Il buio senza segreti: tecnologie e norme per i gruppi ottici
Anche sui mezzi agricoli i gruppi ottici e gli altri dispositivi di segnalazione luminosa hanno grande importanza. Dai fari ad incandescenza fino ai recenti sistemi LED, la tecnologia si è sviluppata per garantire una sempre migliore potenza illuminante e una sempre maggiore durata dei fari. Dal gennaio 2016 entra in vigore la Mother Regulation, che fissa gli standard per l'omologazione anche dei gruppi ottici
Di giorno e di notte, con il sole e la pioggia, con la nebbia e la neve, i trattori devono essere in grado di operare in qualsiasi condizione, sia meteorologica che di luminosità ambientale, garantendo all’operatore il massimo livello di sicurezza e di comfort. Per migliorare la visibilità, sia per il conducente sia rispetto agli altri veicoli circolanti su strada, si rende necessaria l’installazione di una serie di dispositivi di illuminazione e segnalazione visiva, così come li definisce il Codice della Strada, tra cui sono compresi i cosiddetti “gruppi ottici”. Inoltre, è necessario assicurare la miglior visibilità anche sul campo nell’esecuzione di lavorazioni in condizioni di oscurità, una situazione che si verifica sempre più frequentemente, perché permette di allungare il tempo utile di lavoro.
Con le più recenti novità normative in tema di omologazione (vedi box Le nuove normative), anche i trattori agricoli si stanno avvicinando in termini di dotazioni sempre di più al mondo automotive.
Dall’incandescenza al LED
Le prime lampade montate sugli autoveicoli erano a filamento ad incandescenza, e tuttora sono ancora piuttosto diffuse, anche in ambito agricolo. Si tratta di elementi illuminanti economici, con un’ottima resa cromatica, ma che hanno una vita utile breve e una ridottissima efficienza luminosa: considerando la resa in lumen (l’unità di misura del flusso luminoso che ricade nello spettro visibile dall’occhio umano) rispetto alla potenza richiesta, il valore tipico si attesta a soli 10-15 lumen/watt.
Più recenti sono le lampade alogene, che al momento risultano essere le più diffuse sia nel campo dell’automotive che in quello agricolo per ciò che concerne i proiettori anabbaglianti e abbaglianti, ma anche per i fari da lavoro. La luce è sempre emessa da un filamento in tungsteno che opera in un bulbo di vetro al quarzo sigillato, che però in questo caso contiene appunto un elemento alogeno (iodio o bromo) e gas inerti. Il filamento viene riscaldato fino a 3000 °K circa: a questa temperatura le particelle di tungsteno sublimano, e si combinano con l’alogeno presente nel gas originando un alogenuro di tungsteno. Spegnendo la lampada, l’alogenuro tende a ridepositare il tungsteno sul filamento, in modo da aumentare notevolmente la durata dell’elemento illuminante (che risulta così anche doppia rispetto alle lampade ad incandescenza). Anche l’efficienza luminosa è superiore, tipicamente di 20-25 lumen/watt.
Più di recente, si stanno imponendo anche in campo agricolo due nuove tecnologie, ovvero i fari allo xeno e quelli a LED. I fari allo xeno si avvalgono di una lampada cosiddetta “ad arco”, perché è proprio una scarica elettrica (l’arco) che viene prodotta all’interno di un ambiente confinato e saturo di gas xeno a creare una luce molto intensa, simile per contenuto cromatico a quella solare. L’alimentazione elettrica primaria di queste lampade è normalmente a bassa tensione (poche decine di volt), ma è necessario avvalersi di un circuito elevatore di tensione per la fase di accensione, in cui sono necessarie tensioni fino a oltre 60.000 V per le lampade più potenti. Per evitare cha l’arco si autoestingua immediatamente dopo essere stato attivato dalla scarica in alta tensione, è normalmente prevista una sovracorrente iniziale, o “boost current”, di intensità pari a due o al massimo 3 volte quella nominale di esercizio e della durata inferiore a 0,25 s. La tipica durata operativa di queste lampade è di alcune migliaia di ore, ed è generalmente limitata dalla corrosione degli elettrodi. Inoltre, il materiale che si stacca da questi ultimi evapora a causa delle alte temperature e si condensa sulla superficie interna dell’ampolla, provocando una diminuzione della luminosità prodotta. La corrosione degli elettrodi può essere accelerata da un’errata polarità della tensione di alimentazione o da un’eccessiva oscillazione (ripple) dell’intensità di corrente. L’efficienza luminosa è molto alta (fino a 100 lumen/watt) e la vita utile è mediamente 5 volte più lunga di quella delle lampade alogene; sono inoltre disponibili lampadine con diverse temperature di colore. Purtroppo, al momento il costo di questi elementi illuminanti è abbastanza elevato, dato che è necessario l’abbinamento dei fari alla xeno con un dispositivo di correzione automatica dell’assetto e con un lavafari.
L’evoluzione dei proiettori ha visto però un grande impulso con l’adozione dei LED (Light Emitting Diode). I LED sono in grado di generare diverse temperature di colore, comprese quelle a circa 6000° K, con uno spettro simile alla luce solare. Hanno un’elevata potenza luminosa e un ridotto consumo elettrico (efficienza di 100-150 lumen/watt), sono esenti da manutenzione e hanno una vita utile estremamente lunga (fino a 50-100.000 ore). In più, non avendo parti mobili sono altamente resistenti alle vibrazioni e agli shock. Come per tutte le altre lampade, è importante smaltire al meglio il calore prodotto, che riduce notevolmente la potenza luminosa e la vita utile. Tipicamente, il LED è una sorgente luminosa puntiforme; dove è necessario che il fascio luminoso sia diffuso, bisogna racchiudere i LED entro riflettori appositi, come le lenti Fresnel oppure ottiche appositamente studiate.
Il diodo che illumina
LED è l’acronimo di Light Emitting Diode, ovvero diodo ad emissione di luce. Si tratta di un dispositivo sviluppato già negli anni ’60 del secolo scorso, che sfrutta le proprietà ottiche di alcuni materiali semiconduttori di emettere energia luminosa se investiti da un flusso di elettroni. In pratica, i fotoni sono generati durante il normale funzionamento di una giunzione p-n, ovvero l’interfaccia tra due parti di un semiconduttore a cui sono aggiunti materiali di tipo diverso (in gergo tecnico, a diverso drogaggio). In particolare, nei LED vengono impiegati semiconduttori a base di gallio, drogato con arsenio, fosforo o (più recentemente) azoto. Quest’ultimo, in particolare, è l’elemento più usato per i LED a luce chiara, che sfruttando anche composti fluorescenti producono in tal modo una radiazione bianca, simulando efficacemente lo spettro luminoso delle normali lampade. Variando la quantità e la concentrazione della polvere fluorescente, è possibile ottenere tonalità variabili dal bianco “freddo”, simile a quello emesso dalle lampade a fluorescenza, ad un più “caldo” bianco-giallognolo, più vicino a quello che caratterizza l’emissione delle lampade ad incandescenza.
Le nuove normative
A partire dal 1° Gennaio 2016 entrerà ufficialmente in vigore il Regolamento Comunitario 167/2013 (più noto come Mother Regulation), diventando il nuovo riferimento normativo per l’omologazione (finalmente veramente comunitaria) delle macchine agricole, ovvero di trattori, rimorchi e attrezzature trainate.
L’obbiettivo è stato quello di semplificare la normativa preesistente, frammentata in un notevole numero di leggi e regolamenti, a partire dalla Direttiva 2003/37/CE. Ora è tutto sintetizzato in un’unica normativa (o quasi), che però comporta parecchie novità per ciò che concerne i mezzi agricoli. Tra queste, una delle più impattanti è sicuramente l’adozione in toto di diversi regolamenti UNECE, ovvero gli standard internazionali dell’ambito automotive; in particolare, queste norme sono applicate a vetri, avvisatori acustici, dispositivi retrovisori, cinture di sicurezza, pneumatici, nonché a tutti i dispositivi di segnalazione visiva e illuminazione, ovvero i fari e i gruppi ottici.
Dal punto di vista legislativo, la Mother Regulation rimanda al Regolamento Delegato 208/2015, un corposo documento che entra nel dettaglio tecnico delle varie questioni. In particolare, per i requisiti relativi ai dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa e alle relative fonti di luce e per i requisiti relativi agli impianti di illuminazione si fa riferimento agli allegati XI e XII (unitamente a diversi regolamenti UNECE indicati sempre nel regolamento 208).
Il controllo (obbligatorio)
dei guasti
Con l’entrata in vigore dei nuovi regolamenti di omologazione, viene esteso anche all’ambito agricolo ciò che già vale per il settore automotive, ovvero l’obbligo di installare dispositivi per il controllo dei guasti dei gruppi ottici, in particolare degli indicatori di direzione.
I dispositivi attualmente montati non sono però in grado di riconoscere le luci a LED, e quindi segnalerebbero la presenza di un guasto. Pertanto, nei moderni fari a LED viene integrato un circuito elettronico grazie al quale in pratica l’elemento illuminante si “autosorveglia”, generando un impulso che simula la presenza e l’efficienza della lampadina (ad esempio da 21 W nel caso degli indicatori di direzione). In caso di guasto anche di uno solo dei LED che compongono il faro, l’impulso non viene più generato e viene attivato di conseguenza l’allarme, segnalando il difetto al conducente.
L’inclinazione del faro
Oltre ai dispositivi di illuminazione e segnalazione visiva previsti per legge, sui mezzi agricoli sono da sempre montati una serie di fari da lavoro, spesso ad assetto regolabile. L’inclinazione del dispositivo modifica il fascio di luce proiettata (generalmente di conformazione conica) sia in termini di ampiezza che di intensità della zona illuminata.
Ecco perché la combinazione di più fari (regolati con diversi assetti e magari anche di tipologia differente) può soddisfare le specifiche esigenze di lavorazione. Infatti, è frequente il caso che anteriormente sia necessaria una visuale più profonda, per la miglior guida del veicolo su strada, mentre dietro sia invece opportuna una concentrazione del fascio luminoso in prossimità dell’attrezzatura collegata.