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Distretti

Rovigo, punti di forza e prospettive

Il territorio provinciale si caratterizza per le eccellenze produttive nel campo dell'itticoltura e della logistica, ma anche l'industria meccanica è presente con alcune specificità significative. La meccanica agricola è rappresentata da imprese importanti, presenti in vari segmenti merceologici, da quello dei trattori a quello della componentistica. I servizi e il sistema dei trasporti risultano competitivi, e strategico appare il rapporto con l'Università e i centri di formazione, mentre resta aperto il problema del reperimento di manodopera e di figure professionali specializzate che possano trovare impiego nei comparti tipici del territorio

di Giampiero Moncada
luglio - settembre 2019 | Back

Il Nord Est italiano è conosciuto, anche all’estero, come il territorio del miracolo industriale degli anni ’80 e ’90; ma sotto questo miracolo c’è una vasta estensione pianeggiante, a vocazione agricola da sempre. Non è un caso che nella sola provincia di Rovigo (240 mila abitanti) sono circa una decina le aziende dedicate direttamente alla produzione di macchine agricole e alla relativa componentistica. Come si può immaginare, l’area rappresenta anche un bel mercato per chi queste macchine le vende, dato che si contano circa un centinaio di imprese di contoterzisti. Le aziende agricole, infatti, sono mediamente di dimensioni contenute e questo le porta a preferire i servizi per le lavorazioni in campo, anziché immobilizzare l’investimento per l’acquisto di una macchina. Se la loro nascita è stata ispirata dalla matrice agricola dell’economia locale, queste imprese agromeccaniche hanno oggi un respiro internazionale che va ben oltre gli stessi confini nazionali. “In questo territorio si sono sviluppati soprattutto gli implement – spiega Giampaolo Bellotto della Carraro di Rovigo e consigliere di Assotrattori (FederUnacoma) – ovvero le attrezzature che rendono una macchina adatta a compiere le varie operazioni colturali. Sono anche aziende artigianali che sviluppano soluzioni molto specialistiche da integrare ai trattori. E che, quindi, lavorano in collaborazione con i produttori di grosse macchine, con la qualità e le certificazioni di legge garantite dall’industria”. Bellotto cita l’esempio delle noci, una coltura che a Rovigo raggiunge numeri importanti e per la quale è stato necessario sviluppare un trattore customizzato con pneumatici particolari e specifiche protezioni all’esterno del veicolo. Tutti implement realizzati da ditte locali, in collaborazione con la stessa Carraro che ha poi integrato queste modifiche nelle proprie macchine, che sono state proposte sul mercato internazionale incontrando l’interesse di aziende agricole estere. Ma in quale contesto si inserisce questo settore? Come si può definire il profilo economico di questo territorio, che viene spesso accorpato alla confinante Venezia, tanto da far capo a un’unica Camera di Commercio? La stessa Confindustria è presente con un’unica associazione “di Venezia e Rovigo”.

In tutta la provincia, sono 26 mila le imprese registrate, con una forza lavoro attiva di circa 100 mila addetti, che corrisponde a circa il 40% dell’intera popolazione (238 mila abitanti). Una percentuale che va valutata anche considerando l’alta incidenza di anziani rispetto alla forza attiva. Un dato più alto della media, ma che segue il trend d’invecchiamento della popolazione di tutt’Italia e che impone delle riflessioni su quali sono i bisogni della collettività ai quali si dovrà dare una risposta nei prossimi anni. I rodigini hanno sempre manifestato una grande intraprendenza che li ha portati a cimentarsi in settori molto diversi tra loro. Il comparto storico dell’agricoltura si è evoluto e ha dato vita ad attività che non si limitano alla produzione delle macchine ma riguardano soprattutto i servizi per le imprese agricole. Negli ultimi decenni, poi, Rovigo ha sviluppato almeno due eccellenze: la itticoltura, con relativo indotto, e la logistica. Va citato anche un distretto poco conosciuto al largo pubblico e che viene considerato, a torto, una nicchia di scarsa rilevanza, ma che di certo è unico al mondo: il distretto della giostra, concentrato nel comune di Bergantino. I numeri non sono di poco conto: 70 aziende per un fatturato di circa 250 milioni di euro e ben 500 dipendenti diretti, oltre all’indotto. È qui che si producono quasi tutte le ruote panoramiche e le giostre presenti nel mondo. Si tratta di un settore altamente specializzato, che fatica addirittura a trovare operai qualificati e che esporta circa la metà della produzione. Sono aziende per lo più artigianali, anche perché le attrezzature da divertimento non vengono certo prodotte con catene di montaggio e in migliaia di esemplari, ma hanno comunque un alto contenuto tecnologico e si basano su tanti brevetti sviluppati proprio all’interno di queste aziende. Caratteristiche, peraltro, che si possono riscontrare anche nel settore agromeccanico: produzione di metallurgia pesante ma con tecnologia molto innovativa. Numeri più significativi per i due settori trainanti di Rovigo. L’itticoltura e la logistica. Nel primo caso, si parla di un fatturato annuo complessivo di 850 milioni di euro con 3 mila imprese e 8 mila addetti tra Rovigo e Chioggia. Un primato che si spiega con la capacità di fare sistema, per usare un’espressione di moda ma che rende l’idea di come intorno a un prodotto, il pesce, si siano sviluppate imprese diverse ma affini e, soprattutto, integrate tra loro: la pesca in mare e l’allevamento ittico rappresentano il motore dell’intero comparto; ma poi si è sviluppata l’industria della lavorazione e trasformazione, arrivando fino alla produzione di salse pronte, e quella della logistica di settore. Oggi, Rovigo ospita la più grande piattaforma di smistamento di pesce proveniente da tutt’Europa. La logistica, poi, è un asset territoriale a se stante in virtù di una posizione geografica e di una rete di collegamenti sviluppata in modo intelligente. L’interporto di Rovigo, per esempio, è in grado di movimentare merce che arriva e parte su strada, ferrovia e perfino fiume. A questi vantaggi strutturali, si aggiunge - sottolineano in Confindustria - una competitività economica che, per esempio, consente di proporre prezzi che sono meno della metà di quanto si spende, per esempio, nella vicinissima Verona, che pure vanta una struttura logistica di primo piano.

Tutte queste condizioni favorevoli, comunque, non hanno impedito ad alcuni comuni della provincia di Rovigo di rientrare tra le aree svantaggiate per le quali era possibile chiedere l’istituzione di una ZES, Zona economica speciale. Si tratta di aree nelle quali, grazie a un accordo con l’Unione europea del 2014, vengono concesse agevolazioni di natura fiscale e contributiva: vengono eliminate l’Irap e l’Ires ma si parla anche di possibili interventi sull’Iva. Queste agevolazioni sono in deroga al divieto degli aiuti di Stato che vige in tutta l’Ue. Il progetto della ZES Ve-Ro, che dovrebbe comportare 2,5 miliardi di investimenti per un totale di 26 mila nuovi posti di lavoro, viene portato avanti da Confindustria Venezia-Rovigo ma toccherà poi al Governo approvarlo, di concerto con la Regione Veneto.

Ma perché un territorio all’interno di un’area tra le più ricche d’Italia viene considerata “svantaggiata”? «Rovigo è sempre stata un po’ la Cenerentola del Veneto – rispondono in Confindustria – e già in passato era inserita tra le zone a declino industriale e a declino rurale. Non ha del tutto superato questo svantaggio e gli indicatori economici, come reddito pro-capite, disoccupazione eccetera, fanno capire come il Polesine rappresenti un po’ un freno a mano tirato rispetto al resto del Veneto, che invece lancia i motori al massimo». In questo scenario, dinamico ma con dei problemi di fondo, la meccanizzazione agricola si è sviluppata mantenendo dimensioni d’impresa decisamente contenute e puntando, piuttosto, sulla creatività. I pochi insediamenti produttivi di macchine pesanti fanno capo, in realtà, a gruppi importanti che hanno sede altrove. «Rovigo offre, naturalmente, dei vantaggi significativi per un’impresa – spiega ancora Bellotto – come l’utilizzo gratuito dei magazzini dell’interporto. Basta pensare a cosa vuol dire per un’impresa come la mia, che produce 5 mila trattori all’anno, poter stoccare i componenti senza costi e a poca distanza da tutti i mezzi di trasporto. Il problema, semmai, riguarda la manodopera specializzata. Tanto che abbiamo avviato delle attività di formazione, così come FederUnacoma sta già facendo in tutt’Italia per i propri associati, rivolte agli studenti degli ultimi anni delle superiori. Contiamo di fare entrare in organico almeno due terzi di questi giovani». Puntare sull’innovazione, d’altra parte, comporta anche l’esigenza di lavoratori molto qualificati. Aziende come la Mc Elettronica, che da circa 30 anni produce strumentazione elettronica destinata esclusivamente alla meccanizzazione agricola, devono poter contare su personale adeguato alle sfide tecnologiche. Claudio Mantovani fondò l’azienda, a metà degli anni ’80, perché voleva aiutare il padre a ottimizzare il lavoro dell’azienda agricola di famiglia sfruttando la sua passione per l’elettronica e la tecnologia. Oggi conta circa 40 dipendenti ed è specializzata nelle tecnologie applicate a un settore nuovo ma in grande sviluppo: il precision farming. «I nostri clienti sono i produttori di macchine agricole – dicono in azienda – e non solo italiani ma anche stranieri». Anche in questo caso, l’azienda mantiene un contatto con le scuole per intercettare i talenti più interessanti e spingerli a candidarsi. Ma ci sono anche progetti di ricerca portati avanti con l’Università di Padova e con quella di Torino, per sviluppare tecnologie all’avanguardia e anticipare le richieste del mercato.

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