Evoluzione tecnologica delle mietitrebbiatrici
Realizzate nella configurazione attuale a partire dalla prima metà del 1900, le mietitrebbiatrici sono macchine operatrici che hanno avuto origine dalle trebbiatrici a punto fisso. Di fatto, il loro sviluppo non si è mai arrestato sia dal punto di vista meccanico che da quello (più recente) meccatronico. I modelli attuali sono estremamente sofisticati, e permettono di coniugare un’elevata capacità di lavoro con risultati di alta qualità
All’inizio della coltivazione delle specie da granella, la mietitura e la trebbiatura venivano gestite separatamente: le piante erano tagliate in campo e raggruppate in covoni, che venivano più tardi trebbiati manualmente, mediante un bastone o per mezzo del calpestio da parte degli animali.
Con lo sviluppo della meccanizzazione, intorno agli anni ‘30 del 19° secolo comparvero sul mercato le trebbiatrici a punto fisso, costituite da battitore e controbattitore, crivelli, ventilatore e scuotipaglia, azionate tramite una trasmissione a cinghia mossa da motori stazionari a vapore o endotermici o, più di recente, direttamente da trattori agricoli. Questi ultimi permettevano anche il trasferimento delle macchine da una cascina all’altra, compito eseguito fino ad allora tramite trazione animale.
Nel 1836 fu costruita negli Stati Uniti la prima macchina mietitrebbiatrice, in grado di tagliare le piante in campo e separare, seppur in maniera ancora poco accurata, la granella dalla pula. Con una larghezza di taglio di circa 5 m, questa mietitrebbiatrice era trainata da una ventina di cavalli. Tuttavia, la mancanza di un’adeguata unità motrice e la tendenza del grano raccolto a deteriorarsi a causa dell’eccessiva umidità ne limitarono la diffusione.
A partire dal 1915, la International Harvester di Canton (Illinois, USA) rilasciò la prima linea di mietitrebbiatrici trainate dotate di un motore che azionava il sistema di trebbiatura, mentre Case e John Deere introdussero i primi modelli trainati da trattori pochi anni dopo. La loro domanda crebbe rapidamente in particolare dopo la prima guerra mondiale, anche se in Italia fino al dopoguerra la presenza delle mietitrebbiatrici rimase limitata a poche grandi aziende cerealicole. Nel 1942, un autorevole esperto di meccanica agraria addirittura scrisse, a proposito delle mietitrebbiatrici, che “…questa categoria di apparecchi non presenta un reale e concreto interesse dal punto di vista di una possibile estesa applicazione in Italia”.
A dispetto di tale pessimistica previsione, la diffusione della mietitrebbiatrice in ambito nazionale crebbe dopo la fine della seconda guerra mondiale, con la ripresa economica. Tra le principali marche d’importazione si ricordano Massey Harris, McCormick, Claas, John Deere e International Harvester. Il primo modello italiano di mietitrebbiatrice venne realizzato dalla Pietro Laverda di Breganze (VI) e presentato alla Fiera di Verona del 1956. Tale modello, denominato “M60”, montava un motore Fiat diesel da 35 Cv, l’apparato falciante era da 1,98 m di larghezza a corpo unico con la macchina con sollevamento meccanico a cricco dotato di aspo articolato ed era equipaggiata, come apparato trebbiante, con un battitore a 8 spranghe e controbattitore regolabile anche durante il lavoro. La Laverda M60 fu prodotta fino al 1963, per un totale di 974 esemplari, venduti in Italia e in Europa.
Le tecnologie di trebbiatura
Con la diffusione di questa nuova macchina, sorsero alcune problematiche legate sia all’efficienza sia alla qualità della trebbiatura, risolte sostanzialmente con lo sviluppo delle due principali categorie con cui le mietitrebbiatrici vengono ancora oggi comunemente classificate, ossia le convenzionali, dette anche “a flusso tangenziale” e quelle a flusso assiale. Le prime sono caratterizzate da un notevole ingombro, dovuto alla presenza degli scuotipaglia a moto alternato, una discreta capacità operativa, consumi di gasolio relativamente contenuti e la possibilità di recuperare paglia pressoché integra.
Le seconde si caratterizzano invece per una maggiore capacità di lavoro, potendo processare un elevato flusso di biomassa in ingresso, presentano un minore ingombro, ma non consentono il riutilizzo delle paglie, poiché a causa di un’azione maggiormente energica queste ultime vengono sminuzzate eccessivamente prima di essere rilasciate sul terreno.
Mietitrebbie “ibride”
Un’interessante soluzione – di fatto intermedia tra le due citate – è quella delle cosiddette mietitrebbiatrici “ibride” in cui è presente un battitore/controbattitore convenzionale seguito da un apparato di separazione composto normalmente da una coppia di rotori controrotanti, che processano il prodotto con andamento assiale. A prescindere dall’apparato di trebbiatura installato, tali macchine sono state originariamente progettate per un impiego su terreni pianeggianti perché, soprattutto per i modelli convenzionali, è necessario garantire la miglior uniformità di distribuzione della biomassa tra battitore e controbattitore e poi sugli scuotipaglia. Se così non fosse, le perdite di granella aumenterebbero in maniera inaccettabile, per l’inevitabile sovraccarico dei relativi organi di lavoro. Dato che in Italia c’è un’elevata percentuale di terreni collinari e montani coltivati a cereali, a partire dalla fine degli anni ’60 del secolo scorso hanno fatto la loro comparsa i cosiddetti modelli “livellanti” e poi “autolivellanti”, ovvero provvisti di attuatori idraulici in corrispondenza delle singole ruote, in modo da mantenere il corpo macchina in orizzontale sia nella marcia a girapoggio che in quella a rittochino, consentendo un funzionamento corretto del sistema di pulizia in ogni condizione. Anche in questo caso, capostipite della produzione fu la Laverda, con il modello M 100 AL prodotto a partire dal 1971. Tali sistemi, che possono essere regolati automaticamente mediante inclinometri dedicati, permettono di lavorare correttamente su pendenze fino al 25% circa in salita, al 10% in discesa e oltre al 35% trasversalmente.
Elevata complessità meccanica
Dal punto di vista tecnologico, le mietitrebbiatrici si sono da subito caratterizzate per una notevole complessità meccanica, a causa dei numerosi organi in movimento e dovendo garantire al contempo il proprio autodislocamento. Ad oggi, sono numerose le tipologie di trasmissione che permettono l’azionamento delle varie parti, con una certa preponderanza per quelle idrauliche, che sono maggiormente in grado di operare regolazioni continue e precise.
Per quanto riguarda la parte sensoristica, va ricordato che proprio le mietitrebbiatrici sono state tra le prime macchine implementate per finalità di agricoltura di precisione, grazie all’installazione di sistemi per la mappatura geolocalizzata delle produzioni, già descritti in un precedente articolo (cfr. Mondo Macchina n. 11/2021).
Sensoristica e automazione di bordo
Le funzionalità più innovative riguardano: 1. la posizione della barra falciante: il telaio della testata può muoversi verticalmente mediante attuatori idraulici, a definire un’ottimale distanza dell’apparato di taglio rispetto alla superficie del terreno. Una soluzione molto interessante consiste poi nella possibilità di far flettere la barra di taglio (grazie alla sua conformazione a sezioni) e di seguire, in tal modo, in modo maggiormente fedele i profili di terreni anche notevolmente irregolari. Ciò risulta molto utile per la trebbiatura di colture a portamento prostrato, quali soia, fagiolo, pisello ecc.; 2. nel caso della trebbiatura di cereali autunno vernini, la regolazione della posizione dell’aspo in funzione dello sviluppo e della densità della biomassa presente in campo. In particolare, un sensore laser è in grado di controllare la profondità e la posizione orizzontale dell’aspo in funzione del materiale vegetale presente nel cassone. Il risultato è un’alimentazione uniforme di prodotto, che migliora le prestazioni di trebbiatura e ottimizza la sfruttamento della potenza motore; 3. la regolazione dell’apparato trebbiante: è possibile regolare automaticamente la distanza tra il battitore e il controbattitore (sia in entrata che in uscita del flusso di prodotto), il regime di rotazione del battitore, la posizione della spranga di sgranatura e l’apertura/chiusura degli accecatori del controbattitore. Per ottimizzare in continuo le prestazioni della macchina, alcune soluzioni specifiche si avvalgono dei dati provenienti da una fotocamera a colori ad alta definizione montata sulla testata dell'elevatore della granella. Le immagini ottenute permettono di identificare le parti diverse dalle cariossidi, ovvero paglia, glume e glumette, grani rotti. La conseguente elaborazione delle immagini permette di avvertire l’operatore nel caso siano superati i valori soglia, in modo da migliorare la pulizia del raccolto; 4. la velocità del ventilatore, modulabile in funzione della pendenza del terreno su cui lavora la macchina.
Le funzioni di gestione
Nel dettaglio, la velocità diminuisce automaticamente quando si lavora in salita (per evitare eccessive perdite dalla parte posteriore della mietitrebbiatrice) e aumenta invece quando si procede in discesa, per scongiurare l’intasamento dell’apparato trebbiante. Oltreché sulla velocità del ventilatore, alcuni sistemi migliorano la pulizia della granella gestendo in automatico l’apertura del crivello superiore e inferiore, oppure regolando direttamente la velocità di avanzamento della macchina; 5. la distribuzione dei residui sul campo: mediante un radar 2D è possibile ottenere un’immagine accurata del profilo di distribuzione delle particelle di residuo espulse dalla macchina, rilevando la posizione e la velocità dei residui trasportati in aria prima che questi ricadano a terra, in modo da ottenere un profilo di distribuzione reale. Ciò consente di ottenere una copertura uniforme dei residui dietro la mietitrebbiatrice, senza alcun intervento specifico da parte dell’operatore.
La diffusione e il continuo miglioramento tecnologico delle mietitrebbiatrici le rendono assolute protagoniste dell’agricoltura moderna, una convinzione confermata anche dagli ultimi dati di vendita: nella stagione 2020/21, la vendita di queste macchine ha registrato in Italia un incremento di circa il 30%, passando dai 290 esemplari dell’anno precedente ai 376 della campagna di raccolta più recente.
Nello specifico, le mietitrebbiatrici assiali hanno costituito il 37% del totale, quelle convenzionali il 35% e le autolivellanti il 28%, un dato quest’ultimo che testimonia l’importanza dell’agricoltura collinare e montana nella realtà italiana.