L'agricoltura in Argentina, una sfida tecnologica
Il settore primario ha un ruolo fondamentale nell’economia del Paese, anche se una parte cospicua dell’immenso territorio non ha le condizioni pedoclimatiche propizie per la coltivazione. Tecnologie innovative, come quelle relative all’agricoltura di precisione, stanno trovando progressivamente spazio, e la domanda di macchinario agricolo è potenzialmente molto elevata, anche con riferimento a colture specializzate e a prodotti ortofrutticoli
L’immagine che viene alla mente quando si pensa all’Argentina è quella di grandi distese coltivate o di allevamenti con migliaia di capi di bestiame. Questo scenario, raccontato dai tanti europei che nel secolo scorso sono andati a popolare quel Paese e lo hanno fatto grande, corrisponde in buona parte alla realtà di oggi, ma va integrata con le difficoltà economiche che il Paese ha attraversato a più riprese negli ultimi decenni e che hanno portato a diversi cambiamenti di rotta nel panorama politico.
In termini economici, comunque, l’agricoltura rimane centrale, insieme alla pesca, dato che risulta coltivabile il 53% dei quasi 3 milioni di km quadrati di territorio e la filiera agro-alimentare, nel suo complesso, contribuisce a circa il 30% del Pil del Paese. Un altro 30% è dovuto all’industria, che si è sviluppata a un ritmo maggiore negli ultimi anni, e nella parte restante sono significative le risorse naturali (cave, miniere ed energia).
Nonostante la grossa presenza di spagnoli e di italiani, che porta a un fortissimo legame culturale con l’Europa, gli scambi commerciali dell’Argentina sono più intensi con altre aree geografiche. In primo luogo, il Mercosur, l’area di libero scambio che stanno costruendo i principali Paesi del Sud America, e in primo luogo il Brasile, partner storico.
Ma l’altro partner commerciale più significativo risulta la Cina, nonostante le distanze sia geografiche che culturali.
Quello che è diventato il gigante mondiale del commercio riesce ad esportare in Argentina più del doppio di quanto importi. I volumi della Cina sono paragonabili a quelli degli Usa e di tutta l’area Nafta (Usa, Canada e Messico) dove però l’Argentina riesce anche a bilanciare in parte con le esportazioni.
Considerando i primi tre partner commerciali, il Brasile è l’unico con il quale il saldo dell’Argentina risulta attivo, mentre con Cina e Usa, importa più di quanto esporti.
L’Unione europea, quindi, arriva al quarto posto e negli ultimi anni si è registrato anche un calo degli scambi: a dicembre del 2018 è risultato il 9% in meno di esportazioni verso l’Europa e il 21,7% in meno di importazioni. Le manifatture di origine agricola sono state le uniche a non perdere terreno. La metà dei prodotti esportati sono: farina e pellets derivati dall’olio di soia, biodiesel, carne bovina, gamberi e altri crostacei.
Nella classifica tra i vari Paesi dell’Unione, risultano in testa i Paesi Bassi, seguiti dall’Italia, la Spagna, il Regno Unito, la Germania e la Polonia. Ma bisogna considerare che la prima posizione è dovuta al porto di Rotterdam, che è in realtà solo l’ingresso principale delle merci che poi vengono smistate verso gli altri Paesi. Se si avesse notizia di dove vanno a finire realmente, probabilmente la classifica cambierebbe molto.
Per quel che riguarda, invece, le importazioni dall’Ue, il 70% dei volumi si concentra in cinque Paesi che, nell’ordine, sono Germania, Italia, Spagna, Francia e Regno Unito. Si tratta, com’è facile immaginare, di prodotti tecnologici, compresi reattori nucleari e caldaie. Interessante il settore dei prodotti farmaceutici, la cui domanda risulta in crescita in Argentina.
Agricoltura
Anche se l’agricoltura argentina continua a essere caratterizzata dalle grandi estensioni e da sistemi di coltivazione tradizionali, da diversi anni si stanno sviluppando sistemi più tecnologici come l’agricoltura di precisione, la mappatura radar del suolo, l’uso di droni. Le aziende agricole hanno anche iniziato ad aggiornare i canali commerciali utilizzando le varie forme di commercio elettronico. Nel suo complesso, però, il settore è ancora caratterizzato da un basso livello di meccanizzazione. E, parallelamente, si registra una carenza di manodopera rurale, soprattutto specializzata. Il che costituisce un ulteriore ostacolo allo sviluppo e all’ammodernamento delle imprese agricole.
Le caratteristiche del terreno, e quindi delle vocazioni colturali, variano moltissimo perché passando dal nord al sud del Paese si incontrano condizioni climatiche diversissime che difficilmente si ritrovano, tutte insieme, nel territorio di un’unica nazione. Dal punto di vista agronomico, quindi, si considerano tre macroaree: zona temperata, zona subtropicale e infine zona arida, che rappresenta tre quarti dell’intero territorio argentino.
I grandi volumi sono realizzati, senza alcun dubbio, dai cereali, seguiti dalle colture oleose. Si parla di produzioni dieci volte superiori al fabbisogno interno. Entrando nello specifico, le principali colture sono nell’ordine: soia, grano, mais, girasole, sorgo e riso. E per i cereali si prevede un ulteriore aumento della superficie coltivata.
Il peso maggiore nelle esportazioni è dato dagli oleosi, con in testa girasole e soia.
Nonostante abbia numeri decisamente modesti, il settore dell’orticoltura cattura l’interesse di imprese ed economisti. Occupa meno del 2% dei terreni coltivati e la quasi totalità della produzione (93%) è destinata al mercato interno; ma da diversi anni registra un trend di crescita continua, e stimola l’innovazione tecnologica per potere risultare competitivo sui mercati internazionali.
Insieme alla frutticoltura, che però risulta molto più sviluppata in termini di volumi, può risultare strategica per l’export e più interessante per i fornitori di tecnologia per l’agricoltura, dato che queste colture riescono ad aumentare qualità e redditività grazie a una meccanizzazione molto specializzata. Inoltre, la produzione di frutta alimenta l’industria della trasformazione, in crescita costante negli ultimi anni. Già adesso, l’Argentina risulta essere il primo produttore mondiale di limoni e il secondo esportatore di limoni e pere. Inoltre, da alcuni anni è presente sul mercato mondiale come produttore di mirtilli, ciliegie e uva, mentre la vite è una delle colture più diffuse nelle zone aride.
Meccanizzazione agricola
Nonostante le aziende agricole argentine siano poco meccanizzate, se messe a confronto con altri Paesi industrializzati, esistono oltre 850 imprese che costruiscono attrezzature e componenti per macchine agricole, con una forza lavoro di circa 40 mila persone, tra dipendenti diretti e indotto. Sono presenti soprattutto nelle aree interne del Paese, dove invece sono molto pochi gli insediamenti di industria manifatturiera degli altri settori.
Queste, però, sono le aree dedicate maggiormente alle coltivazioni. Ovvero, i destinatari delle soluzioni che le attrezzature agricole devono proporre. La quasi totalità delle industrie di macchine agricole, oltre il 95%, è concentrata in tre delle 23 provincie: Santa Fe, Córdoba e Buenos Aires. Non esistono modelli produttivi dominanti e la gamma di prodotti realizzati dalle varie aziende è estremamente eterogenea, con l’eccezione dei produttori di trattori e mietitrebbiatrici che si adeguano agli standard delle multinazionali presenti in Argentina con delle proprie filiali.
Le prime cinque aziende presenti con propri insediamenti produttivi sono John Deere (Usa), Case New Holland (Paesi Bassi), Claas (Germania), Agco (USA) e Vassalli Fabril (Argentina).
Alcune aziende di piccole dimensioni hanno, comunque, guadagnato delle posizioni di vantaggio nella ricerca tecnologica. Se oggi l’Argentina è conosciuta anche come produttore di alimenti tracciati lo si deve alle soluzioni elaborate anche da alcune aziende locali di elettronica, robotica e nanotecnologie. È anche il secondo Paese, dopo gli Stati Uniti, per l’agricoltura di precisione. Inoltre, esporta componenti agricole ad alta complessità destinate a funzioni molto specializzate, come l’autoguida, il dosaggio variabile di sementi e fertilizzanti, il monitoraggio di rendimento del grano, l’analisi della qualità del grano nelle raccoglitrici, la connessione alla macchina tramite web eccetera.
Non ci sono dubbi che le importazioni di macchine agricole e componentistica siano superiori alle esportazioni, che però registrano un trend in crescita. Nel 2017 il valore si aggirava intorno ai 64 milioni di dollari. Ma da un anno all’altro si registrano oscillazioni significative dovute ai frequenti cambiamenti di rotta nell’ambito delle politiche finanziarie.
Le importazioni, che nel 2018 hanno raggiunto un valore di circa 700 milioni (-36% sul 2017), riguardano soprattutto mietitrebbie e trattori.
Ma di recente si è visto un aumento dell’import di irroratrici e seminatrici semoventi, per le quali l’Argentina vanta dei primati riconosciuti a livello mondiale. Anche in questo caso, però, il fenomeno si spiega con ragioni di tipo finanziario: aumento dei costi interni e continua rivalutazione dei tassi di cambio. Oltre la metà delle attrezzature agricole importate provengono da Cina e Brasile. L’Italia incide in una misura che oscilla tra il 2 e il 3% sul totale dell’import di macchine agricole. Nell’arco di dieci anni si è registrata una crescita che ha portato i 10 milioni di euro del 2008 ai 27,5 milioni del 2018. Un valore molto superiore a quanto, invece, l’Italia ha importato dall’Argentina, che è andato decrescendo (dopo un picco anomalo tra il 2009 e il 2010) da 998 milioni del 2008 ai 241 del 2018.