
La piccola meccanizzazione delle colture specializzate
Molte aziende agricole italiane hanno un’estensione limitata e l’acquisto di un trattore convenzionale risulta antieconomico, o addirittura impossibile. Per queste realtà l’ideale è dotarsi di motozappe e motocoltivatori che, grazie alle piccole dimensioni e alla loro versatilità, si rivelano un valido aiuto nel processo produttivo
Un censimento dell’agricoltura piuttosto recente rilevava che nelle aziende agricole italiane erano operativi ben 1,4 milioni di macchine tra motocoltivatori, motozappe e motofalciatrici. Si tratta di un numero senza dubbio approssimato per difetto, poiché è noto che nei censimenti vengono registrate solamente le macchine destinate ad uso professionale, mentre quelle in possesso degli hobbisti (in questo caso numerosissime) non sono comprese. È facile capire come motocoltivatori e motozappe siano mezzi tuttora estremamente diffusi sia tra chi svolge attività agricole professionali ad elevata specializzazione (viticoltura eroica, aziende ad indirizzo vivaistico, floricolo, orticolo ecc.), sia in aziende che coltivano limitate superfici di terreno, per le quali l’acquisto e l’impiego di un trattore risulta poco pratico o conveniente.
È importante ricordare che in Europa la meccanizzazione agricola non si è inizialmente sviluppata con la comparsa dei trattori, bensì con queste piccole macchine monoasse, equipaggiate con un motore endotermico di bassa potenza e condotte a mano da un operatore al seguito. I primi esemplari di macchine assimilabili ai motocoltivatori risalgono al secondo decennio del secolo scorso grazie ad un costruttore svizzero, Karl de Meyenburg, che ideò un piccolo veicolo a due ruote dotato di una sorta di fresa per sminuzzare il terreno. In Italia, i primi modelli di motocoltivatore comparvero più o meno nello stesso periodo, ma è con gli anni ’50 che vissero una vera e propria “età dell’oro”, grazie ad aziende che, concluso lo sforzo bellico legato alla seconda guerra mondiale, avevano la necessità di riconvertire ad usi civili la propria produzione. Tra queste, si può citare Aermacchi, Moto Guzzi, Aeronautica Caproni e Piaggio, ma è con i piccoli artigiani che motocoltivatori e motozappe si sono definitivamente affermati sul mercato. Alcuni marchi sono ancora operativi oggi, come ad esempio Nibbi, Pasquali, Goldoni, Ferrari, BCS, Bertolini e altri, mentre molti altri hanno cessato la produzione dopo pochi anni di attività. Nella maggior parte dei casi, queste piccole case produttrici acquistavano i motori da altre aziende specializzate nella costruzione di propulsori diesel o benzina, tra le quali ACME, Ruggerini, Lombardini, Slanzi, Guidetti, VM, oggi scomparse o assorbite in nuove società.
La motozappa. È una macchina leggera e compatta, pensata principalmente per la lavorazione secondaria del terreno, come la preparazione del letto di semina o la sarchiatura. Priva di organi di propulsione (ruote o cingoli), è equipaggiata da un motore, generalmente endotermico (alimentato a benzina o gasolio) oppure elettrico nelle versioni più leggere, che aziona un rotore ad asse orizzontale, di solito con larghezza non superiore ad un metro, su cui sono fissate saldamente delle piccole zappette curve, a mezzaluna o a denti diritti. Messe in rotazione mediante trasmissioni meccaniche, le zappette permettono contestualmente l’avanzamento della macchina e la lavorazione del terreno; quest’ultimo viene frantumato e sminuzzato a profondità variabili tra 10 e 20 cm, a seconda del modello e delle regolazioni possibili.
Le motozappe sono progettate per garantire leggerezza e manovrabilità, il che le rende particolarmente adatte per lavorare in superfici limitate, come orti, giardini e più in generale piccoli appezzamenti di terreno. I motori che equipaggiano le motozappe hanno potenze comprese tra 1,5 kW, nei modelli più leggeri, fino a 7,5-11 kW, per quelli più professionali. I modelli con motore a scoppio sono più potenti e adatti a terreni più impegnativi, mentre quelli azionati elettricamente (tramite corrente di rete o grazie a batterie) sono ideali per lavorazioni meno intense, quindi su terreni non difficili e di piccole dimensioni. Le motozappe sono dotate di una coppia di stegole regolabili in altezza e direzione, per poter condurre convenientemente il mezzo lungo il percorso desiderato. I pochi comandi, posizionati generalmente sulle impugnature delle stegole, riguardano sostanzialmente l’avviamento del rotore e la regolazione - tramite acceleratore a mano - della velocità di rotazione delle zappette. Alcuni modelli dispongono dell’inversione del moto degli organi lavoranti, per facilitare le manovre in spazi ridotti. Deve invece essere obbligatoriamente sempre presente un apposito comando, di norma posizionato in corrispondenza di una delle due impugnature, che funge da interruttore di sicurezza del moto: funziona con la logica ad “uomo presente”, perché se rilasciato dall’operatore fa arrestare immediatamente la macchina, per evitare incidenti che talvolta sono purtroppo anche mortali. Vista la sua architettura, è evidente come la motozappa sia un mezzo ad elevata specializzazione: pochi infatti sono gli accessori disponibili sul mercato. Tra questi, possiamo ricordare assolcatori e piccoli vomeri da applicare immediatamente a valle del rotore, che permettono appunto di aprire, contestualmente all’amminutamento del terreno, piccoli solchi per effettuare una successiva semina a file, e piccole ruote in gomma o metalliche da applicare all’estremità del rotore in modo da consentire alla motozappa di effettuare semplici operazioni che richiedono forza di trazione, quali ad esempio arature leggere e scavo delle patate.
Il motocoltivatore. È una macchina agricola tendenzialmente più potente e versatile della motozappa, ed è progettata per lavorare su appezzamenti più ampi e su terreni anche ad elevata tenacità. Si distingue inoltre per una notevole multifunzionalità, potendo disporre di una vasta gamma di operatrici accoppiabili e accessori. Dal punto di vista meccanico, il motocoltivatore presenta una struttura robusta, con motore endotermico a benzina o diesel di potenza variabile, di solito tra 3,5 e 13 kW e più, che lo rende adatto anche per lavori relativamente intensivi.
A differenza della motozappa, il motocoltivatore è dotato di una trasmissione del moto che aziona una coppia di ruote motrici (equipaggiabili con pneumatici con costole, oppure in alternativa con gabbie metalliche o addirittura con cingoli, di solito in gomma), che consentono di lavorare su vari tipi di terreno. E’ dotato di un attacco rapido con presa di potenza meccanica, per l’accoppiamento con diversi attrezzi intercambiabili, che conferiscono quindi una grande versatilità di impiego. La trasmissione meccanica è strutturata su un certo numero di marce avanti e indietro, per una velocità di avanzamento che varia di solito tra 1 e 8 km/h, in funzione della lavorazione da svolgere e delle condizioni operative. I principali modelli sono dotati di differenziale sempre in presa o con il blocco innestabile dall’operatore, in modo da migliorare la manovrabilità e l’aderenza della macchina. Riguardo a quest’ultimo aspetto, per incrementare il peso aderente del mezzo, è possibile applicare piccole zavorre in ghisa (a partire da 15 kg) collocate all’interno dei cerchi delle ruote o zavorre più consistenti (oltre 40 kg) fissate a sbalzo in posizione anteriore. Analogamente alla motozappa, anche il motocoltivatore si conduce attraverso stegole e sono ovviamente sempre presenti i dispositivi di sicurezza per l’arresto immediato della macchina. Un’altra differenza sostanziale che caratterizza il motocoltivatore è la reversibilità di 180° delle stegole, per consentirne l’impiego in entrambe le direzioni di marcia, permettendo quindi l’accoppiamento con diverse tipologie di attrezzi.
Quelli più comuni spaziano dalle zappatrici a rotore (che di fatto sono gli utensili pensati come dotazione originaria della macchina) e dalle vangatrici, agli aratri a versoio (anche reversibili) o rotativi, sino agli assolcatori, agli erpici rotanti, agli interrasassi e alle seminatrici. Per la fienagione sono disponibili sul mercato vari tipi di falciatrici (a lame oscillanti o rotanti), piccoli ranghinatori/voltafieno e mini-rotoimballatrici.
Per la pulizia di superfici e di aree incolte è possibile montare spazzolatrici, pale, turbine spazzaneve, trinciaerba, trinciasarmenti. Sono disponibili inoltre anche fresaceppi, pacciamatrici e scavapatate. Non mancano i rimorchi e le barre irroratrici. Infine, vi sono anche accessori per lavorazioni a punto fisso, quali biotrituratori, pompe per irrigazione e seghe circolari.
Motozappa o motocoltivatore, quale scegliere? La prima è ideale per le lavorazioni secondarie del terreno, mentre il secondo è più versatile e polivalente. Per entrambe le macchine, tuttavia, devono essere attentamente considerati i limiti operativi: date le modeste potenze dei motori e la limitata larghezza di lavoro degli accessori, la capacità di lavoro non può essere elevata. Con i modelli di maggiore taglia, le prestazioni migliorano, ma talvolta a discapito del comfort di conduzione, che risulta più faticosa per gli operatori, visto che la massa può superare i 250 kg. Un’ulteriore questione, sempre inerente il comfort, riguarda le vibrazioni che le stegole trasmettono agli operatori, anche se nei modelli più moderni sono installati sistemi di smorzamento con silent block che mitigano parzialmente i livelli vibrazionali. In ogni caso, nonostante i loro limiti, queste piccole macchine continuano a rappresentare mezzi assolutamente funzionali, e senza dubbio economicamente sostenibili, per le realtà agricole di nicchia e di piccolissime dimensioni, contribuendo ad una loro proficua permanenza sul mercato.