L'agricoltura balcanica premia le macchine "made in Italy"
Con un valore complessivo delle esportazioni che nel 2013 ha superato i 247 milioni di euro, in leggero calo sul biennio 2011-2012 ma comunque in linea con la media riferita agli ultimi cinque anni, l'area balcanica si conferma come uno dei principali mercati di sbocco per i costruttori italiani di macchine agricole. Tra utensili, attrezzature, componenti e trattrici i Balcani detengono infatti una quota pari all’8% dell'export italiano in Europa, e pari al 5,3% delle esportazioni italiane globali.
Trattrici: vola l'export in Bulgaria, torna a crescere la Grecia. Naturalmente il dato aggregato a livello regionale “nasconde” differenze molto significative tra un contesto e l'altro. Nel caso delle trattrici, ad esempio, nel 2013 più della metà delle esportazioni italiane dirette verso la penisola balcanica è stata assorbita da Slovenia (999 unità) e Bulgaria (824), seguite a distanza da Romania (462), Grecia (454), Croazia (268) e Albania (177). In posizione più defilata Serbia, Macedonia e Bosnia, mentre Kosovo e Montenegro hanno avuto un ruolo molto marginale. Tra l'altro, prendendo come riferimento sempre il 2013, la Bulgaria, oltre ad essere stato uno dei due Paesi con la domanda più elevata di trattrici made in Italy, è stato anche quello che nel quinquennio 2009-2013 ha visto crescere soprattutto le importazioni dall'Italia: +63% in termini unitari e +52,9% in valore nel 2013 rispetto all’anno precedente, e +96% (+99% in valore) nell’intero quinquennio dal 2009 al 2013. Il trend crescente della Bulgaria ha controbilanciato la forte flessione dell'export in Romania, che dopo tre anni in territorio positivo nel 2013 è crollato sia in termini unitari (-44%) sia in termini di valore (-36%), tornando sui livelli di cinque anni prima. Segno negativo anche per Albania, Macedonia e Slovenia che si conferma comunque come il principale importatore di motrici italiane nella regione balcanica. Riprendono invece a crescere la Serbia, la Croazia ma, soprattutto, la Grecia. Il Paese ellenico, che tra il 2004 ed il 2008 ha importato in media più di 2.500 trattrici italiane l'anno, a partire dal 2009 – in concomitanza con la crisi internazionale e con il conseguenze rischio default – ha subito un crollo dell'interscambio con l'Italia, fino a toccare nel 2012 il punto mimino dal 2003 ad oggi (381 unità). Nel 2013 qualche segnale confortante è arrivato anche dalla Croazia che, dopo sei anni di crescita pressoché ininterrotta e tre di calo generalizzato (nel 2012 il minimo con sole 190 unità), è tornata in territorio positivo mantenendosi però sui livelli del 2002.
Macchine agricole: la Romania primo mercato per il Made in Italy. Se si passa dal segmento delle trattrici a quello delle macchine agricole lo scenario cambia in misura significativa. In questo comparto, infatti, è la Romania il principale mercato di riferimento per il made in Italy, nonostante la sensibile battuta d'arresto del 2013, che, pur comportando una diminuzione del 15,4% nel valore delle nostre esportazioni (oltre 62 milioni di euro) non ha comunque inficiato i livelli record raggiunti negli anni precedenti. In grande evidenza la Bulgaria, dove le importazioni dall’Italia sono aumentate in modo notevole, passando dagli oltre 14 milioni del 2010 ai 34 milioni del 2013 (+140%), e che ha in tal modo confermato la linea di tendenza emersa nel settore delle trattrici. Anche la Grecia, che solo sei anni fa era il primo mercato per l'Italia tra quelli dell’area (oggi il terzo), mostra nel 2013 un andamento pressoché analogo nei due segmenti: si tratta in questo caso di una tendenza al ribasso poiché, nonostante un leggero recupero, il valore delle importazioni di macchine agricole italiane si mantiene su valori assai prossimi al minimo registrato nel 2012 (19 milioni di euro pari al -53,6% sul 2009). Trend analogo per la Croazia dove nel biennio 2012-2013 il valore delle esportazioni italiane si è stabilizzato intorno ai 14 milioni di euro, con un netto calo rispetto agli oltre 26 milioni di euro del 2008. Segnali positivi arrivano invece dalla Serbia, che l'anno passato ha visto crescere di un ulteriore 9% le importazioni dall'Italia. Da segnalare come nel periodo compreso tra il 2010 ed il 2013 la Serbia sia stata l'unico Paese della regione balcanica ad incrementare in modo costante la domanda di macchine agricole italiane. Infine, per quanto riguarda Albania e Bosnia-Erzegovina, entrambe le realtà (in ripresa nel 2013) si caratterizzano per una forte oscillazione delle importazioni con un continuo alternarsi di incrementi e successive diminuzioni.
Balcani: potenzialità e debolezze del comparto agricolo. Insomma, come pare suggerire un indicatore significativo ma comunque incompleto quale appunto quello relativo all'andamento delle importazioni dall’Italia, il settore della meccanizzazione agricola sembra caratterizzarsi come molto differenziato da zona a zona. Una conferma in tal senso sembra venire dalle statistiche relative al parco macchine, le quali evidenziano differenze molto pronunciate tra un Paese e l'altro, con la Serbia che può vantare una posizione di leadership grazie a 583 mila trattrici in dotazione (dati Ice 2012). A distanza - come evidenziano i dati Fao, che tuttavia si fermano ad alcuni anni orsono, per certi Paesi al 2006 per altri al 2008 - seguono Grecia (259 mila unità nel 2006) Romania (175 mila nel 2008), Slovenia (104 mila nel 2005) e Bulgaria (53 mila nel 2008), mentre l'Albania (7.400 nel 2008) mostra numeri decisamente più bassi. Da menzionare, al riguardo, come tra il 2003 ed il 2008 la Bulgaria abbia incrementato il numero di trattrici del 65,5% (pari ad un aumento di 21 mila unità). Da queste rilevazioni statistiche (a fronte di divergenze tra le fonti non è stata considerata la Croazia) emerge dunque una diversa intensità di meccanizzazione e, con essa, un diverso modo di fare agricoltura; tali differenze tuttavia non cancellano i nodi strutturali comuni, legati soprattutto all'eredità dei regimi comunisti che hanno governato in passato quasi tutta la regione. In tale contesto, mentre Grecia, Croazia e Slovenia sembrano rivolte verso sistemi di coltivazione e di produzione più orientati al mercato, Albania, Bosnia e Macedonia – Paesi per i quali il settore primario contribuisce ancora in misura determinante sia alla formazione del Pil che all'occupazione – sono chiamate ad affrontare non pochi punti deboli. L'Albania, ad esempio, deve fare i conti con l'eccessivo frazionamento della proprietà fondiaria e con un livello di meccanizzazione ancora inadatto a garantire al comparto la competitività necessaria per affrontare le sfide della concorrenza internazionale. In Bosnia – dove le recenti alluvioni hanno aggravato le difficoltà di un settore che non ha ancora superato i danni causati dal conflitto interetnico – i problemi principali sono legati allo scarso sfruttamento dei terreni, al modesto sviluppo dei sistemi di irrigazione, alla riconversione dei terreni agricoli per un uso edilizio. Anche in Serbia l'agricoltura ha un ruolo di primissimo piano, specie considerando l'elevato potenziale produttivo del comparto (frumento, mais, soia, barbabietole, frutta, ortaggi i prodotti principali), legato a condizioni climatico-ambientali favorevoli, alla buona fertilità dei terreni e all'ampia disponibilità di risorse idriche, ma pure qui non mancano taluni fattori di debolezza, come sottolinea l'Ice. Primi fra tutti, l'impreparazione a gestire situazioni di emergenza meteo e la bassa propensione ad impiegare tecnologie di ultima generazione nel campo delle tecniche e degli strumenti di coltivazione (il parco macchine serbo, benché cospicuo, ha un'età media elevata). Linee di tendenza più positive invece per Romania e Bulgaria. In Romania – si legge nelle schede economiche predisposte dall'Ice – il contributo di agricoltura, silvicoltura e pesca nella formazione del Prodotto Interno Lordo si aggira intorno al 6-7%. Il valore della produzione agricola è aumentato negli ultimi 10 anni, passando da 4,4 miliardi di euro del 2000 a 17,1 miliardi nel 2011. Il settore agricolo, tuttavia, presenta significativi margini di miglioramento che potrebbero esse raggiunti implementando la dotazione tecnica delle aziende – specie in termini di meccanizzazione dal momento che il Paese, con una dotazione media di 19 trattori per ettaro, è ancora al di sotto della media europea – superando la frammentazione della proprietà e rinnovando le infrastrutture agricole. Infine, per quanto riguarda la Bulgaria, dove l'Ice segnala essere in atto un parziale ammodernamento del parco macchine, nel 2011 il settore primario ha visto decrescere la propria quota sul Pil (dal 5,2% al 4,4%), ma al contempo aumentare in misura significativa la propria quota di valore aggiunto (7,2%).