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Emissioni gassose nelle porcilaie: il trattamento dell'aria

Ridurre le emissioni di ammoniaca all’interno delle porcilaie aumenta il benessere degli animali e riduce l’impatto ambientale. L’onere economico dell’applicazione delle tecniche relative è rilevante, e non può essere lasciato interamente a carico dell’allevatore. Un progetto di ricerca realizzato dall’Università di Milano con fondi europei LIFE punta a identificare le soluzioni più efficaci e valutarne la sostenibilità

di Jacopo Bacenetti, Michele Costantini, Giuseppe Coppola, Cecilia Conti, Marcella Guarino
febbraio 2022 | Back

In Italia sono attive circa 26500 aziende suinicole, per un totale di 8,6 milioni di capi. La maggior parte degli allevamenti si trova nelle regioni settentrionali, segnatamente in Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto, che da sole comprendono circa l’87% dei capi allevati in Italia. In Lombardia viene allevato circa il 50% dei suini nazionali, con una delle più alte densità di animali in Europa. Anche per questo, questi allevamenti intensivi sono tra i principali produttori delle emissioni in atmosfera di ammoniaca, particolato (PM10 e PM2,5) e odori. In generale, le attività agricole (in particolare gli allevamenti zootecnici e i fertilizzanti) sono responsabili di più del 90% delle emissioni di ammoniaca. Questo gas gioca un ruolo importante nel nostro ambiente, poiché partecipa alla formazione di particolato atmosferico secondario, particolarmente dannoso per la salute umana dato che è in grado di penetrare negli strati profondi dei polmoni. Tra i disturbi attribuiti all’assorbimento di particolato fine e ultrafine (PM10 e soprattutto PM2,5) vi sono patologie acute e croniche a carico dell'apparato respiratorio (asma, bronchiti, enfisema, allergia, tumori) e cardio-circolatorio. Le emissioni di ammoniaca derivanti dagli allevamenti suinicoli sono principalmente dovute alla stabulazione (29%) e alla gestione delle deiezioni (stoccaggio, per il 27-57%, e spandimento, 24-31%).

La direttiva 2010/75/UE specifica le tipologie di allevamento che sono obbligate a prevenire e ridurre l’inquinamento. Nel caso dei suini, sono coinvolti gli allevamenti con almeno 2000 suini da produzione con peso superiore a 30 kg o con almeno 750 scrofe. Viene anche introdotto il concetto di Best Available Techniques (BAT): più in dettaglio, per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di polveri, ammoniaca e composti organici volatili provenienti dall’interno dei ricoveri, per il trattamento dell’aria le BAT prevedono l’utilizzo di scrubber ad acqua, scrubber con soluzione acida o bioscrubber. Si tratta di soluzioni estremamente efficaci, ma fino ad ora attuate esclusivamente in allevamenti con ventilazione forzata, ovvero in condizioni diverse da quelle riscontrabili negli allevamenti italiani, dove solitamente la ventilazione all’interno delle porcilaie è naturale. In questo contesto oggettivamente “complicato”, a partire dall’Ottobre 2019 è stato sviluppato il progetto “Smart computing system to monitor and abate the indoor concentrations of NH3, CH4 and PM in pig farms (LIFE-MEGA)”, finanziato dall’UE tramite il programma LIFE, e coordinato dal Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli Studi di Milano. Il progetto ha lo scopo di ridurre le concentrazioni di ammoniaca, particolato e odori all’interno delle porcilaie, per migliorare la qualità dell’aria. Oltre all’impiego di scrubber ad umido e a secco, si vuole sviluppare una centralina “smart” in grado di attivare nelle porcilaie il funzionamento di due diversi sistemi filtranti, in modo da garantire la migliore qualità dell’aria, apportando beneficio non solo al benessere animale, ma anche alla salute degli operatori. Il trattamento dell’aria viene effettuato con un filtro a secco, già sperimentato nel settore della panificazione, ed un prototipo di scrubber ad umido, realizzato dalla Rota Guido Srl di Corte de’ Frati (CR). I benefici attesi riguardano non solo la riduzione degli impatti ambientali di processo più direttamente legati all’ammoniaca (es. acidificazione, formazione di particolato secondario, eutrofizzazione delle acque, ecc.), ma anche la riduzione delle malattie respiratorie negli animali, fattore che può comportare un peggioramento dell’indice di conversione alimentare.

 

Un caso applicativo

Si tratta dell’applicazione di uno scrubber ad umido in una delle aziende partner del progetto citato. L’azienda è specializzata nella produzione di suino pesante, in un allevamento “a ciclo chiuso”, che prevede quindi sia la fase di riproduzione che di ingrasso. A fronte di una SAU di 100 ha interamente coltivati a mais da granella, sono allevati complessivamente circa 9.800 capi, tra cui più di 700 scrofe nelle fasi di parto e gestazione. Gli animali vengono venduti per circa 1.775 t/anno di peso vivo, con un consumo di circa 5.100 t di mangime di origine extra aziendale, oltre a quella interna. Sono stati messi a confronto uno scenario classico, ovvero senza alcun intervento di miglioramento della qualità dell’aria e con modalità di allevamento tradizionali, e uno scenario alternativo (in una sala differente della medesima porcilaia), dove è installato lo scrubber a umido di trattamento dell’aria.

Lo scrubber ha una massa complessiva di 2.000 kg, ed è essenzialmente costituito da due serbatoi in acciaio inox: il primo contiene solo acqua, mentre nel secondo è introdotta una soluzione di acqua e acido citrico. Infatti, contrariamente agli scrubber ad umido più comunemente impiegati, il prototipo non lavora con acido solforico, ma con acido citrico, molto meno pericoloso per gli animali e anche per gli operatori. Altri importanti componenti dello scrubber sono il ventilatore, per l’aspirazione dell’aria e la sua successiva re-immissione in stalla dopo il trattamento, e l’apparato di pompaggio.

Il ventilatore aspira l’aria dall’interno della porcilaia e ne forza il passaggio nei due serbatoi; nel primo l’acqua agisce come filtro assoluto e abbatte il particolato, mentre nel secondo avviene la rimozione dell’ammoniaca, che reagisce con l’acido citrico e precipita come citrato di ammonio. L’acqua e la soluzione acquosa di acido citrico vengono irrorate in controflusso rispetto all’aria da trattare, che dopo la depurazione viene reimmessa nella porcilaia. Da tenere presente che il citrato di ammonio può essere sfruttato come fertilizzante.

 

Possibili benefici

Le prove condotte hanno evidenziato un’efficienza di abbattimento inferiore rispetto a quella riscontrata negli allevamenti del centro-nord Europa dove, grazie soprattutto alla ventilazione forzata, si raggiungono valori notevoli di riduzione dell’ammoniaca (anche superiori al 90-95%), con scrubber che però lavorano con acido solforico. Più in dettaglio, il prototipo ha mostrato un’efficienza di circa il 60-70%, che comporta comunque un tangibile miglioramento delle condizioni all’interno della porcilaia, accompagnato da un leggero miglioramento dell’indice di conversione alimentare (ovvero meno mangime ingerito a parità di incremento di peso) e da un più sano stato polmonare degli animali. Unico aspetto negativo, un lieve aumento della mortalità, che però appare casuale e non correlato alla presenza dello scrubber, che in ogni caso è collocato esternamente ai ricoveri. Dal punto di vista ambientale, il bilancio dell’installazione e dell’entrata in funzione dello scrubber ha comportato un lieve aumento dell’impatto sul cambiamento climatico (+ 2,8%), a fronte però di una riduzione di quasi il 10% dell’acidificazione e dell’eutrofizzazione terrestre.

Il bilancio economico è però negativo (per l’allevatore), poiché l’incremento dei costi per l’entrata in funzione dello scrubber non è compensato (se non in minima parte) dalla riduzione dell’indice di conversione alimentare. è quindi evidente che per garantire un’adeguata sostenibilità economica è necessario che i trasformatori prima e il consumatore poi siano disposti a pagare un prezzo più alto per i suini, e/o che siano previsti appositi incentivi nei PSR delle diverse Regioni.

In generale, la riduzione delle emissioni di composti inquinanti derivanti dall’attività zootecnica non può prescindere dall’adozione di opportune soluzioni per lo stoccaggio e l’applicazione dei reflui, ma anche nel corso della fase di ricovero degli animali. Ogni soluzione deve essere valutata non solo da un punto di vista tecnico, ma anche da quello ambientale. Pur evidenziando vantaggi operativi e per la sicurezza degli operatori, nello scrubber a umido l’adozione di acido citrico invece di altri acidi maggiormente pericolosi comporta un aumento delle emissioni di GHG. All’opposto ne beneficiano altri impatti ambientali e senza dubbio il benessere degli animali.

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