Macchine agricole, luci e ombre del mercato europeo
Il primo semestre dell’anno, sia pure con significative differenze nazionali, registra una sostanziale stabilità nel mercato europeo delle trattrici, confermando gli elevati volumi di vendita visti nello stesso periodo dello scorso anno. Nel secondo semestre previsto un calo della domanda a causa della contrazione dei redditi agricoli e della riduzione degli incentivi 4.0
Il mercato europeo delle macchine agricole archivia i primi sei mesi dell’anno con una lieve flessione delle immatricolazioni, ma senza discostarsi sostanzialmente dai volumi del primo semestre del 2022. I dati elaborati dal Comitato europeo dei costruttori CEMA sulla base delle rilevazioni fornite dalle associazioni nazionali indicano, infatti, che le immatricolazioni complessive di trattrici hanno toccato le 81.155 unità, con una contrazione dell’1,5% rispetto alle 82.358 del 2022. Anche in questa prima parte del 2023 il settore agromeccanico continentale si caratterizza dunque per una particolare vivacità, mantenendosi su livelli superiori a quelli pre-pandemia. Secondo gli analisti, il dinamismo registrato in questi ultimi mesi è dovuto alla progressiva normalizzazione delle catene di fornitura, che sta permettendo alle case costruttrici di smaltire gli ordini rimasti inevasi nel 2021 e nel 2022.
La geografia della meccanica agricola europea. L’andamento delle immatricolazioni evidenzia tuttavia significative differenze da nazione a nazione: da una parte Paesi come la Germania, la Francia e il Regno Unito che “ingranano la quarta” e migliorano le performance del 2022, dall’altra Paesi come Italia e Spagna che rallentano la corsa e arretrano rispetto allo scorso anno. Entrando più in dettaglio, la Germania vede crescere del 6% le immatricolazioni di trattrici (in ragione di 16.597 unità) e si conferma come la locomotiva del comparto agromeccanico continentale, staccando di poco la Francia (16.035 unità vendute) che registra comunque una crescita del 3,6%. Percentuali positive anche per il quarto mercato europeo, quello della Gran Bretagna, che da inizio anno segna 7.500 macchine immatricolate (+4,9%), restando comunque dietro l’Italia che raggiunge un totale di 10.120 unità immatricolate. Vendite in flessione anche per l’altro grande Paese di riferimento dell’area mediterranea, la Spagna, che registra una contrazione ben più consistente (-15,7%), fermandosi a 4.158 trattrici immatricolate. Di segno opposto l’andamento della Grecia, che chiude il semestre con un vistoso +73,4%, passando dalle 425 unità del primo semestre 2022 alle 737 dell’anno in corso.
Il boom dei Balcani, la frenata dell’Europa danubiana. Nel composito panorama europeo spicca il boom della Paesi balcanici che tra gennaio e giugno registrano percentuali a doppia cifra anche se riferite a volumi di vendita più contenuti rispetto a quelli dei principali Paesi europei. Cresce molto la Bosnia Erzegovina che, con 703 trattrici immatricolate nel primo semestre 2023, sperimenta l’incremento più corposo di tutta l’area (+59,4%), staccando Croazia (+29,1% in ragione di 603 mezzi) e Serbia-Montenegro (+9,2% in ragione di 1.252 macchine). Se il settore agromeccanico registra significativi progressi nell’area balcanica, in quella danubiana sperimenta invece una battuta d’arresto. Austria e Repubblica Ceca vedono un calo delle vendite pari rispettivamente al 10,6% e all’8,7%, passando la prima da 3.028 a 2.707 unità, la seconda da 1.594 a 1.455. Più significativa la flessione in Slovenia e Ungheria. Nel confronto tra i due semestri, la Slovenia segna un passivo del 16,3% (in ragione di 684 trattrici immatricolate) mentre l’Ungheria cala del 26,3% fermandosi a 1.459 macchine registrate. Arretra anche la Polonia (-12,7% in ragione di 4.891 trattrici) dopo i picchi raggiunti nel biennio 2020-2021.
Le incognite del secondo semestre. Nella prima parte dell’anno il mercato europeo delle trattrici, sia pure con le significative differenze tra Paesi di cui si è detto, ha confermato il trend espansivo visto a partire dagli ultimi mesi del 2020. Peraltro, la leggera flessione del 2022, considerata come una “pausa” fisiologica dopo il boom del 2021, non ha modificato nella sostanza i volumi di vendita complessivi, in molti casi superiori a quelli pre-Covid. La crescente diffusione delle tecniche dell’agricoltura 4.0 e gli investimenti in tecnologie di ultima generazione, sostenuti anche da programmi di incentivazione pubblica, hanno infatti contribuito a trainare la domanda pur in presenza di un contesto economico e geopolitico che, come noto, è diventato problematico a seguito del conflitto militare in Ucraina. Dal febbraio 2021 ad oggi il mercato agromeccanico ha dunque mostrato una discreta tenuta e tuttavia - sostengono gli analisti - lo scenario potrebbe cambiare nel corso dell’anno. Nel breve e medio termine l’andamento del settore potrebbe essere infatti condizionato sia dalle pressioni inflazionistiche su materie prime, trasporti e servizi, sia dalla contrazione dei redditi agricoli. Fino alla prima metà del 2022 l’incremento di prezzo di molte derrate agricole, dovuto proprio alla crisi militare in Ucraina, aveva permesso agli operatori di compensare in una certa misura l’aumento dei costi relativi agli input agricoli. Con il superamento della fase emergenziale e con la progressiva “normalizzazione” del settore primario, si è vista invece una flessione dei prezzi delle derrate alimentari ma non di quelli dei fattori produttivi, e questo ha causato una riduzione del potere d’acquisto e della capacità di spesa degli agricoltori. Peraltro, sulla propensione ad investire in tecnologie per l’agricoltura pesano anche il progressivo esaurimento dei programmi pubblici di incentivazione all’acquisto e il rialzo dei tassi di interesse, che rende più oneroso e problematico l’accesso al credito. Insomma, il mercato europeo potrebbe presto trovarsi a scontare quella evidente inversione di tendenza che si è già iniziata a intravedere nei mesi di luglio e agosto e che ha portato il parziale del 2023 a -3%.
La rilevazione di settembre del Barometro – pubblicazione mensile del CEMA che rileva il sentiment dell’industria di settore – sembra confermare questo cambiamento di scenario. La maggioranza dei costruttori censiti dal Comitato – pari al 58% del campione (lo scorso luglio scorso questa percentuale si attestava al 34%) – ritiene infatti che nei prossimi sei mesi il proprio giro d’affari potrebbe subire una contrazione. Si tratta di una previsione che, come tutte le ipotesi predittive, potrà essere corretta in corso d’opera. Molto dipenderà dalle misure che i governi potrebbero mettere in campo per sostenere un settore industriale più che mai strategico nell’attuale fase di transizione dell’agricoltura verso la digitalizzazione e l’alta automazione.