modo, l’acqua (soprastante) dilaverebbe il liquame (sottostante) dalle piante, risolvendo il problema dell’imbrattamento, e  abbatterebbe immediatamente a terra il prodotto, limitando efficacemente la dispersione in atmosfera di azoto ammoniacale.

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