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Agri App e inclusione finanziaria, i nuovi percorsi dello sviluppo in Africa

Lo sviluppo delle applicazioni per i dispositivi elettronici costituisce un supporto molto importante per gli agricoltori e gli operatori economici africani. Presentazione delle merci, collocazione delle stesse sui mercati di destinazione, diffusione di informazioni sulle tecniche colturali più idonee sono tutte funzioni oggi possibili grazie alle "app", fra le quali si segnala per efficacia Zazu Africa. Grazie ai supporti informatici sono in fase di sviluppo anche piattaforme di crowdfunding. Ai vantaggi pratici si uniscono gli aspetti sociali: la condivisione delle informazioni e la creazione di community risulta infatti particolarmente sintonica con la cultura delle comunità africane

di Patrizio Patriarca
gennaio - febbraio 2017 | Back

Perseus Mlambo, che ha ideato e sviluppato l’app Zazu Africa, aveva da tempo nella mente alcuni villaggi del Mozambico, molti dei quali flagellati dall’AIDS, i cui agricoltori erano costretti ogni mattina all’alba a portare in autobus i loro prodotti al mercato centrale di Mutare, un importante centro urbano nella regione orientale dello Zimbabwe. è scattata così l’idea di Zazu Africa: un sistema che mette in collegamento i piccoli produttori agricoli di aree remote con i mercati di acquisto localizzati nei grandi centri urbani. La rivoluzione digitale per l’Africa sta rappresentando un’opportunità particolarmente importante, che può abbattere la cronica carenza di infrastrutture fisiche e sfruttare il grande bacino di popolazione giovanile, gran parte della quale costituita da nativi digitali. Protagonisti sono ovviamente i giovani come Mlambo, per lo più nati in Africa, con esperienze di studio o di lavoro in Europa, spesso nel campo del volontariato e della cooperazione, ma con un forte radicamento nelle loro società d’origine. Nella fase di prova la piattaforma di Perseus era un sistema basato su WhatsApp e su servizi di logistica dedicati, così è stato possibile in modo efficiente presentare i prodotti disponibili ai compratori, aggregare gli ordini, organizzare le consegne; e il sistema si è rivelato un successo per lo studente della Nottingham Law School! Ora grazie ad un Funding Accelerator Programme e all’interesse di un Angel Investment Fund inglese la piattaforma – www.zazuafrica.com – è in fase di sviluppo e punta ad estendersi oltre i mercati attualmente serviti (Zimbabwe, Zambia e Sud Africa).  In una recente conversazione Perseus ci ha indicato i prossimi target: Tanzania e, obiettivo ancora più ambizioso, i Paesi del Golfo. D’altra parte agricoltura e food sono fra i primi utilizzatori dell’innovazione digitale in Africa. E le AgriApp sono ormai una categoria ben definita le cui potenzialità innovative sono considerate disruptive, non solo in Africa. Il target sono i 500 milioni di piccolissimi agricoltori che oggi nel mondo producono in via esclusiva per circa 2 miliardi di persone, trovandosi ad una distanza di almeno 5 ore dal mercato finale ed in condizioni infrastrutturali approssimative. Altro esempio interessante è Plantwise: un’applicazione lanciata in Kenya per aiutare gli agricoltori delle aree più remote a migliorare le tecniche di coltivazione; una “mobile app” – Factsheets Library – fornisce consulenze e connessioni a risorse in grado di migliorare la lotta alle malattie delle piante. L’app mette in rete agricoltori e plant doctors ed è disponibile sia su smartphone Android che per accesso con i tablet low cost (come il Lenovo A3000).  Molto simili sono le app sviluppate in Ghana – Farmerline basata su tecnologia mobile voice service – e in Nigeria quella di Agrodata. L’obiettivo è facilitare l’accesso degli agricoltori al mercato consumer e contribuire fattivamente alla sicurezza alimentare. Si stima infatti che il 30/40% dei raccolti si perda ogni anno a causa dei pesticidi, e che una riduzione dell’1% di queste perdite consentirebbe di sfamare milioni di persone. Il tema dello sviluppo economico e sociale non investe solo l’agricoltura ma anche la mobilitazione di risorse private per specifici progetti di sviluppo e l’inclusione finanziaria delle fasce di popolazione più povere, che in Africa coincidono spesso con le comunità rurali. A proposito di raccolta fondi per progetti di sviluppo, Afrikstart ha censito ben 57 piattaforme di crowdfunding che hanno reperito risorse per circa 127 milioni di dollari. L’opinione pubblica ha cominciato a sentire parlare di crowdfunding nel 2007 ma in Africa le piattaforme dedicate sono relativamente recenti. Tuttavia il terreno era fertile, perché il concetto della comunità in grado di sviluppare forme di solidarietà finanziaria fa parte integrante della cultura del continente, in cui sistemi autoctoni di solidarismo hanno spesso supportato lo sviluppo di comunità rurali e di progetti sociali. Ora siamo nella fase in cui il processo di fundraising si trasferisce on line. Ed anche questo sembra essere un successo. Nel 2012 le piattaforme di CF made in Africa erano solo 9, ora sono – come anticipato – 57: ben 21 localizzate in Sud Africa, ma un numero cospicuo si trova anche in Nigeria (9); in Nord Africa ci sono piattaforme autoctone in tutti i Paesi (esclusa la Tunisia). Ugualmente attivi sono Kenya, Uganda, Senegal, Ghana, Costa d’Avorio, Togo e Zimbabwe. Il crowdfunding africano è stato capace di mobilitare risorse importanti, considerato anche il gap delle infrastrutture di rete e la bassa penetrazione di Internet, e di attrarre fondi su progetti estremamente diversificati. Wealth Migrate si è contraddistinta nel settore delle strutture sanitarie, e per facilitare il finanziamento dello small business e dei prestiti individuali si può fare riferimento a RainFin. Mentre Trevolta ha sfruttato il sistema dei funding trips per la sua iniziativa contro il bracconaggio dei rinoceronti – Rhinos without Borders – ed il loro ricollocamento in Botswana.

La rivoluzione digitale, che sta profondamente mutando l’industria dei servizi finanziari, rappresenta una formidabile opportunità per favorire l’inclusione finanziaria di quella larga fascia di popolazione africana a basso reddito o caduta in condizioni di difficoltà, i “missing middle”,  che non ha mai usufruito di servizi bancari oppure risulta forzatamente underbanked.

Si stima che 2 miliardi di adulti nel mondo non accedano a servizi bancari (contro i 3,2 mld che vi accedono). Spesso la criticità è quella della distanza dai centri urbani, e certamente il digital banking ha favorito le misure di alcuni Governi e dei Regolatori locali che ora consentono l’apertura di conti in remoto, facilitata dai sistemi di identificazione digitale. L’inclusione finanziaria è ormai riconosciuta come uno dei motori dello sviluppo economico, rispetto anche alla crescita del reddito disponibile per le fasce più povere della popolazione mondiale. Nell’Africa Sub Sahariana il segmento di popolazione più povera (40%) passa – secondo lo studio del Center for Financial Inclusion at Accion –  da un reddito giornaliero di meno di 2 dollari nel 2000 a più di 6 dollari stimati per il 2020. L’incremento di reddito delle popolazioni più povere ha indotto il sistema finanziario ad una sfida: sviluppare i servizi verso le fasce di popolazioni povere, localizzate in territori remoti o rurali attraverso sistemi transazionali a basso costo e fondati sul digital banking. Anche su questo fronte i protagonisti sono stati il più delle volte delle start up africane. Lakt Kenya, ad esempio, è un applicativo pensato non solo per facilitare i pagamenti attraverso smartphone ma anche per promuovere la cultura e la consapevolezza finanziaria dei consumatori. L’app consente di pianificare il risparmio, effettuare spese o raccogliere fondi in condivisione con amici e parenti, ed è in grado di creare una programmazione delle spese. Monetbill dal Cameroon è invece un’app dedicata all’acquisto attraverso lo smartphone di beni e servizi digitali. Tutte le transazioni si perfezionano in modo semplice attraverso il numero di telefono ed il relativo PIN code. Da ultima, questa volta relativa al settore agricolo, vogliamo citare una delle esperienze più interessanti in fatto di Agri-tech, quella realizzata da Fresh Direct NG. Questa società ha realizzato ad Abuja un modello di urban farm basato sull’utilizzo dei containers impiegati nel trasporto delle merci via nave. La capacità produttiva di un container da 20 piedi è pari a quella di un’area coltivata ampia una volta e mezzo un campo di calcio. Diverse fra le app citate hanno concorso all’assegnazione, lo scorso 14 novembre a Città del Capo, dell’AppsAfrica Innovation Award 2016. Alla selezione hanno partecipato ben 200 candidati provenienti da 25 Paesi africani. Ma la sfida per questa nuova generazione di africani resta: dopo la fase di start up, quella di saper mantenere in Africa la testa delle imprese che si sono nel frattempo consolidate, e non dimenticare le ragioni che le avevano originate, vale a dire, combattere la povertà, favorire lo sviluppo economico e l’inclusione sociale.

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