Il livellamento delle macchine agricole semoventi in pendenza
Per assicurare la necessaria stabilità nelle lavorazioni sui terreni declivi, mietitrebbiatrici, vendemmiatrici e altre operatrici, specie nelle versioni semoventi, hanno adottato diverse soluzioni tecniche, atte a garantire un adeguato livello di sicurezza contro il ribaltamento, ma anche una miglior qualità delle lavorazioni
La distribuzione orografica del territorio italiano (dati ISTAT) comprende la pianura solamente per il 23% circa della sua estensione, mentre il 42% è collina e il 35% montagna. È quindi evidente che anche la superficie coltivabile in notevole parte non è pianeggiante, e che anzi alcune colture dove il nostro Paese è leader, come ad esempio l’uva da vino, vengono coltivate in gran parte su terreni più o meno in pendenza.
Pertanto, la meccanizzazione delle aree declivi ha dovuto giocoforza mettere a punto nel tempo dei macchinari, in primis le operatrici semoventi, che prevedessero dispositivi per migliorarne la stabilità quando dovevano lavorare a rittochino (ovvero nella linea di massima pendenza), oppure a girapoggio (ossia in relazione alle linee di livello), senza ovviamente trascurare le innumerevoli situazioni intermedie.
Mietitrebbiatrici autolivellanti
Senza dubbio, la macchina agricola sulla quale negli ultimi decenni la tecnologia di livellamento, dell’intero corpo del mezzo e/o di uno o più organi interni, è stata maggiormente sviluppata è la mietitrebbiatrice.
La necessità infatti di raccogliere la granella di cereali anche su terreni di pendenza più o meno elevata ha fatto sì che proprio in Italia si affermassero diverse soluzioni tecniche e che alcuni costruttori specializzati mettessero a punto alcuni kit di livellamento per queste operatrici semoventi.
È necessario però distinguere i diversi sistemi meccanici che sono stati applicati agli assali anteriore e posteriore per assicurare il livellamento del corpo macchina e contestualmente la miglior presa delle ruote sul terreno, fattore essenziale per un sicuro avanzamento anche su pendenze elevate.
Sulla mietitrebbiatrice, la trazione è assicurata sempre dalle ruote anteriori (di diametro elevato), con una trasmissione del moto solitamente meccanica, per garantire il miglior rendimento nel trasferimento della potenza; in un numero crescente di casi, anche l’asse posteriore, che è quello sterzante e monta pneumatici di diametro nettamente inferiore, può essere dotato di trazione, con una trasmissione però tipicamente idraulica del moto, tramite motori applicati direttamente alle ruote.
Livellamento trasversale e longitudinale
Se le necessità è quella di mantenere orizzontale il corpo macchina nel lavoro secondo le linee di livello, le ruote anteriori possono essere disassate sostanzialmente con due scelte tecniche diverse, ovvero tramite riduttori finali in cascata e rotanti, che arrivano a compensare pendenze sino al 18-20%. Diversamente, per inclinazioni superiori (fino al 40%) si fa ricorso a strutture a parallelogramma articolato e a cilindri idraulici di compensazione, mentre il moto alle ruote viene trasmesso tramite robusti alberi cardanici. Viceversa, se si marcia a rittochino, è necessario livellare la macchina secondo la direzione dell’avanzamento. In questo caso, interviene l’assale posteriore, anche in questo caso con una tipica struttura a quadrilatero articolato e con l’immancabile coppia di cilindri idraulici, che provvede alle necessità conseguenti. Va rimarcato che le prestazioni sono significativamente differenti se si lavora in salita piuttosto che in discesa: in genere, si possono compensare pendenze rispettivamente sino al 30% e al 10% circa. Ovviamente, per incrementare l’efficienza di raccolta, la marcia della mietitrebbiatrice può avvenire anche su percorsi misti, ovvero in direzione obliqua rispetto al pendio. In questo caso il miglior risultato si ottiene con il doppio livellamento e con dispositivi che rendano automatica la regolazione della costante orizzontalità del mezzo; a ciò provvede una centralina dedicata, asservita da una serie di inclinometri.
Livellamento di dispositivi e organi di lavoro
Naturalmente, la barra di taglio della mietitrebbiatrice deve seguire fedelmente la pendenza e le ondulazioni del terreno, per riuscire a raccogliere in modo efficace tutto il cereale, minimizzando le perdite in fase di mietitura. Per questo, il corpo macchina può variare la propria inclinazione rispetto al terreno. Ciò comporta uno spostamento dei flussi interni di prodotto (specie nel lavoro a girapoggio), con una sua concentrazione solo su una parte della superficie dedicata alla lavorazione di quel singolo organo. Si tratta di un potenziale problema che può interessare il canale elevatore, il complesso battitore-controbattitore, i post-battitori, gli scuotipaglia (quando presenti), i crivelli. Tutto ciò può compromettere l’efficienza di trebbiatura e successivamente anche la pulizia del prodotto. Pertanto, al fine di migliorare ulteriormente le performance delle mietitrebbiatrici, tutti i principali costruttori hanno messo a punto meccanismi per livellare internamente questi organi. A tale proposito, New Holland prevede su alcuni suoi modelli lo Smart Sieve, ovvero un sistema idraulico che sulle pendenze trasversali (fino al 25%) fa oscillare il crivello per far sì che la granella si distribuisca con maggiore uniformità sull’intera superficie disponibile, mentre l’Opti Fan è stato introdotto per il lavoro sulle pendenze longitudinali, tramite un aumento del flusso d’aria del ventilatore in discesa e una riduzione in salita, per compensare il naturale scivolamento a valle per gravità della granella. I modelli New Holland di fascia alta montano un vero e proprio crivello autolivellante, incernierato al telaio tramite un perno centrale che rende possibile compensare pendenze trasversali fino al 17%. Claas ha invece introdotto un’interessante soluzione sulle macchine ibride, per compensare il lavoro su dislivelli trasversali, quando il prodotto tende a muoversi verso l’area di rotore più bassa. In pratica, è prevista la parziale chiusura in automatico delle griglie più a valle, riducendo in tal modo la caduta delle cariossidi in quell’area. Nei modelli del gruppo AGCO e di John Deere si interviene sulla ventilazione dei crivelli. John Deere, in particolare, ha introdotto l’ATA (Active Terrain Adjustment), che adegua l’intensità della ventilazione alla pendenza, e contestualmente modula l’apertura dei crivelli inferiore e superiore in base alle caratteristiche della granella che si sta raccogliendo.
Da segnalare infine che i sistemi di livellamento dell’intero corpo macchina e di uno o più organi interni possono coesistere, migliorando ulteriormente le prestazioni.
Vendemmiatrici
Poiché, almeno in Italia, molti vigneti sono impiantati su terreni declivi, talvolta anche in forte pendenza, per la raccolta meccanica dell’uva da vino sia i modelli di vendemmiatrice trainati, ma soprattutto quelli semoventi, sono ormai da diverso tempo autolivellanti. Si tratta in effetti di macchine con una gestione completamente idraulica, sia degli organi di lavoro che della trazione del mezzo, per cui la scelta tecnica per il livellamento non poteva che essere in sintonia con questo orientamento generale. In pratica, le 4 ruote (azionate tra l’altro da motori idraulici installati in modo diretto) sono montate su altrettanti robusti cilindri idraulici che, grazie a sensori dedicati e all’immancabile centralina, provvedono a mantenere il più possibile in orizzontale il corpo macchina, sia nel lavoro a girapoggio che in quello (per quanto possibile) a rittochino. Date le dimensioni spesso importanti dei modelli semoventi, le escursioni di questi cilindri possono arrivare sino a 700 mm circa, a compensare pendenze trasversali sino al 30-35% e longitudinali del 12% in salita e dell’8% in discesa.
Un po’ di storia…
La problematica relativa alla ricerca del più alto livello di sicurezza del macchinario nelle lavorazioni in pendenza è stata affrontata da tempo, ma senza dubbio il progresso tecnologico ha portato di recente un grosso aiuto nel risolvere con efficacia le situazioni più critiche, sia dal punto di vista della stabilità del cantiere trattore-attrezzatura, sia da quello della qualità del lavoro delle grandi macchine operatrici semoventi, come ad esempio le mietitrebbiatrici e le vendemmiatrici.
All’inizio degli anni ‘50, ossia all’inizio di quel periodo che fu caratterizzato dalla cosiddetta “rivoluzione verde” (o, più modernamente, “agricoltura 2.0”), si pensò di affrontare la questione in modo attivo, ovvero cercando di impedire la progressiva perdita di stabilità e il conseguente incipiente ribaltamento del trattore con una serie di allarmi, visivi e sonori, di raggiungimento di pendenza pericolosa, monitorata da opportuni sensori. Si pensò anche, in quel frangente, di staccare il moto alle ruote, oppure di spegnere addirittura il motore. Furono anche installati speciali puntoni laterali che, nella malaugurata ipotesi di innesco di un ribaltamento, potessero essere velocemente espulsi dal corpo trattore e, appoggiandosi sul terreno o infiggendosi in esso, avessero la possibilità di bloccare la rotazione del mezzo.
Una soluzione originale, che di fatto ha precorso i tempi, fu quella di dotare il trattore di ingranaggi riduttori finali in cascata, tramite la rotazione dei quali (e ovviamente entro determinati limiti) il corpo del mezzo potesse rimanere orizzontale anche nella marcia su superficie in pendenza. Purtroppo, molteplici ragioni, come ad esempio la scarsa precisione di intervento, l’inefficacia dei segnali di avvertimento (sottovalutati dai conducenti), l’insufficiente affidabilità dei meccanismi e, non ultimo, l’elevato costo di questi sistemi e dispositivi, decretarono ben presto il rapido abbandono di tutte le soluzioni escogitate. Quindi, segnatamente per i trattori, si passò rapidamente all’applicazione di un concetto di sicurezza passiva, ovvero non impedire che il ribaltamento avvenisse, ma proteggere il conducente dalle sue nefaste conseguenze tramite l’installazione di un ROPS (Roll Over Protective Structure) intorno al posto di guida, completato con una cintura di sicurezza di tipo addominale solidale al sedile del conducente, in modo da trattenerlo efficacemente all’interno di un determinato “volume di sopravvivenza” garantito dalla tenuta della struttura di sicurezza. In pratica, il principio applicato ha avuto il medesimo fine dell’airbag montato anno dopo sui veicoli destinati alla circolazione su strada, ovvero non intervenire sull’accadimento dell’incidente, ma limitarne le conseguenze a carico del conducente (e, nel caso degli airbag, anche degli eventuali passeggeri).
La cabina Galileo di Same Deutz-Fahr
Proposto da SDF ormai più di 20 anni fa sui propri modelli a marchio Same e Lamborghini della gamma 160-200 Cv, il sistema di autolivellamento della cabina di guida del trattore era attuato tramite 4 cilindri idraulici alimentati dal circuito principale del trattore, inseriti in aggiunta a monte dei tradizionali silent-block. I tasselli antivibranti, limitando la trasmissione di vibrazioni ad alta frequenza provenienti dal motore e dalla trasmissione, evitavano che la cabina possa trasformarsi in una pericolosa cassa di risonanza.
Tale sistema, che poteva compensare un dislivello significativo tra il corpo trattore e l’abitacolo (sia longitudinale che trasversale, grazie ai 230 mm di corsa degli steli dei cilindri idraulici, corrispondenti a oltre 14°, ovvero più del 25% di pendenza), era stato originariamente pensato a fini ergonomici, non solo per mantenere una corretta postura dell’operatore nelle arature entro solco, cui questi modelli, di potenza elevata per l’epoca, erano in particolare destinati, ma anche per tutelare la salute del conducente in tutte le lavorazioni su terreni declivi.
Il livellamento era mantenuto con una prontezza di intervento più che accettabile, a prezzo però di un assorbimento piuttosto impegnativo di potenza sotto forma idraulica e con un aggravio dei costi di gestione del mezzo.
Il circuito elettronico di monitoraggio delle pendenze era integrato da specifici allarmi relativi al raggiungimento di specifiche soglie di pericolo per il ribaltamento del trattore. Situazioni di rischio, queste, che non potevano essere correttamente rilevate dall’operatore giacché questi era costantemente tenuto in posizione orizozntale.
Un’ulteriore “visionaria” innovazione, che di fatto ha precorso i tempi e che sarebbe stata ripresa molto più tardi, fu l’installazione di una cabina di guida completamente disaccoppiata dal vano motore, con evidenti vantaggi in termini di riduzione della trasmissione di vibrazioni, rumore e calore.