Le imballatrici prismatiche giganti
Le operazioni di imballaggio dei foraggi possono essere eseguite con macchine di diversa impostazione, in grado di confezionare le balle in forme diverse in funzione delle esigenze aziendali. Molti sono i modelli disponibili sul mercato, e sempre più raffinate le soluzioni tecnologiche realizzate dalle case costruttrici
La fienagione è un processo tanto importante quanto delicato che, in linea con quanto sta avvenendo in tutto il panorama della meccanizzazione agricola, è in continua evoluzione.
Prendendo in considerazione i dati relativi alle tipologie di macchinari venduti si nota che è in costante aumento la richiesta di macchine utilizzate per il taglio con dimensioni sempre maggiori, quindi anche con più alte prestazioni, nonché di quelle utilizzate per le successive fasi di rivoltamento e andanatura, ma l’incremento maggiore si ha, soprattutto, per le macchine utilizzate per l’imballatura dei foraggi. Questa è una fase critica per la quale si registra una propensione da parte degli agricoltori a rivolgersi con frequenza sempre maggiore ai contoterzisti, tale soluzione permette, infatti, di impiegare proficuamente macchine di ultima generazione e con alte capacità di lavoro, senza dover sostenere le ingenti spese necessarie per l’acquisto delle stesse.
La tecnica di fienagione si compone di più fasi: il taglio del foraggio, il successivo appassimento in campo dello stesso (o il pre-appassimento nel caso della fienagione in due tempi) e infine la raccolta del prodotto, con quest’ultima operazione che viene raramente effettuata con carri autocaricanti. Di norma si predilige infatti pressare il fieno in balle aventi diverse forme e dimensioni, a seconda del tipo di macchina imballatrice utilizzata e dell’organizzazione del lavoro scelta. In tutti i casi l’obiettivo è, comunque, quello di massimizzare la qualità del prodotto minimizzandone le perdite, risulta, pertanto, fondamentale contenere gli inquinamenti da corpi estranei, come terra, polvere e sassi, nonché evitare di maltrattare troppo il foraggio al fine di ridurre le perdite di prodotto lasciato sul terreno.
Sebbene per via delle più favorevoli condizioni climatiche la foraggicoltura italiana sia tradizionalmente molto più orientata alla produzione di fieno rispetto agli insilati, come invece avviene al di là delle Alpi, è anche possibile notare che la propensione ad insilare gli erbai è in aumento anche in Italia, soprattutto per il primo e per l’ultimo taglio, notoriamente effettuati in periodi nei quali l’andamento meteorologico è meno stabile. Rimane comunque una differenza sostanziale rispetto alle grandi aziende europee che effettuano l’insilaggio in trincea: nel nostro Paese si predilige infatti la fasciatura dei balloni.
La fase di raccolta e imballatura consiste nel raccogliere il foraggio (fieno o erba più o meno appassita) riunito in andana e confezionarlo in balle. La raccolta del foraggio può avvenire: quando è secco, in tal caso si opera su di un prodotto avente il 15-16% di contenuto d’acqua, in questo modo si ottengono balle conservabili così come sono state prodotte; quando è appassito, operando su un prodotto che ha ancora un 35-40% di acqua circa e che va, quindi, essiccato in fienili a ventilazione forzata o in sili; si tratta in questo caso della cosiddetta “fienagione in due tempi”; quando è fresco o appena semi appassito, in questo caso è prevista, per la successiva conservazione, la fasciatura dei balloni con appositi film plastici, che hanno lo scopo di creare all’interno degli stessi un ambiente anaerobico.
Quest’ultima è una prassi che va sempre più diffondendosi, specie per l’erba medica, giacché la raccolta di prodotto ancora parzialmente umido e il suo successivo insilaggio permettono di diminuire drasticamente le perdite delle foglioline, che sono soggette a spezzettarsi durante le fasi di essiccazione in campo, lo stesso discorso è valido anche per quelle essenze dove è importante raccogliere anche il fiore.
Il principale parametro che caratterizza i balloni di fieno è il grado di compressione, che si esprime in kg/m3. In funzione della tipologia di macchina impiegata è possibile ottenere balle di fieno aventi una densità che può variare da poco più di 100 kg/m3 fino a quasi 300 kg/m3, mentre nel caso in cui venga pressata la paglia, con le medesime attrezzature, le densità variano da poco meno di 100 a poco meno di 200 kg/m3. Per quanto riguarda il fieno occorre, inoltre, considerare che con balle aventi densità inferiore a 140 kg/m3 è possibile perdere ancora qualche punto di umidità dopo la pressatura, tale fenomeno è impossibile che si manifesti per quelle balle aventi densità elevate, e risulta quindi imprescindibile l’andare a raccogliere il fieno soltanto quando questo ha raggiunto una umidità inferiore al 15%, al fine di evitare rischi di ammuffimento e surriscaldamento.
Tre sono sostanzialmente le possibilità di scelta in termini di forme geometriche e dimensione delle balle prodotte.
Parallelepipede piccole: Le piccole e tradizionali balle parallelepipede sono sempre meno utilizzate in Italia, ma trovano ancora proficuo impiego nei paesi in via di sviluppo, nella zootecnia di piccolo cabotaggio e nelle aree montane. Tipicamente le piccole macchine imballatrici hanno il pregio di poter essere movimentate anche con trattori di piccola potenza, hanno un baricentro basso, producono balle con volumi di 0,1-0,2 m3 e con densità tipica di 130-150 kg/m3, da cui deriva un peso medio di 15-35 kg, che ne consente la movimentazione manualmente. Gli svantaggi derivanti dall’impiego di questa tipologia di imballatrici derivano invece dalla maggiore difficoltà nel successivo impiego delle balle in contesti che prevedono l’impiego dell’unifeed, e dalla bassa densità che comporta maggiori problemi nello stoccaggio. Inoltre, a causa della piccola dimensione dei macchinari impiegati, la capacità operativa del cantiere di raccolta risulta bassa.
Cilindriche: Molto in voga e molto apprezzate dagli agricoltori, vengono formate con rotopresse a camera fissa o variabile. Le rotoballe hanno tipicamente volumi compresi tra 1,4 e 2,1 m3, con densità che per il fieno è normalmente compresa tra 130 e 180 km/m3, ma solo le rotopresse a camera variabile riescono a raggiungere i valori di pressatura più elevati. La loro caratteristica forma cilindrica è uno svantaggio in fase di stoccaggio, in quanto gli inevitabili spazi vuoti tra le rotoballe diminuiscono le capacità nelle fasi di immagazzinamento e trasporto, ma per contro facilitano lo sgrondo delle acque meteoriche nel malaugurato caso in cui piova su di esse prima che sia stato possibile portarle fuori dai campi dove sono state prodotte. Il peso e il volume che raggiungono le rotoballe le rendono facilmente sollevabili con i caricatori delle trattrici, sono molto adatte all’impiego con i carri unifeed e possono essere prodotto con cantieri di raccolta caratterizzati da ridotto impiego di manodopera ed elevata capacità operativa.
Parallelepipede giganti: Prodotte con le moderne imballatrici comunemente denominate “big baler” e diffusesi a partire dalla fine degli anni ’80 del secolo scorso, si rivelano essere particolarmente adatte alle filiere che implicano il loro trasporto, poiché, a parità di volume con gli altri tipi di balle, contengono una maggiore quantità di fieno, dato che la loro densità può raggiungere i 300 kg/m3. Occorre però rilevare anche che, dato che il loro volume è compreso normalmente tra i 2 e i 4 m3 (in funzione delle dimensioni della camera di pressatura e della lunghezza selezionata), la successiva movimentazione richiede di norma l’impiego dei caricatori telescopici (telehandler), specie quando si raccoglie foraggio semi affienato o fresco da fasciare. Si tratta inoltre di cantieri di raccolta estremamente produttivi, con capacità comprese tra le 4 e le 7 tonnellate di sostanza secca all’ora, che comportano, però, di norma un incremento dell’indice di compattamento del suolo, data la necessità di impiegare macchinari decisamente più pesanti. Ad ogni modo il loro impiego è in costante aumento, vuoi perché la loro forma parallelepipeda consente economie nello stoccaggio in quanto si può occupare tutto lo spazio disponibile, vuoi perché la maggiore densità facilita l’impilamento delle stesse fino ad altezze elevate con rischi di crollo molto ridotti rispetto alle rotoballe, e nel caso del foraggio fresco da fasciare ne facilità anche l’insilamento.
La tecnica delle imballatrici prismatiche: Che siano piccole o giganti, le presse parallelepipede condividono un classico schema generale di funzionamento generale, mentre le macchine, nonché i loro componenti, si differenziano sostanzialmente per le dimensioni e per la collocazione. Nella imballatrice a camera prismatica, il foraggio disposto in andane viene sempre raccolto da un pick-up a denti flessibili che ruota in maniera opposta rispetto alle ruote e invia il prodotto verso un infaldatore (normalmente realizzato con una coppia di force ma talvolta anche con una coclea) che provvede ad inviare il raccolto all’interno della camera di compressione avente sezione quadrata o rettangolare.
Tra il pick-up e l’infaldatore è presente un dispositivo di taglio a coltelli comandato idraulicamente (le imballatrici piccole talvolta ne sono prive) che permette di norma anche di selezionare il numero di coltelli da impiegare, onde ottenere un prodotto più o meno sminuzzato in funzione delle differenti esigenze). In prossimità di questo organo le macchine più recenti possono essere dotate di dispositivi atti a riconoscere l’eventuale presenza di corpi estranei (es. sassi) che permettono poi alla macchina di agire per espellerli senza inglobarli nel ballone. All’interno della camera di compressione, un pistone dotato di movimento alternativo e capace di sferrare quasi un colpo al secondo, va a comprimere il foraggio raccolto spingendolo verso l'uscita posteriore. Da questo punto di vista c’è da sottolineare il fatto che, allo scopo di aumentare la capacità di pressatura, siano recentissimamente comparse sul mercato anche soluzioni dotate di un doppio pistone.
Una volta raggiunta la lunghezza voluta del ballone interviene un dispositivo di legatura che provvede a confezionarli. La regolazione della densità della balla avviene semplicemente regolando la larghezza di una strettoia che si trova nella parte posteriore della camera di compressone, dato che diminuendone la dimensione si provoca una maggiore resistenza all’uscita delle balle dalla camera, di conseguenza un maggiore effetto di compressione da parte del pistone sulla balla in corso di formazione. Una volta legato il ballone, questo viene fatto scivolare posteriormente alla camera di compressione dalla spinta prodotta dal nuovo ballone in produzione, che lo fa scorrere su di un dispositivo a scivolo per lo scarico delle balle sul piano di campagna.
Molti sono i costruttori che si stanno cimentando in questo mercato, a partire dall’americana Hesston (che ora produce anche per i marchi della AgCo, come ad esempio Fendt e Massey Ferguson), New Holland, Vicon, Lely, Krone, Claas, Welger, John Deere, oltre ad aziende italiane come Supertino, Cicoria e Gallignani. Aziende come la francese Rivierre Casalis e le italiane Laverda e Gallignani hanno sviluppato in proprio delle imballatrici prismatiche giganti, per poi decidere di non produrre più per questo segmento.
Tra le ultime novità introdotte su queste macchine vale la pena citare, ad esempio, la connettività ISOBUS, utile non solo per permettere di controllare le funzionalità della macchina direttamente dal computer di bordo del trattore senza installare centraline di controllo dedicate, ma anche per permettere un dialogo fra attrezzatura e trattore che ottimizza automaticamente i parametri di lavoro (con ISOBUS di classe III), come ad esempio la velocità, per mantenere la produttività sempre ai massimi livelli possibili.
Internamente alla macchina alcuni costruttori hanno inoltre aggiunto dei sensori di carico sul pistone, al fine di monitorare e ottimizzare il riempimento della camera di pressatura, nonché sensori posti in prossimità del pick-up, che permettono un eventuale riposizionamento della macchina rispetto all’andana in caso di scarti di traiettoria.
Quello delle big-baler è comunque un mercato vivace e in costante crescita, che continua a proporre soluzioni innovative atte sia ad incrementarne le prestazioni operative, sia ad introdurre nuovi dispositivi elettronici per il controllo e la mappatura delle attività di campo, nonché per l'analisi della qualità del foraggio in tempo reale, anche allo scopo di permettere eventualmente lo stoccaggio dei balloni in funzione della loro qualità, e per poterle tracciare anche nel successivo utilizzo, a tutto vantaggio delle operazioni di alimentazione e della tracciabilità dei prodotti di origine animale.
Interessante appare la tecnologia che permette la pesatura delle balle, e – oltre al monitoraggio delle rese – di differenziare, per esempio, il prezzo della balla in funzione del suo peso.
Per quanto riguarda la dimensione della camera di pressatura occorre rilevare che quasi tutte le case costruttrici prevedono sulle stesse macchine svariate misure per permettere al cliente di scegliere in funzione alle necessità. In linea di massima si rileva che le camere con larghezza di 120 cm siano le più diffuse, soprattutto per il fatto che i balloni prodotti sono poi molto comodi da traportare sui camion dato che affiancandone due si ottiene una larghezza di 2,4 metri.
Per l’altezza le opzioni sono molteplici e variano sostanzialmente tra 65 e 130 cm. Con le camere più basse si producono balle più stabili da impilare, mentre con quelle più alte si semplifica la successiva gestione logistica, ma c’è la necessità di impiegare trattori più potenti (e quindi pesanti).
La lunghezza della balla è invece un parametro modificabile a piacimento, dato che con i canali di pressatura, che partono da lunghezze di poco inferiori ai 3 metri e raggiungono a volte lunghezze prossime ai 4 metri, è ormai possibile formare balloni decisamente lunghi, anche se, per semplificarne la logistica, di solito si preferisce utilizzare lunghezze intorno ai 2-2,5 metri.