BCS: competitivi in un mercato complesso
Si è tenuta presso la sede di Abbiategrasso la conferenza di presentazione dei dati economici e delle attività del Gruppo. Fatturato in crescita grazie ad una strategia che punta alla diversificazione dell'offerta e all'ampliamento dei mercati. Le risorse umane un elemento cardine della filosofia aziendale
Una tenuta complessiva, con un aumento di qualche punto percentuale del fatturato e tante novità per rilanciare l’azienda, nonostante una crisi che negli ultimi anni ha interessato varie regioni del mondo. Questo, per dirla in poche parole, il bilancio presentato alla stampa ad Abbiategrasso il 3 novembre scorso dal Gruppo BCS, azienda familiare che ha assunto le dimensioni di una multinazionale ma mantiene il quartier generale ad Abbiategrasso dove nel 1943 Luigi Castoldi fondò BCS spa, capostipite dell’attuale gruppo. Rispetto ad allora, si sono aggiunti altri marchi, ovvero Ferrari, Pasquali, Ma.Tra. e Mosa, e altri stabilimenti, Luzzara e Cusago.
I dati numerici, ovviamente, vanno poi inquadrati in un contesto più complesso, per scoprire che l’incremento del 4,69% sul fatturato realizzato tra il 1° settembre 2014 e il 30 agosto 2015 è frutto di un +5,31% del comparto agro-verde e di un +2,11% del comparto energia. Che l’export complessivo ha registrato un calo dello 0,5% ma il settore agro-verde è cresciuto dello 0,5%. Che le vendite in Italia sono cresciute del 6% ma hanno subito dei contraccolpi in Germania, Portogallo, Olanda e Russia. Insomma, un quadro d’insieme molto articolato, anche in virtù di una strategia di differenziazione della produzione, con il risultato di cogliere le varie opportunità che si presentano ma anche con il vantaggio di distribuire il rischio su mercati diversi, come tipologia e come geografia.
Entrando nello specifico dei prodotti, i brand del comparto agro-verde nel suo complesso vedono il 47% del fatturato prodotto dai trattori, il 44% dai monoasse, il 5% dalle attrezzature per la fienagione e il rimanente 4% dalle macchine per la manutenzione del verde. Quest’ultima percentuale è forse la più significativa, anche se non rilevante come cifre assolute, perché rappresenta una crescita del 106% rispetto all’anno precedente. Viceversa, è consistente la crescita dei trattori dei monoasse con valori percentuali inferiori, rispettivamente +6% e +7%, ma su cifre assolute ben più consistenti. Unico segno meno va segnato sulle macchine da fienagione, che hanno perso il 28%.
Articolata anche la visione dell’immediato futuro, proprio perché bisogna tenere conto delle differenze che mostrano le situazioni economiche e politiche delle diverse aree nelle quali il gruppo è presente. Se l’Iran può rappresentare, con la revoca dell’embargo, un’opportunità di business, visto che BCS ha mantenuto con i dealer locali dei rapporti di reciproca fiducia, non si vedono schiarite su Paesi europei come Slovenia, Finlandia e Grecia, e su Turchia, Cina e Algeria, guardando al resto del mondo. In ogni caso, le stime di crescita del Pil mondiale parlano di un ritmo molto più lento di quanto si era ipotizzato negli scorsi anni: per il 2016 si dovrebbe rimanere intorno al 3,6%. «Una situazione alla quale si può rispondere solo con investimenti in ricerca e sviluppo – dicono alla BCS – che però devono trovare un riscontro nelle riforme strutturali, soprattutto sul manifatturiero come motore dello sviluppo». Con cautela, quindi, BCS prevede qualche ulteriore crescita anche nel mercato interno e vede segnali positivi anche nel resto d’Europa. Aspettative positive da Canada e Usa, dove al cambio favorevole per le nostre esportazioni, si aggiunge il fatto che l’azienda comincerà ad esportare anche trattori, oltre ai monoassi con i quali è già presente da tempo. Meno chiara la situazione in Sud America, dove pure BCS ha investito con una filiale aperta da poco in Brasile. Segnali decisamente positivi dall’India, dove è attiva un’altra filiale, e dai Paesi limitrofi, nonché dalla Cina dove si può prevedere un aumento del fatturato.
Una prospettiva, quindi, complessivamente positiva, ma i cui esiti sono legati a fattori molto diversi che non dipendono solo dalle iniziative imprenditoriali. Come quelli relativi alle riforme economiche in Italia, o alle condizioni politiche nei Paesi in via di sviluppo. Da parte dell’azienda sarà determinante la capacità di adattarsi rapidamente alle situazioni, per esempio sviluppando prodotti adeguati alle realtà specifiche di un Paese.
Alla base di tutto, comunque, c’è la scelta di mantenere la base produttiva in Italia, dove l’azienda conta 700 dipendenti, a cui si aggiungono quelli delle sette filiali estere. In qualche caso, come in India, le prospettive di sviluppo e le condizioni socio-economiche hanno giustificato anche l’insediamento di una unità produttiva, che realizza alcuni modelli destinati al mercato locale.
«Le persone che lavorano con noi sono il vero patrimonio dell’azienda – dice Fabrizio Castoldi, presidente della società – perché sono spesso i figli di chi lavorava nell’azienda fondata da mio padre Luigi, e amano quello che fanno. Si può dire che questo lavoro, ormai, ce l’hanno nel dna. È per questo che non delocalizziamo, nonostante le condizioni favorevoli che sicuramente ci sono in moltissimi altri Paesi, soprattutto vista la complessità e l’onerosità del sistema italiano, che riguarda non solo una pressione fiscale tra le più alte, ma soprattutto una burocrazia irragionevole che comporta costi che non si possono nemmeno preventivare».
Il clima complessivo in azienda sembra, infatti, positivo e le relazioni sindacali, quindi anche le rivendicazioni contrattuali, sembrano essere basate su quello che si definisce “un dialogo costruttivo”. Per confermare queste affermazioni, all’incontro con la stampa di quest’anno sono stati invitati anche i rappresentanti sindacali, ai quali è stata data la parola nel corso della conferenza a conferma di uno stile aziendale basato sul senso d’appartenenza e sulla partecipazione.