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Foraggi di qualità con gli andanatori a nastro Roc

La riminese Roc ha legato il proprio marchio alla tecnologia di andanatura a nastro. A differenza dei ranghinatori tradizionali che lavorano il prodotto sul terreno, le applicazioni della scuderia romagnola lo caricano su un nastro dal quale viene delicatamente scaricato in andana, centrale o laterale

di Fabrizio Sereni
Luglio - Agosto - Settembre 2017 | Back

Sono la punta di diamante della gamma Roc, azienda romagnola con sede a Poggio Torriana (Rimini) e rappresentano una valida alternativa ai ranghinatori tradizionali. Si tratti degli andanatori a nastro, che, commercializzati già diversi anni, hanno dato prova di tutte le loro potenzialità anche ad EIMA Show. Il principio alla base delle macchine Roc per la fienagione è quello di lavorare il prodotto non sul terreno, come avviene con i sistemi stellari o a pettine, ma di caricarlo su un nastro trasportatore dal quale viene poi delicatamente depositato in andana centrale o laterale. Una tecnologia vantaggiosa, quella messa a punto dalla scuderia riminese, che presenta numerosi punti di forza. A partire da una maggiore resistenza e qualità del materiale vegetale. Infatti, come spiega a Mondo Macchina la ditta di Poggio Torriana, dopo l’essiccazione al sole, i piccoli steli dell’erba medica che sorreggono le foglie diventano molto fragili e sono particolarmente soggetti alla rottura se la lavorazione viene effettuata con i giro-ranghinatori tradizionale negli orari e nelle giornate in cui non si verifica il fenomeno della rugiada. Ecco allora che il sistema a nastro, proprio perché poco impattante sul prodotto, permette di contenere al minimo, se non di eliminare del tutto, la perdita delle foglie e, con esse di importanti proteine per l’alimentazione degli animali. La tecnologia sviluppata dalla Roc, oltre a ridurre al minimo la presenza di sassi e terra, permette di migliorare sensibilmente l’arieggiatura del foraggio. Con la ranghinatura a nastro infatti è possibile eliminare l’umidità perché il prodotto viene sollevato completamente dal terreno e scaricato lateralmente in una zona già pulita, rendendo così più rapido e uniforme il processo di essiccazione. D’altro canto, proprio perché il foraggio viene trasportato su un nastro e non trascinato lungo il terreno, sono ridotte al minimo anche le perdite causate dagli avvallamenti e dalle buche. L’utilizzo di questa tecnologia risulta essere molto favorevole alla ricrescita della piante. In condizioni normali, a due o tre giorni dallo sfalcio, alcune varietà (l’erba medica ad esempio) presentano già una ricrescita con piccoli steli e alcune foglie, che – sostiene il costruttore – rischierebbero di essere danneggiate dalle lavorazioni con i giroandanatori a stellari o a pettine. Altrettanto significative sono le  ricadute dell’andanatura a nastro sui costi di produzione, con la possibilità, rispetto alle applicazioni tradizionali, di incrementare (fino al 50% secondo le stime Roc) la durata dei cicli di lavoro di ogni applicazione. Le aziende agricole possono in tal modo ridurre da un lato il numero di trattrici e di andanatori impiegati per ettaro, dall’altro quello degli operatori impegnati nelle lavorazioni sul campo. La gamma della scuderia romagnola è composta da dodici macchine che si distinguono tra loro soprattutto come ampiezza di lavoro, compresa tra i 3,8 metri del “piccolo” RT 380 e i 12,2 del top di gamma RT 1220, uno degli andanatori più robusti del mercato. A Deruta, la ditta riminese ha schierato ben quattro macchine: il già citato entry level  RT 380, e i modelli di fascia media RT 630 (a doppio bilanciere idraulico), RT 730 (a doppio bilanciere idraulico come RT 630) e RT 870 con ampiezze di lavoro comprese, rispettivamente, tra 6,3, 7,3 e 8,7 metri. 

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