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Tecnica

L'imbianchimento di verdure e ortaggi

È una tecnica che, oltre al colore chiaro, conferisce alle specie vegetali una consistenza croccante e un gusto delicato, tale da aumentare il gradimento dei consumatori. Sono diverse le soluzioni adottate allo scopo, anche in relazione alle caratteristiche peculiari dei singoli prodotti

di Lavinia Eleonora Galli
maggio - giugno 2023 | Back

La grande distribuzione ha abituato i consumatori a poter acquistare frutta e verdura pulita e disposta in bella mostra sui banchi del punto vendita, ma spesso non si pensa, o addirittura non si conosce, la mole di lavoro che è stata svolta per la preparazione dei prodotti. Alcuni di questi – verdure e ortaggi in particolare – sono sottoposti a processi, talvolta anche eseguiti nel post-raccolta, che esulano dalla mera filiera produttiva. Per le colture più redditizie una delle operazioni più frequentemente adottate, che richiede molte energie e notevole cura, è l’imbianchimento.

 

L’imbianchimento

Si tratta in sostanza di limitare l’esposizione della coltura alla luce, per ottenere una riduzione dei livelli di clorofilla nel materiale vegetale. Come suggerisce il nome, l’effetto più evidente dell’imbianchimento è la variazione a toni molto più chiari, se non addirittura quasi bianchi, del classico colore verde (o rosso, a seconda delle varietà) delle diverse colture. Tra l’altro, la riduzione della concentrazione di clorofilla rende in genere il prodotto più “dolce” al palato, una caratteristica particolarmente apprezzata per l’assenza del classico retrogusto amarognolo. Un effetto secondario, parimenti apprezzato dai consumatori, è la variazione di consistenza: infatti, la mancata esposizione alla luce (durante lo sviluppo e/o come post-trattamento in luoghi individuati ad hoc), fa sì che i tessuti vegetali siano croccanti e molto meno fibrosi rispetto alla stessa produzione ottenuta in piena luce. In pratica, è come se si interrompesse l’accrescimento della coltura: privandola della radiazione solare, si obbliga la pianta a respirare anziché a fotosintetizzare. Ciò comporta un bilancio negativo dal punto di vista energetico, che viene supportato dalla degradazione dell’amido accumulato dalla pianta in zuccheri, rendendo di conseguenza il prodotto più dolce al palato. Sono state messe a punto diverse modalità di imbianchimento: le più diffuse sono la legatura, la rincalzatura, la pacciamatura e l’imbianchimento in tunnel/cella.

 

L’imbianchimento in campo

È una pratica largamente diffusa per molte colture, quali ad esempio finocchi, indivia scarola, asparagi bianchi, ecc., che prevede di limitare l’esposizione alla luce in campo già nella fase di crescita. Tra i diversi metodi applicati c’è la rincalzatura, spesso adottata per i finocchi. In questo caso, l’imbianchimento viene forzato sulla base fogliare (ovvero la parte edibile, detta “grumolo”), che per poter rimanere bianco e non fibroso (altrimenti diverrebbe verde e fibroso come le foglie) viene ricoperto da terra tramite la rincalzatura. Nel caso di colture ipogee, come ad esempio gli asparagi bianchi, l’imbianchimento avviene grazie alla copertura delle baulature con teli pacciamanti, che impediscono ai turioni che fuoriescono dal terreno di fotosintetizzare, mutando il colore in verde o viola. Una variante della pacciamatura viene applicata al cardo e al sedano, in cui la parte epigea della pianta viene avvolta con teli traspiranti neri che riparano dalla luce.

Diversamente avviene invece nel caso delle insalate a cespo, prima tra tutte l’indivia scarola. La pianta ha un portamento a cespo aperto e per imbianchirne il cuore si interviene legando le foglie più esterne del cespo stesso, in modo da ottenere materiale anche più tenero e dolce. Le foglie esterne rimarranno attive in termini di fotosintesi, e diventeranno più coriacee e amare.

L’imbianchimento in cella/tunnel

Si tratta di una procedura eseguita nel post-raccolta, tipicamente applicata a radicchio e indivie (ad es. l’indivia belga), allo scopo di lasciare le piante a bassa temperatura e scarsa (o nulla) illuminazione per ottenerne l’imbianchimento. Spesso si creano “letti di sabbia” in cui ospitare verticalmente i cespi, che devono rimanere in deficit idrico per un periodo variabile tra due e 6 settimane, al termine delle quali vengono eliminate le foglie esterne, appassite e ammalorate.

Una delle maggiori criticità di questo metodo è la marcescenza e lo sviluppo di muffe se le piante vengono stoccate con le foglie umide, problema che può degenerare fino alla compromissione dell’intero raccolto.

 

La filiera produttiva del finocchio

La parte edibile del finocchio è il grumolo, ovvero la parte basale delle foglie, caratterizzate da gusto delicato e colore bianco. Come molte altre colture ipogee, il finocchio teme i ristagni idrici, per cui è necessario assicurare un terreno soffice e ben drenato. Il sesto di impianto prevede una distanza di 50-70 cm tra le file e di 20-30 cm sulla fila, con una profondità di trapianto non superiore ai 30-40 cm. Al fine di garantire l’imbianchimento, circa 20 giorni prima della raccolta si effettua la rincalzatura,

La raccolta e la successiva pulizia del prodotto possono avvenire manualmente, mediante scalzatura delle piante (ad esempio tramite una vanga) e poi eliminando gli scarti. In alternativa, la raccolta meccanizzata prevede l’impiego di operatrici che scalzano, prelevano e mondano il prodotto tramite due rulli conici controrotanti che scavano i lati della fila, “mungono” le piante, che poi vengono recise al piede. Un sistema di trasporto a cilindri rotanti afferra il ciuffo, per trasportare le piante verso la parte posteriore della macchina, dove due lame controrotanti separano le foglie dalla parte edibile, che infine viene convogliata tramite un nastro trasportatore nelle cassette.

La filiera produttiva del radicchio

Il radicchio viene offerto sul mercato in numerose varietà morfologicamente differenti, che però hanno in comune parte della filiera produttiva. Si tratta di una pianta erbacea con distanza tra le piante sulla fila variabile tra 25 e 40 cm. Anche in questo caso sono richiesti terreni soffici e ben drenati, per scongiurare marcescenze e ristagni idrici. La raccolta può essere manuale, sradicando le singole piante e recidendone il rizoma ad una profondità di circa 5 cm.

In alternativa, la raccolta meccanica prevede l’impiego di attrezzature trainate o semoventi con funzionamento differente. Una prima tipologia di macchine sfrutta una coppia di rulli controrotanti posti ai lati della fila orientano i cespi, che sono successivamente tagliati al piede tramite due lame circolari, per essere quindi convogliati tramite dei nastri trasportatori nelle cassette di stoccaggio. La seconda è simile alle macchine per la raccolta di insalatine in foglia, consistendo in una barra di taglio a doppia lama oscillante che recide il cespo poco sotto la superficie del terreno, per poi essere trasferito nelle cassette.

Per l’imbianchimento, le piante vengono disposte verticalmente in cassette e quindi adagiate in appositi tunnel o celle oscurati e ventilati, con un fondo umido (sabbia bagnata) o un velo d’acqua per garantire una corretta umidità delle piante. In questo ambiente “protetto”, il prodotto viene lasciato per almeno due settimane, dopo le quali i cespi sono mondati dalle foglie esterne ammalorate, poi lavati ed asciugati per la commercializzazione.


L’imbianchimento dell’indivia con cupole

In Francia, in alternativa alla legatura, l’imbianchimento delle indivie e delle insalate in campo è talvolta effettuata con l’applicazione di cupole plastiche che riducono il degrado delle foglie esterne. Questa soluzione è stata adottata per un breve periodo anche in Italia ma, a causa della notevole variabilità meteorologica, non ha avuto successo, poiché oltre all’instabilità della copertura a causa del vento, comportava un significativo rischio di marcescenza delle foglie.


Le varietà italiane di radicchio

Il radicchio è una coltura particolarmente apprezzata in Italia; le varietà coltivate si differenziano sostanzialmente per il colore delle foglie, che vanno dal bianco puro a quello variegato, al rosa, fino al più noto radicchio rosso. Quest’ultimo si differenzia anche per l’aspetto del cespo: c’è il radicchio di Chioggia dall’aspetto globoso, quello di Verona più allungato, fino a quello decisamente lungo di Treviso (precoce o tardivo), conosciuto e apprezzato per le foglie consistenti e croccanti.

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