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Mercati asiatici: missione in Vietnam

La meccanizzazione è la chiave di volta per modernizzare il sistema agricolo vietnamita, che ha grandi potenzialità di crescita ma che risulta ancora legato a modalità produttive tradizionali. L'industria meccanica locale non è in grado di soddisfare la domanda di macchine e attrezzature, e dunque il Paese si rivolge alle tecnologie estere, prospettando possibilità

di Giovanni M. Losavio
ottobre 2017 | Back

Si è chiusa con successo la prima missione italiana in Vietnam finalizzata al settore della meccanizzazione agricola. L’iniziativa, promossa da FederUnacoma e Agenzie Ice, ha visto la partecipazione di otto aziende italiane del comparto agromeccanico (Ama, Arag, Argo Tractors, Braglia, Celli, Cicoria, Faresin Industries e Selvatici) che hanno avuto così l’opportunità di prendere contatto con un mercato nel quale la presenza italiana, sia pure in crescita, è oggi marginale (la quota importazione del made in Italy è pari ad appena il 2% del totale). Ricco e articolato il programma di incontri, con un seminario di presentazione dell’agricoltura vietnamita, la realizzazione in totale di 66 incontri “B2B” e una visita presso alcune aziende agricole del delta del Mekong, capitale agricola del Paese. Dalla missione è emerso uno scenario con molte luci – il settore primario vietnamita ha grandi possibilità di sviluppo, legate soprattutto al passaggio da una pratica agricola tradizionale ad una di mercato e alla diversificazione produttiva, con la valorizzazione dell’orticoltura e della frutticoltura – ma anche molte ombre. D’altra parte il sottodimensionamento delle aziende agricole (nel delta del Mekong l’85% di esse ha un’estensione pari a mezzo ettaro), la bassa produttività di coltivazioni ancora labour intensive, la difficoltà di accedere a canali finanziari adeguati sono fattori che, uniti alla mancanza di un vero sistema industriale agromeccanico, impediscono ad Hanoi di sfruttare appieno le risorse e le potenzialità del primario. Anche perché l’attuale parco macchine vietnamita, composto in buona misura da mezzi usati e tecnologicamente poveri, non sembra in grado di contribuire alla razionalizzazione tanto dei costi quanto nei processi produttivi.

Nei campi prevale il lavoro manuale

Tra il 1986 e il 2016, spiega un rapporto sull’agricoltura vietnamita realizzato dall’Agenzia ICE per FederUnacoma, la produzione agricola di Hanoi ha registrato incrementi del 4,1% l’anno. Una crescita importante ma comunque inferiore a quella dei suoi Paesi vicini dove lo sviluppo è stato ben più sostenuto. In questo scenario il delta del Mekong rappresenta un caso paradigmatico. La regione, situata nel settore sudorientale del Vietnam, è il vero cuore agricolo del Paese. Qui si producono ben 24 milioni di tonnellate di riso l’anno, una quantità tale da soddisfare sia la domanda interna sia le esportazioni verso l’estero (90%). Ma il riso, oltre ad essere la coltivazione principale, è anche quella con il più elevato tasso di meccanizzazione: sempre nel delta del Mekong sono all’opera 42 mila trebbiatrici, 2.800 raccoglitrici e 600 mietitrebbie. Un dato importante, certo, tuttavia ben lontano dal soddisfare la domanda di tecnologie agricole. «Nel delta del Mekong – precisa il Ministero dell’Agricoltura vietnamita, citato dall’Agenzia Ice – le raccoglitrici vengono utilizzate soltanto nell’1% delle coltivazioni». Insomma, pur essendo il delta una delle aree dove si fa maggiormente ricorso all’impiego delle macchine agricole, il lavoro manuale continua ad avere un peso determinante, soprattutto per quanto riguarda le operazioni di raccolta del riso. Proprio per questo i costi di produzione (e di conseguenza i prezzi finali) sono ancora molto elevati, mentre la qualità delle lavorazioni – decisamente bassa – contribuisce al deterioramento e alla perdita di una parte non trascurabile del raccolti. E sulla competitività pesa anche la manodopera che risulta essere del tutto insufficiente nei periodi di picco della domanda, cioè in prossimità del raccolto. Infatti, nonostante il comparto rappresenti ancora oggi la principale fonte di impiego e di sostentamento per il 65% dei 94 milioni di vietnamiti (la stragrande maggioranza dei quali impiegati nel comparto del riso), si trova comunque ad affrontare le conseguenze dei processi di rapida urbanizzazione. La meccanizzazione permetterebbe dunque, se non di risolvere del tutto, quanto meno di alleviare l’uno e l’altro problema. Del resto – si legge nel rapporto dell’Agenzie Ice – con una sola mietitrebbia sarebbe possibile svolgere il lavoro di 60 persone e tagliare i costi di produzione fino al 30%.

 

Macchine agricole, il Vietnam guarda oltreconfine

Mancanza di manodopera, gap tecnologico, deficit di tecnologie agricole, valorizzazione del comparto ortofrutticolo, rappresentano oggi i fattori di impulso per lo sviluppo dell’agromeccanica in Vietnam. Stando alle ultime stime del Ministero dell’Agricoltura vietnamita, il parco macchine locale è composto da 480 mila trattrici, il 75% delle quali è costituito da motoagricole con meno di 15 cavalli. Ed è proprio per questo che l’indice di meccanizzazione, vale a dire la potenza media impegnata per ettaro, risulta essere decisamente basso, attestandosi su un valore di soli 1,6 cavalli. Un valore che, come è evidente, risulta essere inadatto a sfruttare le reali potenzialità del sistema agricolo vietnamita e che lascia intravedere l’esistenza di una domanda di tecnologie agricole potenzialmente vivace e dinamica. Tuttavia, l’industria locale non sembra sufficientemente attrezzata per soddisfarla. Non tanto per una mancanza di aziende attive nel comparto – in tutto sono poco meno di 6 mila considerando distributori, officine e costruttori – quanto per un deficit tecnologico: di queste 6 mila imprese, quelle in grado di assemblare o di produrre macchine e  mezzi meccanici per l’agricoltura si conterebbero sul palmo di una mano. Questo spiega la crescita vertiginosa delle importazioni (in media +10% l’anno tra il 2011 e il 2016), che nel 2016 hanno raggiunto il livello record di oltre 134 milioni di euro con un picco per trebbiatrici, mezzi da raccolta, rotopresse, falciatrici da fieno. Nel prossimo futuro – sottolinea il rapporto dell’Agenzia Ice – la domanda di tecnologie agricole dovrebbe, spinta da una crescente diversificazione colturale, polarizzarsi sui mezzi per i trattamenti fitosanitari del riso e delle altre coltivazioni), sulle seminatrici e raccoglitrici per la canna da zucchero, sulla meccanizzazione per le coltivazioni di granturco, arachidi e frutta.

 

Un’azienda-prototipo per il made in Italy,

le proposte della delegazione italiana

La quasi totalità delle importazioni di tecnologie agricole (l’87%) è a beneficio dei costruttori tailandesi, cinesi e giapponesi. Il made in Italy, invece, pur avendo visto aumentare in modo considerevole le esportazioni verso Hanoi – che tra il 2011 e il 2016 sono cresciute ad un tasso medio annuo del 43,9% fino a raggiungere il picco di 2,7 milioni di euro proprio nel 2016 – detiene una quota residuale delle importazioni vietnamite. Entrando nel dettaglio, si tratta soprattutto di applicazioni per la lavorazione e la preparazione del terreno, sistemi di propulsione, trattrici e pezzi di ricambio. La principale barriera alla penetrazione delle macchine agricole italiane è legata alla scarsa familiarità degli agricoltori vietnamiti con i nostri mezzi. Esistono anche ostacoli di natura strutturale, quali la mancanza di strumenti finanziari per gli investimenti in meccanizzazione o la polverizzazione della proprietà rurale, ma si tratta – come è evidente – di fattori che condizionano tutti i costruttori e non solo quelli italiani. Ancor meno decisiva, poi, appare la barriera legata alla specificità geomorfologica o colturale del territorio, poiché l’adattabilità delle macchine agricole italiane è sempre stata un punto di forza della nostra meccanica. Ecco allora che, a fronte di un’agricoltura “affamata” di tecnologia e con molte opportunità di penetrazione, la missione FederUnacoma ha avanzato proposte operative per sostenere il made in Italy in Vietnam. Molte le idee sul campo, a partire dall’impulso al cooperativismo agricolo e alla realizzazione di centri servizi incaricati di mettere a disposizione dei piccoli agricoltori i macchinari agricoli. Tra i progetti, anche la creazione di un’azienda pilota con tecnologia tutta italiana, che per i nostri costruttori potrebbe rappresentare una vera porta d’accesso all’agricoltura vietnamita. Così come l’ipotesi di esportare in Vietnam, a Ho Chi Minh City, il modello Eima Agrimach che tanto successo ha ottenuto in India e che potrebbe diventare un punto di riferimento anche per l’area Asean. Insomma, la missione dei costruttori italiani si è conclusa sotto i migliori auspici. Tali da prospettare l’inclusione di Hanoi tra i Paesi oggetto di attività nel piano promozionale dell’Agenzia ICE per il 2018.

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