Droni agricoli al servizio della sostenibilità
L’agricoltura di precisione si avvale di tecnologie in grado di acquisire informazioni geo-riferite provenienti da diverse piattaforme al fine di ottenere una molteplicità di dati che verranno elaborati ed utilizzati per la gestione sito-specifica dell’agroecosistema. Le piattaforme d’acquisizione sono in grado di rilevare informazioni circa la variabilità spaziale e temporale e vengono classificate in base alla distanza che queste possiedono dall’oggetto target in piattaforme remote, piattaforme prossimali e piattaforme a terra.
Vi sono profonde differenze tra di esse in termini di costo, possibilità di utilizzo, praticità, tecniche di funzionamento. Fra le piattaforme remote si trova una vasta gamma di strumenti di monitoraggio che vengono utilizzati in agricoltura, quali satelliti, aeromobili e droni, profondamente differenti nelle modalità di funzionamento, fattore che ne determina usi differenziati in agricoltura. Nell’ultimo decennio, per superare alcune limitazione legate all’utilizzo dei satelliti e gli aeromobili, quali la bassa versatilità e la ridotta risoluzione spaziale, hanno trovato una crescente diffusione ed utilizzazione i Sistemi Aerei a Pilotaggio Remoto (SAPR), definiti anche UAV (Unmanned Aerial Vehicle) o UAS (Unmanned Aerial System) o, più comunemente, droni. Tali piattaforme presentano numerosi vantaggi grazie all’ampia flessibilità operativa. Infatti, possono essere equipaggiate con diverse tipologie di sensori che le rendono idonee ad una moltitudine di rilievi. I loro benefici più evidenti sono associati alla velocità di acquisizione dei dati nonchè alla capacità di volare al di sotto dei 120 m, fattore che consente di ottenere un’elevata risoluzione geometrica e, conseguentemente, informazioni molto dettagliate. Le recenti innovazioni riguardanti tali piattaforme, ne hanno ridotto notevolmente i costi di acquisto e di utilizzo. La risoluzione temporale consente, inoltre, di svolgere i rilievi in ben determinati momenti legati alle condizioni agronomiche, sempre in funzione delle condizioni meteorologiche presenti. Gli UAV devono affrontare alcune limitazioni tecniche, come l'efficienza delle batterie, la distanza di comunicazione e il carico utile. Esistono differenti modelli sul mercato che possono essere classificati in base alla modalità di volo adottata (Figura 2).
Si possono suddividere in due macro categorie, ossia ad ala fissa e ad ala rotante. Gli UAV ad ala fissa sfruttano la spinta e la forza di sollevamento aerodinamica e vengono utilizzati principalmente per l'irrorazione e la fotografia su un ampio raggio in aree orograficamente omogenee. La macro categoria degli UAV ad ala rotante può essere suddivisa in elicotteri e multirotori. Il tipo a elicottero è caratterizzato da una grande elica in cima al velivolo; i modelli multirotore sono caratterizzati da più rotori che ne consentono il movimento. In base al diverso numero di rotori si distinguono in: quadricotteri, esacotteri e ottocotteri. Tali categorie di droni sono diffusamente impiegati in Italia per via della loro versatilità di utilizzo in aree frammentate e ad orografia irregolare. Ciò è dovuto alla modalità di atterraggio e decollo verticale ed una facile possibilità di variazione di quota secondo il profilo del terreno. Numerose sono le variabili di volo che possono influire sull’acquisizione finale del dato e dell’intero processo di elaborazione. Tra quelle modificabili dall’operatore vi sono la quota di volo, la velocità d’avanzamento, la tipologia di volo (manuale o automatico), la direzione di volo, l’inclinazione del gimbal, la sovrapposizione frontale e laterale delle immagini, l’apertura e la chiusura dell’obiettivo e la lunghezza focale. Tra le variabili ambientali di maggiore importanza si evidenziano, invece, la velocità del vento e le condizioni di luminosità. L’utilizzo delle piattaforme UAV è normato per legge; dal 31 dicembre 2020 è diventato applicabile il Regolamento di Esecuzione (UE) n. 947/2019 relativo a norme e procedure per l'esercizio degli aeromobili senza equipaggio. L’ENAC (Ente Nazionale Aviazione Civile) in data 4 gennaio 2021 ha pubblicato il Regolamento UAS-IT, applicabile dal 31 dicembre 2020, che disciplina quanto di competenza degli Stati Membri. Secondo i citati regolamenti, in agricoltura serve un’apposita patente per l’utilizzo di tali piattaforme, denominata A1-A3 che consente la conduzione di un UAS di massa operativa al decollo compresa tra i 250 g e i 25 kg, in condizioni VLOS (Visual Line of Sight), in zone in cui ragionevolmente non sono coinvolte persone ed almeno a 150 metri da zone residenziali, commerciali, industriali o ricreative. A livello costruttivo, le componenti principali che caratterizzano gli UAV sono: telaio, eliche, motori brushless, unità centrale di gestione (centralina o Flight Control) del volo, ECS (Electronic Speed Control), sistemi IMU (Inertial Measurement Unit) che comprende accelerometri, giroscopi, bussola, magnetometro e altimetro, la PMU (Power Management Unit), il sistema di gestione del volo (Navi Control), un modulo GNSS (Global Navigation Satellite System), i sistemi di comunicazione (generalmente radio) tra piattaforma e radiocomando ed infine il payload composto da Gimbal e sensori.
I droni, essendo dotati di un sistema GNSS, sono in grado di catturare, tramite diversi sensori, fotogrammi geo-riferiti contenenti informazioni di tipo geometrico, spettrale e termico. Tali sensori possono essere di tipo CMOS (complementary metal oxide semiconductor) o CCD (charge-coupled device) ed influenzare la dimensione finale dei pixel e l’effetto del rumore nelle immagini. In funzione della loro tecnologia costruttiva i sensori sono classificati in attivi e/o passivi qualora facciano ricorso o meno a fonti d’illuminazione esterne. In agricoltura di precisione le principali tipologie di sensori impiegati per le attività di monitoraggio da UAV sono: camere RGB, multispettrali, iperspettrali, termiche e LiDAR. Le camere RGB sono impiegate principalmente per rilievi topografici del territorio, per il monitoraggio della crescita della vegetazione, l’acquisizione d’informazioni biofisiche della chioma (diametro, area e volume; figura 4); inoltre è possibile individuare l’evoluzione delle fasi fenologiche e quantificare la resa di alcune colture. Inoltre possono essere impiegate per la stima dei danni su colture a causa di allagamenti da esondazione di fiumi (fig. 5). I sensori multispettrali utilizzano generalmente poche bande (3-10) con un’ampiezza elevata (15-70 nm) e consentono la quantificazione dello stato eco-fisiologico delle colture attraverso il calcolo degli indici di vegetazione, come l'indice di vegetazione normalizzato (NDVI). Tali indici consentono di creare delle mappe continue sull’intero appezzamento, in grado di descrivere la distribuzione spazio-temporale di una determinata variabile, come ad esempio la mappa di vigore che consente di monitorare la crescita vegetativa della coltura (Figure 6 e 7). Altri indici consentono la valutazione dettagliata di alcuni pigmenti, quali ad esempio quelli clorofilliani al fine di comprendere lo stato di salute o addirittura identificare lo stato fitosanitario della coltura. La tecnologia iperspettrale cattura immagini in grado di acquisire un elevato numero di bande (1000-2500), di ampiezza ridotta (1-5 nm) fino ad arrivare a descrivere l’intera firma spettrale dell’oggetto target. Questi sensori rilevano informazioni da apposite molecole cromofore che identificano un particolare livello di stress delle colture. Tuttavia il loro impiego in agricoltura è ancora limitato a causa del loro costo elevato e di alcuni vincoli di compatibilità con alcuni droni. Un’altra tipologia di sensori sono quelli termici, che misurano l’emissione termica della vegetazione, impiegati principalmente per la gestione delle risorse idriche. Infine, vi sono i sensori LiDAR, noti come uno dei metodi più precisi per l'acquisizione di dati geometrici. Essi consentono, infatti, di rilevare delle nuvole dense di punti e grazie ad elaborazioni grafiche eseguite con appositi software possono ricostruire in modo preciso la geometria 3D di una coltura. Questi sensori consentono di effettuare la stima del volume della chioma e di realizzare affidabili modelli di superficie delle colture (CSM – Crop Surface Model). La comprensione della variabilità su scala di campo consente l’applicazione degli input spazialmente variabili (VRA, Variable Rate Application) attraverso l’utilizzo delle mappe di prescrizione. Da ciò deriva un beneficio economico ed ambientale nella gestione delle colture rispetto ad una gestione uniforme dell’appezzamento.
La scala di applicabilità del VRA può variare a seconda del contesto agronomico, gestendo l’intero appezzamento per zone omogenee, per settori, per parcelle o addirittura per singole piante. Nell'olivicoltura di precisione, l'applicazione VRA della fertilizzazione porta a una forte riduzione dei fertilizzanti (circa il 30%) con conseguente aumento della sostenibilità. La caratterizzazione precisa ed efficace delle chiome nei sistemi arborei, valutata tramite le tecnologie illustrate, consente di modificare i dosaggi di applicazione degli agrofarmaci in vigneto fino ad arrivare ad un risparmio del 20-40% rispetto ad un sistema convenzionale. Appare chiaro che i sistemi UAV sono uno strumento di monitoraggio che ben si presta ai futuri sviluppi dell’agricoltura di precisione, le cui direzioni future (DSS, modelli di sviluppo delle colture, etc.) necessitano di informazioni ad alta precisione e accuratezza per migliore la gestione sito-specifica.