Piantare gli alberi nelle aree urbane
La collocazione di alberi nei contesti urbani è un’operazione ormai necessaria sia per il miglioramento estetico delle città sia per la maggiore sostenibilità ambientale. La scelta delle specie da impiantare è fondamentale e deve tener conto di fattori ambientali e di tutte le criticità possibili nella fase di attecchimento. Mezzi meccanici come le zollatrici e i miniescavatori sono essenziali per la buona riuscita del cantiere
La transizione ecologica, entrata con forza nella politica dell’Unione Europea e nazionale, investe ormai tutti i settori. I cittadini dimostrano sempre più interesse per il verde in generale e per le piante in particolare, ritenendo giustamente che questi siano un fattore importante della transizione. Vi è ormai una generale consapevolezza dei servizi ecosistemici forniti dagli alberi urbani, ritenuti fondamentali per fornire maggior comfort, attraverso l’ombreggiamento, la mitigazione della temperatura, il miglioramento della qualità dell’aria, ed anche per fare fronte all’inquinamento atmosferico, allo smog e alle polveri sottili, oltre che attuare lo stoccaggio, il sequestro del carbonio e la fissazione di altri gas climalteranti.
Cresce quindi la domanda non solo per una corretta manutenzione del patrimonio arboricolo esistente, ma anche per avere più alberi in città. L’area urbana certamente non offre le migliori condizioni per la vegetazione, per cui nelle nuove piantagioni si deve tenere conto di molti aspetti di ordine non solo tecnico-agronomico e ambientale, ma anche socio-economico, contemperando le esigenze biologiche-vegetazionali con quelle urbanistiche. L’impianto in ambiente urbano è infatti un’operazione complessa che solo se gestita nel migliore dei modi produce i benefici che si vogliono raggiungere.
Scelta e impianto degli alberi
La scelta del materiale vivaistico è di grande importanza per la buona riuscita dell’impianto in quanto ha ripercussioni sulla longevità e sull’effetto paesaggistico che si vuole creare. Oltre alla qualità e sicurezza del materiale (assenza di malattie, tipo di coltivazione in vivaio, dimensioni, etc.), è fondamentale la scelta della specie, o delle specie, da impiantare. Una scelta errata può infatti comportare, oltre quelle prodotte dall’albero, emissioni di CO2 causate dall’esecuzione delle necessarie operazioni di impianto e mantenimento complessivamente superiori a quelle sequestrate e stoccate dallo stesso.
Il prelievo meccanico delle piante dal vivaio è fatto con zollatrici che ne effettuano l’espianto con relativo pane di terra (zolla). Altra possibilità è offerta dalle estirpatrici-trapiantatrici che, oltre eseguire l’espianto effettuano anche la messa a dimora. Tra le zollatrici vi sono modelli semoventi cingolati con comandi completamente oleodinamici. Sono dotate di lame di acciaio che vengono fatte penetrare nel terreno in modo da riuscire, con l’ausilio di vibrazioni ad alta frequenza, ad estirpare l’albero con l’apparato radicale avvolto da un pane di terra a forma sferica. Vi sono modelli con diverse capacità di lavoro, in grado di estirpare alberi di diverso sviluppo, con zolle aventi diametro compreso tra 30 cm a oltre 1 metro. Altri modelli di zollatrici, a completo funzionamento idraulico, vengono accoppiate ad una trattrice o ad altra semovente. Questi sono in grado di estirpare piante aventi zolle con diametro da 50 cm a 1,40 metri senza sostituire gli utensili per la penetrazione nel terreno. Le estirpatrici-trapiantatrici effettuano, sia il prelevamento con zolla, sia lo scavo della buca per la messa a dimora della pianta estirpata. Le dimensioni delle buche arrivano a 1,20-1,50 metri con diametro a filo del terreno anche superiore ai 2 metri. I grandi trapianti, cioè il prelievo e la messa a dimora di alberi adulti di grande dimensione, richiede particolari tipologie di macchine.
Lo scavo della buca, e anche della trincea quando l’impianto riguarda un intero filare, può essere effettuato con gli escavatori. Si tratta di macchine con cingolatura in gomma che montano un braccio articolato orientabile che porta alla sua estremità la benna escavatrice. La benna da scavo standard è in acciaio e la sua sagoma è realizzata in modo, sia di favorire la penetrazione nel terreno grazie ai denti posti alla base (da 2 a 6 a seconda dei modelli), sia di permettere di movimentare il carico con stabilità e sicurezza. I denti che equipaggiano la benna sono di diverso tipo e sono intercambiabili in funzioni delle condizioni di lavoro. I miniescavatori hanno potenza inferiore ai 40 kW e montano benne che hanno una bocca di apertura in altezza mediamente pari a 45 cm, una profondità alla base sui 50 cm e una forza di scavo intorno ai 40 kN. Gli escavatori di media e di grande potenza impiegano benne di più elevate dimensioni e con maggior forza di scavo.
Interventi per favorire lo sviluppo
In ambiente urbano e specie nei centri storici, a causa delle infrastrutture e della pavimentazione esistente, è difficile avere le migliori condizioni rispetto alle esigenze delle piante. Dimensioni delle buche inferiori all’ottimale possono essere tollerate a patto di creare nella buca un substrato in grado di favorire lo sviluppo dell’apparato radicale e di permetterne la penetrazione sotto la pavimentazione stradale. È comunque importante non mettere alberi con apparati radicali estesi in corrispondenza di infrastrutture al fine di evitare danni alle stesse
In funzione dell’età, della specie e del periodo di piantagione, variano gli apporti da effettuare al suolo per favorire l’attecchimento e la crescita dell’albero. Si tratta di riuscire a stimolare il tasso di crescita per poterne poi avere il massimo beneficio. Al riguardo, basti ricordare che gli alberi hanno, ad esempio, una capacità di sequestro e stoccaggio del carbonio nei loro tessuti che varia in funzione delle dimensioni e vigore vegetativo, della longevità e dello stato sanitario. Stesso discorso per lo smog e le polveri sottili e così via. Non basta cioè avere più alberi, ma occorre avere alberi in buon stato vegetativo, in grado di fare fronte agli stress biotici e abiotici. Diversi sono i prodotti che, oltre ai classici fertilizzanti, possono essere impiegati per creare un buon substrato.
Gli ammendanti organici agiscono, grazie alla loro composizione, sia a livello fisico migliorando la struttura del suolo in modo da favorire la circolazione dell’aria e dell’acqua, sia a livello chimico grazie alla formazione di complessi humico-argillosi capaci di accrescere la capacità di ritenzione dei nutrienti e dell’acqua, sia a livello biologico creando le migliori condizioni per la vita microbica del suolo. Le dosi di impiego vanno stabilite in funzione della composizione dell’ammendante e del suolo. L’azione degli ammendanti può essere migliorata con l’impiego di biostimolatori che vanno ad accrescere il microbiota endemico del suolo. Sempre più impiegati sono i consorzi di micorrize al fine di favorire lo sviluppo radicale, l’assorbimento dei nutrienti e la tolleranza agli stress abiotici, grazie alla rete miceliale che si instaura con l’apparato radicale.
Sistemi di sostegno dopo la piantagione
Gli alberi cresciuti per qualche anno in vivaio, quando vengono messi a dimora in aree urbane trovano un ambiente ostile, non solo nel suolo ma anche nell’ambiente esterno. In particolare, problemi possono derivare dai venti più o meno frequenti e più o meno intensi. Nei primi anni dall’impianto è quindi necessario fornire alle piante un sostegno che consenta loro di mantenere una posizione verticale ma anche di avere una certa libertà di, sia pur contenute, oscillazioni che sono comunque necessarie per favorire il radicamento. Il sostegno delle piante è cosa diversa dalle griglie di protezione, realizzate in vari modi, che hanno invece la funzione di tutelare la pianta da urti e da usi impropri come il parcheggio delle biciclette. Per il sostegno delle piante esistono diverse soluzioni che vanno dal tutoraggio della parte aerea all’ancoraggio sotterraneo della zolla.
Il tutoraggio aereo può essere fatto con pali di sostegno o con funi di controventatura. La prima soluzione è quella praticata da più tempo. È molto semplice ed anche poco costosa. Si può ricorrere a un solo palo oppure a due, tre o quattro pali. La soluzione monopalo si applica alle piante di ridotte dimensioni messe a dimora senza zolla, mentre quella a due pali (100 mm di diametro), infissi alla profondità di 50 cm ai lati della zolla e tra loro raccordati, è idonea per piante più sviluppate rispetto al monopalo. In entrambi i casi si tratta di un sostegno piuttosto rigido. Nel tutoraggio a tre pali questi vengono fissati a 120° gli uni dagli altri, per cui i punti di attacco permettono la stabilizzazione dell’albero pur dandogli la possibilità di avere una certa oscillazione. Stesso discorso vale per la soluzione a quattro pali posti ai vertici di un quadrato. Il sostegno è dato dal collegamento tra il collare posto intorno all’albero ed i pali infissi nel terreno. È importante che il collare possa consentire la crescita del diametro della pianta attraverso la presenza di diverse tacche di regolazione. L’offerta è molto ampia e le proposte vanno dal PVC nuovo o riciclato/riciclabile, al cotone e alla fibra di juta intrecciata a corda. Più l’altezza del collare è elevata maggiore sarà l’azione di resistenza alla forza del vento.
Per gli alberi di grande altezza e in zone con frequente ed elevata ventosità il sistema di tutoraggio più efficace, sia al momento della piantagione, sia più avanti nel tempo, è quello delle funi controventatura. Le funi (3 o 4) vengono applicate all’albero attraverso il collare e poi fissate al terreno ai 3 o 4 punti d’ancoraggio. Sulle funi è inserito un ammortizzatore che consente una certa libertà di oscillazione.
Si tratta di un sistema complesso ed ingombrante che crea diversi problemi in ambiente urbano e in aree molto frequentate. È invece più adatto nei grandi parchi con bassa fruizione. Tale tecnica viene anche adottata per il consolidamento, dinamico (consente leggere oscillazioni) o statico (non consente oscillazioni), della chioma per limitarne l’espansione ed anche per consolidare rami a rischio rottura. Da alcuni anni sono comparsi sul mercato sistemi di ancoraggio sotterraneo della zolla. Il grosso vantaggio è dato dall’assenza dell’impatto visivo dato dai tutori di cui si è detto. In sostanza questa tecnica imita il processo naturale delle piante che si ancorano al terreno attraverso l’apparato radicale. Sono proposte diverse soluzioni. Le più diffuse sono quelle ad ancore basculanti. Le ancore vengono interrate con l’ausilio di un’asta metallica e sono normalmente distanziate di 120° garantendo così tre punti di attacco al cavo di acciaio, o di altra natura, fatto passare sopra la zolla. La tensione del cavo sulla zolla è regolata aumentando l’interramento delle ancore. Vi è quindi l’effetto combinato dato dalla resistenza delle ancore e dalla tensione del cavo sulla superficie della zolla. La tendenza è quella di usare cavi in grado di degradarsi nell’arco di tre anni in modo da lasciare libera la zolla dopo tale periodo. Tra le altre soluzioni vi è quella con la quale la stabilizzazione è attenuta attraverso una sorta di artigli, direttamente fissati alla base della zolla, che ancorano la pianta al terreno.