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Bioenergia

Agripellet in Puglia: valorizzare le biomasse residuali

Utilizzare i residui è una buona pratica radicata nella cultura agricola e oggi rilanciata come strategia di sviluppo per un'economia circolare. Le operazioni di potatura delle colture arboree generano ingenti quantitativi di biomassa che possono trovare un utile impiego nella produzione di "energia rinnovabile". La movimentazione delle biomasse residuali deve avvenire con costi contenuti e garantire adeguati livelli qualitativi dei materiali raccolti. A tal fine è molto importante organizzare bene la filiera facendo ricorso al know how acquisito e ad una meccanizzazione all'avanguardia. L'esperienza pilota dell'azienda foggiana Agritoppi, realizzata in collaborazione con l'azienda Nobili

di Matteo Monni
febbraio - marzo 2018 | Back

Storicamente il nostro Paese ha fronteggiato con grande ingegno e fatica la fisiologica carenza di risorse interne rispetto ai fabbisogni di una popolazione consistente. Per le esigenze alimentari siamo riusciti a rendere produttiva la terra anche in contesti molto complicati da coltivare e con rese decisamente contenute. Anche per queste ragioni la cultura contadina ha nel tempo affinato la capacità di valorizzare al massimo qualunque prodotto della terra; evitando gli sprechi e trovando il modo di riutilizzare efficacemente qualunque scarto generato nei più disparati cicli produttivi. In poche parole, molto prima delle spinte ambientaliste, abbiamo – per forza di cose – imparato a condurre degli stili di vita morigerati e sostenibili. Questo ha richiesto a lungo molta fatica fisica, intelligenza e non poche rinunce. Oggi grazie al progresso scientifico e tecnologico si possono riprendere le abitudini di una volta con molti meno sforzi e maggiori vantaggi. Gli orientamenti verso l’economia circolare, caldeggiati da Bruxelles,non sono altro che una visione strategica e altamente tecnologica di quanto sapevamo già fare – con molti meno strumenti – prima del consumismo. Per esempio, nel settore agricolo, una maggiore attenzione alla valorizzazione delle biomasse residuali derivanti dalle potature delle colture arboree potrebbe creare opportunità di reddito interessanti nel campo della bioenergia. In assenza di filiere ben strutturate, molte di queste biomasse vengono ancora oggi bruciate in campo contravvenendo alle norme vigenti sulla sicurezza e il controllo delle emissioni in atmosfera. Se ci dovessimo concentrare unicamente sulle potature di uliveti e vigneti il potenziale di risorse disponibili stimate risulta essere su scala nazionale di oltre 2,6 milioni di tonnellate annue, rispettivamente 1,5 di legno di ulivo e 1,2 di sarmenti di vite. Questi dati sono il frutto di uno studio di qualche anno fa condotto da Itabia e FederUnacoma nell’ambito del Progetto Biomasse Enama del Mipaaf. Un progetto finalizzato a stimolare l’attivazione di filiere agroenergetiche, sia attraverso il finanziamento di impianti di conversione energetica innovativi, sia fornendo strumenti conoscitivi per facilitare l’approvvigionamento di risorse biogeniche locali. Sempre da questo studio, in merito alla disponibilità di tali biomasse, la Puglia si attesta tra le Regioni d’Italia maggiormente vocate.

Infatti, nelle 5 province pugliesi, dalla cura di uliveti e vigneti si ottengono ogni anno circa 700.000 tonnellate di potature (più del 25% del quantitativo stimato a livello nazionale). Stiamo quindi parlando di un vero e proprio giacimento di risorse rinnovabili pronto per essere valorizzato al meglio.

Per passare dalla teoria alla pratica occorre che qualcuno, anche con un po’ di spirito pioneristico, si impegni per attivare iniziative di successo creando dei modelli facilmente replicabili in innumerevoli contesti analoghi.

Questo è il caso dell’Azienda Agritoppi di Lucera (FG) presso cui si è tenuta, lo scorso 6 febbraio, una giornata dimostrativa su come l’agroenergia possa diventare un punto di forza di un’impresa agricola, integrando nuove attività produttive a quelle tradizionalmente svolte. L’evento, a cui ha preso parte un gran numero di agricoltori locali, è stato organizzato nell’ambito del progetto europeo H2020 ‘uP_running’ con il supporto dell’Università di Foggia – Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell’Ambiente (Socio di Itabia) e del DARe – Distretto Agroalimentare Regionale. Attraverso le relazioni di Massimo Monteleone (Univ. Foggia), di Antonio Baselice (il giovane imprenditore che gestisce l’azienda) e di Paolo Truda (ditta Nobili) sono state fornite – ad una platea molto interessata – tutte le informazioni utili (frutto di esperienze dirette) per comprendere come è stata organizzata la filiera agro-energetica e la fattibilità della stessa. In seguito,  con una visita in campo, è avvenuta la dimostrazione di tutte le differenti fasi che caratterizzano la produzione di agripellet. I presenti hanno potuto vedere all’opera le varie tecnologie impiegate in questa filiera (macchine e impianti) a partire dalla meccanizzazione agricola per raccolta dei residui – effettuata con un’efficiente macchina trincia caricatrice della Nobili (vedi box) – passando alla successiva trasformazione in agripellet (400 kg/ora) della biomassa sminuzzata, fino alla combustione finale avvenuta in una stufa di tipo domestico.

Antonio Baselice, laureato in Scienze Agrarie presso l’Università di Foggia, ha concretizzato le conoscenze acquisite con la sua tesi di laurea sulla “Valutazione economica dei residui agricoli destinati alla produzione di bioenergia”. Oggi, grazie alla sua gestione aperta all’innovazione, l’azienda di famiglia si è potenziata diventando multifunzionale. L’attivazione di una promettente filiera dell’agripellet ha richiesto anche l’acquisto di specifiche macchine agricole di ultima generazione per operare – da contoterzisti – la raccolta delle potature negli uliveti, vigneti e frutteti in generale delle aziende limitrofe. Queste ultime hanno molto apprezzato l’opportunità di poter cedere a terzi le loro biomasse residuali evitandosi i costi (lavoro e carburante) legati alla loro gestione.


L’azienda Nobili

La Ditta Nobili – fondata nel 1945 per la produzione di pompe a membrane – dalla fine degli anni sessanta ha messo in produzione la sua prima trincia arrivando a disporre oggi di oltre 100 modelli di tali macchine. Tra queste ne ha sviluppato diverse altamente efficaci per il recupero delle potature di colture arboree per un loro impiego di tipo energetico. A tal fine – come sperimentato dall’Azienda agricola Agritoppi – dalla Nobili è stato ideato e brevettato un “raccogli tralci”. Si tratta di un kit che si fissa sul telaio della trincia semiportata TRP (con diverse larghezze di lavoro: 120, 145 e 175 cm). Un sistema composto da un pick-up anteriore per il sollevamento delle ramaglie potate e da un rotore dotatodi potenti mazze per lo sminuzzamento degli stessi. Il materiale triturato con il “raccogli tralci” viene spinto per effetto ventilante all’interno di un convogliatore progettato in modo da garantire l’uniforme riempimento di un particolare saccone di accumulo della biomassa raccolta e condizionata. Tali sacconi sono realizzati con un tessuto altamente resistente e traspirante per permettere il loro reimpiego e l’essiccazione naturale della biomassa. Inoltre, una volta riempiti assumono la forma di parallelepipedo, limitando così l’ingombro nel trasporto e stoccaggio perché facilmente impilati con un semplice muletto elevatore. Il sistema di sollevamento del raccogli tralci consente all’operatore in fase di lavoro di optare se lasciare il saccone a terra o caricarlo sul cassone di un rimorchio a bordo filare.

Terminata questa operazione è possibile fissare alla trincia un nuovo saccone per poi proseguire nella trinciatura con il minimo dispendio di tempo. Questa soluzione si rivela pertanto molto versatile e in grado di aumentare notevolmente la capacità di lavoro del cantiere di raccolta soprattutto in periodi, come quello primaverile, caratterizzati dalla stretta necessità di una sovrapproduzione di operazioni.

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