Olivicoltura: lavorazioni meccaniche per prevenire la Xylella
Nella coltivazione dell'olivo numerose sono le macchine e le attrezzature che debbono essere impiegate. Una serie di operazioni colturali consente di migliorare il rapporto dinamico tra pianta e suolo che attiva le difese immunitarie della pianta stessa. Potatura, diserbo, asportazione delle infestanti e inerbimento con specie vegetali compatibili sono alcuni degli interventi necessari nell'uliveto, per contrastare la Xylella, e possibili con apposite tecnologie meccaniche
Il batterio “Xylella fastidiosa”, sottospecie “pauca”, ha attaccato l’olivicoltura del Salento in forma epidemica, e il suo contenimento alla diffusione in altre aree olivicole è l’obiettivo sul quale scienziati e tecnici sono impegnati non solo per ricercare sistemi in grado controllare la popolazione degli insetti vettori, e quindi gli effetti endemici dell’inoculo del patogeno, ma anche per migliorare il “sistema immunitario” dell’oliveto. Una condizione che consentirebbe di contenere la Xylella fastidiosa e convivere con la sua presenza, come è già avvenuto su altri fruttiferi nei quali la difesa fitopatologica, la gestione del terreno e la potatura sono state tecniche colturali che hanno aumentato la capacità di contrastare gli stress biotici e abiotici causati dal batterio. “Buone pratiche agricole” che richiedono, però, alcune precauzioni quali la disinfestazione degli attrezzi per la potatura, l’asportazione delle infestanti dopo la sfalciatura e la bruciatura dei residui di potatura. Purtroppo, nelle superfici olivetate e nelle aree perimetrali, non sempre vengono effettuate alcune essenziali operazioni colturali, ritenendo che la rusticità dell’olivo non richieda interventi meccanici nella gestione del terreno (lavorazioni, inerbimenti, concimazioni, irrigazione) e nella difesa sanitaria. Opinione errata, in quanto le operazioni colturali che contraddistinguono il ciclo vegetativo e produttivo dell’olivo ottimizzano il rapporto dinamico tra pianta e suolo che, oltre a esaltare le potenzialità della pianta stessa, ne attivano il sistema immunitario. La gestione della superficie olivetata può essere praticata con cantieri di lavoro diversificati per macchine e per attrezzature a seconda delle tecniche agronomiche che si intende adottare e che si riconducono essenzialmente a due: mantenimento della superficie costantemente priva di vegetazione nel periodo primaverile – estivo mediante interventi con mezzi meccanici o con l’utilizzo di prodotti chimici (diserbo totale o parziale), oppure praticando la copertura vegetale permanente o temporanea (inerbimento) da effettuare con la selettività della vegetazione esistente, eliminando le specie infestanti o con la semina di essenze di graminacee o di leguminose. Sia l’una che l’altra soluzione possono essere integrate o combinate con il diserbo lungo il filare degli olivi e con l’inerbimento permanente o temporaneo lungo l’interfilare nel quale può essere praticato il sovescio delle essenze nel periodo autunno – invernale per aumentare il contenuto di sostanza organica e di azoto nel terreno. I cantieri di lavoro si differenziano a seconda della tipologia di gestione globale del suolo sia sul piano strutturale che biologico. Come è noto, la gestione conservativa della superficie olivetata non prevede il rovesciamento del terreno, ma un suo rimescolamento al fine di ripristinare la capillarità del suolo e la fissazione del carbonio (sink). Lavorazioni che vengono effettuate prevalentemente dopo la raccolta delle olive (periodo autunno-vernino) in modo da facilitare l’interramento dei concimi minerali, dei residui di potatura post-raccolta (trinciati e cippati) e dello sfalcio delle erbe infestanti. Le attrezzature comunemente utilizzate sono gli estirpatori e gli erpici abbinati a ripuntatori ad ancora, il cui effetto è quello di provocare la discissione del suolo oltre il franco di coltivazione dell’olivo, ottenendo in tal modo i processi chimico – biologici a una profondità che le lavorazioni conservative non raggiungono. Queste ultime, a seconda della natura geopedologica della superficie olivetata e del suo grado di compattamento, vengono intervallate nel tempo con lavorazioni a doppio strato che consistono in una rippatura da effettuare a una profondità di 80-90 cm. con il solo taglio verticale, e in un’aratura a 40-50 cm per riformare il franco di coltivazione dell’olivo: aratura che viene praticata con un aratro a dischi che, oltre a rendere più veloce l’operazione, provoca maggiore frantumazione e rimescolamento del terreno rispetto al lavoro effettuato con gli aratri rivoltatori. Le attrezzature con organi lavoranti rotativi azionati dalla presa di forza del motocoltivatore o del trattore (vangatrici, zappatrici, fresatrici, ecc), provocando un eccessivo sminuzzamento del terreno “dust-mulck” soprattutto in quelli argillosi, favoriscono la cosiddetta “suola di lavorazione” nello strato sottostante a quello lavorato che va a modificare il rapporto suolo-apparato radicale della pianta, con effetti negativi sia sull’assorbimento degli elementi fertilizzanti minerali e organici che sulla circolazione delle acque meteoriche. È consigliabile, quindi, intervallare le lavorazioni con attrezzature con organi lavoranti rotativi con quelle che effettuano il rimescolamento del terreno, praticando il “sub-soiling” che consiste nell’esecuzione periodica (ogni 3-4 anni) di una ripuntatura a una profondità di 40-50 cm al centro del filare. Gli estirpatori e gli erpici sono attrezzature che si utilizzano per le lavorazioni primaverili – estive, anche se vi è la tendenza al loro impiego nel periodo post-raccolta delle olive. Gli estirpatori classici recanti all’estremità organi lavoranti di diversa forma (piccole vanghe) penetrano nel terreno a una profondità media di 10 cm tagliandolo orizzontalmente e recidendo le radici delle infestanti. Il lavoro di estirpatura non porta in superficie strati sottostanti di terreno, ma ne ripristina la struttura favorendo l’aerazione e la penetrazione dell’acqua piovana. Gli erpici operano un parziale rimescolamento del terreno e svolgono un’azione di controllo delle infestanti le cui radici sono per lo più superficiali. I più utilizzati sono gli erpici a dischi, a denti con movimento alternativo oscillante o a denti rotanti che vengono impiegati nelle lavorazioni primaverili – estive dell’oliveto. Alcuni erpici hanno come organi lavoranti dischi smerlati idonei a lavorare su terreni zollosi e compatti. L’inerbimento permanente o temporaneo della superficie olivetata, oltre che migliorare la portanza del suolo favorendo l’agibilità delle macchine e delle attrezzature anche a seguito di eventi meteorici, normalizza i livelli di umidità del terremo che indubbiamente favoriscono l’assorbimento di alcuni elementi quali ferro, magnesio e azoto, molto importanti per i processi fisiologici della pianta. È opportuno, però, tenere presente che tra l’olivo e la superficie inerbita si instaura una competizione nell’utilizzo delle risorse idriche che, soprattutto nei primi anni dell’impianto dell’oliveto, può avere effetti negativi sullo stato vegetativo – produttivo della pianta. Pertanto è consigliabile praticare l’inerbimento solo nell’interfilare che viene periodicamente sfalciato con attrezzature comunemente utilizzate per la fienagione, mentre lungo il filare le erbe infestanti si possono controllare con falciatrici scavallatrici, con la pacciamatura e con il diserbo chimico. Per limitare la competizione idrico-nutrizionale fra olivo e terreno inerbito, vengono praticati annualmente 2-3 sfalci utilizzando barre falcianti, trincia-erbe, trincia-imballatori e trincia sarmenti se si effettua la trinciatura dei residui della potatura. Il primo sfalcio viene praticato generalmente dopo le precipitazioni meteoriche invernali (aprile-maggio) per evitare competizione nei confronti della pianta all’inizio del suo ciclo vegetativo. I tagli successivi vengono fatti quando il cotico erboso raggiunge i 15-20 cm di altezza, e il taglio va eseguito a 5-6 cm da terra per non pregiudicare la capacità di ricaccio. La falcia-trinciatura viene praticata normalmente dopo due anni dalla semina in modo che il cotico erboso assuma una densità e una conformazione che non sia in grado di svolgere una funzione di tampone tra il terreno sottostante e la superficie inerbita; è opportuno quindi intervenire con erpici a denti per arieggiare il cotico erboso e interrare i concimi. La potatura è l’altra operazione fondamentale per mantenere gli olivi in piena attività vegetativa, ricorrendo anche a concimazioni mirate in grado di prevenire la diffusione della Xylella fastidiosa. È consigliabile non effettuare potature drastiche favorendo invece potature ordinarie, procedendo poi all’allontanamento dei residui e alla loro distruzione; la potatura deve essere praticata alla prima comparsa della Xylella fastidiosa intervenendo sulle parti secche della pianta. L’intervento cesorio deve essere effettuato al di sotto degli assi vegetativi; la spollonatura può evitare l’infezione delle parti basali degli olivi.