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Corea del Sud, i trend demografici un "incentivo" alla meccanizzazione

L’invecchiamento della popolazione rurale e la carenza di manodopera possono stimolare gli investimenti in macchinari agricoli. Premiate le classi di potenza più alte. Il mercato sudcoreano tra produttori nazionali e costruttori esteri: l’Italia quarto fornitore del Paese

di Giovanni M. Losavio
gennaio-febbraio 2025 | Back

L'inverno demografico “morde” anche in Corea del Sud. Lo scorso giugno il presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol, attualmente sotto inchiesta per le vicende relative al fallito golpe di dicembre, aveva dichiarato l’emergenza nazionale per contrastare la crisi di natalità che sta causando un rapido invecchiamento della popolazione. Nel 2023, stando alle rilevazioni ONU, più del 58% dei coreani – 30,4 milioni su 51,7 milioni – risultava avere un’età superiore ai quarant’anni, con gli ultracinquantacinquenni che rappresentavano circa il 35% del totale. Senza una decisa e brusca inversione di tendenza, stima sempre l’ONU, nei prossimi trent’anni il numero dei coreani dovrebbe ridursi del 13%, calando a poco più di 41 milioni entro il 2050. Sull’invecchiamento della popolazione pesa non soltanto l’incremento della speranza di vita, una delle più alte al mondo con 83 anni, ma pesa il crollo del tasso di fecondità, vale a dire il numero medio di figli per donna. Nel 2023, riferisce l’agenzia di stampa Nova, l’indice è precipitato a 0,7%, scendendo ben al di sotto di quel valore soglia – 2,1% – necessario a garantire l’equilibrio demografico. Le dinamiche relative all’andamento della popolazione, specie quando sono così significative, non restano confinate all’ambito demografico ma finiscono inevitabilmente per riverberarsi sulla sfera economica e produttiva. A subirne le conseguenze è, in particolare, il settore primario. Secondo un rapporto realizzato dalla società IBI per FederUnacoma, nel 2023 la popolazione rurale si era ridotta a poco più di 2 milioni di persone, la maggioranza delle quali (il 52,8%) ultrasessantacinquenni. Il dato è ancora più significativo se si considera che, nonostante le politiche di sostegno alla meccanizzazione promosse dal governo coreano a partire dal 1972, il comparto agricolo si caratterizza ancora oggi per essere un comparto “labour intensive”. Nei prossimi anni, ma questo in parte sta avvenendo anche oggi, la Corea del Sud si troverà dunque a gestire una importante problematica relativa alla carenza di manodopera agricola.

Meccanizzazione a due velocità. Oggi il parco macchine del Paese asiatico è composto da circa due milioni di unità. Agli oltre 520 mila motocoltivatori, si aggiungono 312 mila trattrici, 171 mila trapiantatrici da riso, circa 73 mila mietitrebbiatrici e 64 mila seminatrici. Nei passati decenni il tasso di meccanizzazione, come detto, è incrementato in misura significativa, tuttavia – avverte lo studio realizzato da IBI – ci sono differenze significative tra le coltivazioni in risaia e quelle in campo. Se per le prime il processo di meccanizzazione può considerarsi completato ad un livello soddisfacente, con la sola eccezione delle macchine per il diserbo, per le seconde invece tale processo procede a rilento. Il gap riguarda soprattutto le macchine per la semina e il trapianto, nonché i mezzi per la raccolta. Le cause di questa “meccanizzazione a due velocità”, soddisfacente per le risaie ma non per colture da campo, sono da individuare in primo luogo nella prevalenza di terreni montuosi e collinari e nella ridotta dimensione delle aziende agricole che di certo non agevola gli investimenti in tecnologie, ma anche in una eccessiva diversificazione colturale che offre rese insufficienti a sostenere i redditi agricoli. A questi fattori bisogna poi aggiungere la costante perdita di terreni agricoli, riconvertiti ad uso industriale o residenziale, oppure trasformati in centri logistici. Tra il 1990 e il 2023 la superficie coltivata si è ridotta del 28% perdendo complessivamente circa 600 mila ettari, sottratti soprattutto alle coltivazioni da campo (-43%). In calo, sia pure più contenuto (-10%), sono risultati anche gli ettari coltivati a riso; un fenomeno che il rapporto IBI attribuisce al cambiamento delle abitudini alimentari in Sud Corea.

Vincono le alte potenze. Un altro elemento di freno alla meccanizzazione è rappresentato dall’invecchiamento della popolazione rurale, meno propensa ad investire in innovazione e nella formazione necessaria per familiarizzare con i macchinari next gen. Tuttavia, se considerato da una diversa prospettiva, questo fenomeno può rappresentare anche un volano per la meccanizzazione. Il progressivo declino della popolazione rurale e la conseguente carenza di manodopera umana creano infatti le condizioni per un più ampio ricorso alle macchine agricole, specie a quelle di maggior potenza. Il trend sarà evidente soprattutto nel medio e lungo periodo, ma già oggi – si legge nello studio commissionato da FederUnacoma – si assiste ad una crescita della domanda di macchinari heavy duty, in grado svolgere lavorazioni complesse in modo più efficiente e con un minore contributo dell’uomo. Nel 2022 le vendite di macchinari agricoli si sono concentrate prevalentemente su sette tipologie di macchine – tra cui: trattori (23%), mietitrebbiatrici (7%), trapiantatrici per riso (5%), motozappe (3%), sprayer (2%) – che insieme rappresentano il 40% del mercato. Le case costruttrici coreane sono leader nella produzione e nella vendita di trattori, mentre le importazioni soddisfano una quota significativa della domanda di mietitrebbiatrici e trapiantatrici, e di macchine ad alta potenza. Il trend dei quattro anni compresi tra il 2018 e il 2022 mostra peraltro un incremento degli approvvigionamenti dall’estero non soltanto per queste due tipologie di mezzi ma anche per le trattrici. In valore, le importazioni sono cresciute dai 904 milioni di dollari del 2019 al miliardo del 2023, segnando +14%.

Partner commerciali, l’Italia sfiora il podio. Stando alle rilevazioni della ricerca IBI, la quota maggioritaria della domanda estera di tecnologie agricole viene soddisfatta dal Giappone (34%), che in Corea del Sud esporta mietitrebbiatrici, trapiantatrici e trattori di media potenza. Subito dietro – con il 23% – si posiziona la Cina, che ai coreani fornisce soprattutto componenti e attrezzature agricole di piccole dimensioni. Seguono, più staccate, la Germania e l’Italia – rispettivamente 12% e 6% – mentre tra i “top exporter” gli Stati Uniti occupano una posizione più defilata con il 3%. I costruttori europei – si legge nel report – si sono specializzati soprattutto nei segmenti delle presse e delle trattrici ad alte prestazioni. Un segmento, quest’ultimo, che in Corea del Sud appare destinato ad una robusta crescita, anche in considerazione della già citata carenza di manodopera. Le industrie italiane, che figurano appunto al quarto posto tra i fornitori del Paese asiatico, provvedono in particolare all’approvvigionamento di motori (l’Italia è leader di mercato tra i produttori esteri), trattrici con potenze comprese tra 75 e 130 kW, presse, carrelli elevatori cingolati e coltivatori.

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