Cabine, come cambiano con il digitale
La necessità di far spazio a matasse di cavi rivoluziona l’organizzazione interna, ma dà anche la possibilità di sistemare i comandi dove meglio si preferisce e di renderli intercambiabili. Aumenta il numero di display, scompare il cruscotto tradizionale e si fa spazio a prese Usb e connessioni elettriche. Connettività e ricerca del comfort guidano le scelte dei designer
Più curato, certamente. Più potente, grande e performante. Ma se lasciamo da parte design e prestazioni, il trattore è rimasto, vite più vite meno, lo stesso di quarant’anni fa. In tutto, tranne che in un aspetto: la tecnologia. Che è, di tutti i componenti di una macchina agricola, quella che più di ogni altro si è evoluta, trasformandosi completamente nel giro di pochi decenni. È superfluo ricordare, infatti, che funzioni come guida automatica, ISOBUS, telemetria, comandi elettroidraulici sarebbero parsi fantascientifici fino all’inizio degli anni Ottanta, mentre oggi sono la norma, almeno sui mezzi di gamma medio-alta. L’interfaccia per tutti questi dispositivi è dentro l’abitacolo. È qui che tutte le funzioni digitali e tutti i comandi che permettono di controllare la macchina hanno la loro collocazione e pertanto è perfettamente logico che la cabina – perlomeno al suo interno – sia uno dei settori che più si sono evoluti per far fronte alla rivoluzione tecnologica e digitale. In che modo? E verso cosa si andrà nei prossimi anni? Capirlo è molto difficile, anche se qualche tendenza si può cogliere. Cominciamo però col vedere come la postazione di guida si è modificata per adattarsi alle esigenze di una guida (e di un guidatore) moderna.
Più ampia, più confortevole. Partiamo dalla struttura. Con gli anni le dimensioni sono aumentate, per tutte le gamme di trattori, inclusi i piccoli specializzati. Quando non è stato possibile ampliare più di tanto i volumi, si è fatto ricorso ad accorgimenti che dessero all’operatore l’impressione di avere a disposizione più spazio. Per esempio, aumentando la distanza tra il sedile e il lunotto posteriore, oppure dando una forma più bombata ai vetri laterali o al tettuccio. Anche la maggior altezza del vetro anteriore aiuta a migliorare sia la visibilità, sia il comfort per chi sta al volante, rendendogli più semplice vedere cos’ha davanti. Uno degli interventi più radicali, messo in atto nell’ultimo decennio, è stata l’eliminazione dei montanti laterali. Fino al 2010, le cabine avevano sei montanti: i quattro principali e due sui fianchi. Ridotti poi a cinque, per aumentare la dimensione dello sportello sinistro. Oggi sono quattro e due grandi vetrate costituiscono le pareti laterali. È ovvio che tutto questo vetro lasci passare un sacco di luce e, con essa, un sacco di radiazioni luminose. Il che provoca, naturalmente, un maggior riscaldamento degli interni e dell’ambiente in generale. Per ridurlo, si fa ricorso a tendine o, per le macchine di alta gamma, a speciali vetri che, pur lasciando passare la luce, abbattono le radiazioni, contenendo la temperatura nell’ambiente di lavoro anche di due gradi rispetto a un abitacolo con vetri standard. Soluzione simile per il problema del rumore: più di un costruttore ha adottato, soprattutto per macchine da raccolta, i vetri fono-assorbenti. Sono formati da una doppia lastra intervallata da una pellicola in materiale plastico fono-assorbente. Derivano dal settore edile e automobilistico e sono in grado di contenere le emissioni sonore del motore mantenendo la rumorosità interna sotto i 70 decibel per i trattori, poco di più per mietitrebbie e trinciacaricatrici.
Progettata in realtà virtuale. Prima ancora di essere realizzato, l’abitacolo ormai è progettato interamente al computer, con l’aiuto della realtà virtuale. Simulazioni in 3D permettono di visualizzare ogni dettaglio, ogni punto di giunzione per accertarsi che non dia problemi. Le saldature al laser completano l’opera, assicurando un fissaggio perfetto tra i diversi componenti del telaio. I rumori sono tenuti all’esterno, oltre che da vetri sempre più spessi e tecnologici, da pannelli fono-assorbenti sistemati sotto al pavimento, in modo da isolare la postazione di guida dalla trasmissione. Anche le sospensioni, sempre più comuni per le macchine di livello medio-alto, favoriscono il comfort e l’isolamento dell’abitacolo. Le troviamo, spesso, in versione meccanica, su due punti; più raramente sono semi-attive e interagiscono continuamente con il ponte anteriore per una risposta coordinata alle difformità del terreno.
Come cambiano gli interni. Un aspetto assai interessante, parlando di evoluzione delle cabine, è capire come essa sia, in parte o in maggioranza, condizionata dall’evoluzione della tecnologia, anche a livello strutturale: nel tempo, si è dovuto fare spazio alle centinaia di metri di fili elettrici necessari per il cablaggio di un abitacolo del terzo millennio. Bracciolo multifunzioni, controlli del sollevatore e dei distributori e poi connessioni per i vari display, per il condizionatore, per i sensori piazzati sotto al sedile e nel volante… i progettisti sono stati costretti a inventarsi almeno un alloggiamento per le varie centraline, talvolta anche due. Lo spazio sotto ai parafanghi e sotto alla pedana è oggi occupato da matasse di cavi che si intrecciano verso ogni direzione. Se da una parte le esigenze del digitale complicano la suddivisione degli spazi in cabina, dall’altra contribuiscono a rendere più semplici alcune scelte di primaria importanza, come la distribuzione e dislocazione dei comandi. Grazie all’elettronica, infatti, si sono eliminati tutti quei collegamenti fisici tra l’organo di comando e quello di esecuzione. Come il piantone dello sterzo, per esempio, o i cavi Bowden che trasmettevano i movimenti dalla leva del cambio agli ingranaggi. Eliminati, inoltre, il filo della frizione e quelli dell’acceleratore (a mano e a pedale). Tutto, insomma, viaggia su fili o, come si dice in gergo, by wire. Ciò permette di collocare tasti e leve dove si preferisce o comunque dove può risultare più comodo per l’operatore. Ecco dunque che la plancia di comando non deve più essere costruita attorno alla leva del cambio, la cui posizione era fissa, per essere al tempo stesso ergonomica e funzionale, per esempio. E molti controlli possono essere raggruppati su una cloche. Anche quelli dei distributori, che in versione meccanica, al pari del cambio, sono azionati da cavi metallici. I comandi, non essendo altro che terminali di connessioni elettriche, controllate da un’unica centralina, sono anche intercambiabili. Sempre più spesso, sulle leve multifunzioni troviamo uno o più tasti jolly, ai quali l’operatore può abbinare l’alzata del sollevatore, un determinato distributore, l’attivazione delle memorie di fine campo o altro ancora. Gli stessi distributori possono essere azionati da un tasto qualsiasi tra quelli disponibili. Il fatto che a indicare la corrispondenza sia un Led che può cambiare colore, adattandosi a quello dell’attacco idraulico che controlla, rende questo abbinamento semplice da individuare e univoco. Perché, ovviamente, il primo requisito, in quest’ordalia di tasti intercambiabili e variabili, resta la sicurezza: è per questo, per esempio, che i controlli principali, che hanno appunto funzioni di sicurezza, sono codificati e identici per ogni macchina, indipendentemente dal marchio. Acceleratore, attivazione della Pto eccetera sono contraddistinti da un colore e da una forma ben precisi, così da non creare mai dubbi sulla loro funzione.
Gli effetti della digitalizzazione. La digitalizzazione ha modificato strutturalmente le cabine, in parte complicandone la progettazione, ma principalmente semplificandola. Lo stesso dicasi per il progresso tecnologico. Per esempio, sempre più funzioni possono essere raggruppate in una sola centralina, cosa che le riduce di numero e ne semplifica la dislocazione. Per i monitor, si assiste a una curiosa evoluzione sinusoidale. Comparsi una ventina di anni fa all’interno dell’abitacolo, si sono rapidamente moltiplicati, fino a occupare ogni angolo disponibile. Accanto al display del trattore, ne occorreva uno per la guida automatica e un altro (o più d’uno) per controllare l’attrezzo. La diffusione di Isobus fece piazza pulita, riducendo per qualche anno i monitor a uno soltanto. Tuttavia, le esigenze di una tecnologia in costante evoluzione stanno nuovamente moltiplicando gli schermi, in quanto le informazioni da visualizzare, spesso in contemporanea, sono sempre di più. Pertanto, accanto all’ormai immancabile display principale, montato in testa al cruscotto, ne abbiamo spesso uno supplementare, solitamente impiegato per la guida automatica, fissato allo sportello destro o al tettuccio, sempre sul fianco destro. Un terzo schermo sta prendendo progressivamente il posto del cruscotto, che talvolta scompare completamente per essere collocato, in verticale, sul montante anteriore destro. Oppure resta nella stessa posizione ma diventa completamente digitale. Questa caratteristica permette tra l’altro di organizzarlo a proprio piacimento: è possibile scegliere cosa vedere sul monitor davanti al volante e su quello principale, scambiare le informazioni da uno schermo all’altro, organizzarsi una pagina con le informazioni preferite, proprio come si organizzano le App sul display del cellulare. Nella nuova cabina di Argo Tractors, per fare un esempio, questa filosofia appare pienamente consolidata: le informazioni di base e secondarie sono contenute in blocchi virtuali, non a caso chiamati widgets, che l’operatore può collocare dove preferisce, oppure scambiare con altri. «È anche possibile collegare a questi schermi il proprio tablet, utilizzandolo come un terzo schermo», fa notare Giovanni Esposito, direttore dell’innovazione per il gruppo di Fabbrico.
Un’altra tendenza delle cabine, da qualche anno, è la necessità sempre crescente di spazi per collocare documenti ed effetti personali. I designer, ovviamente, si adeguano ed ecco che attorno alla postazione di guida compaiono vani per il cellulare, prese Usb per ricaricarlo o collegarlo alla radio e ascoltare le proprie playlist, prese elettriche per display esterni e altro ancora. Lo schienale del sedile istruttore, ripiegato, diventa una base su cui lavorare, anche con un personal computer. E sotto al suddetto sedile è ormai comune trovare un frigorifero per cibi e bevande. Un ulteriore spazio refrigerato è sovente ricavato nel tetto della cabina, nei pressi dell’aria condizionata.
Come cambieranno le cabine. Siccome tutte le regolazioni e le impostazioni si possono ormai fare attraverso il terminale, vien da chiedersi se, in un futuro più o meno prossimo, i comandi fisici siano destinati a scomparire o quantomeno a ridursi drasticamente. Un processo in parte già avvenuto: in molti casi le regolazioni secondarie sono state spostate da posizioni comode ad altre meno ergonomiche, per razionalizzare le pulsantiere e far spazio a comandi più utilizzati. Ma è difficile, dicono gli esperti, che scompaiano del tutto. «L’utente – fa notare Giovanni Esposito – pretende un’esperienza d’uso sempre più simile a quella che ha con cellulari e tablet. Vuole un ambiente smart, connesso, graficamente accattivante e noi cerchiamo di accontentarlo. Ma un trattore è e resterà una macchina da lavoro, con alcuni comandi indispensabili per la sicurezza e altri che, in ogni caso, difficilmente scompariranno del tutto». È lontano, insomma, il tempo in cui la plancia di un trattore assomiglierà a quella della Tesla. Forse, a scomparire, prima dei comandi, sarà il conducente.