Ambiente, lavoro e redditi: l'agenda UE
Il nuovo Governo italiano deve fronteggiare sfide difficili in tema di politica agricola. Nell’attuale fase, al settore primario viene chiesta una maggiore produttività, ma nello stesso tempo una sempre più stretta osservanza di norme legate alla sostenibilità e agli impegni del Green Deal. A rischio la tenuta economica di un tessuto produttivo composto in larga misura da piccole imprese
In questo tempo di transizione, non solo ecologica, l’agenda europea e italiana è fitta di impegni, di problemi da affrontare. E anche il neo ministro delle Politiche agricole e della sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, è chiamato a sostenere sfide senza precedenti. A partire dall’obiettivo che tutti noi, l’Unione in prima fila, ci siamo dati di ridurre i gas serra e l’inquinamento nel suolo e nell’acqua. Una necessità ineludibile che non dovrà peraltro degenerare nell'ideologia, paragonando ad esempio i nostri allevamenti a delle ciminiere, e mettendo a repentaglio la sostenibilità del settore zootecnico.
Non a caso, in qualità di relatore per il Gruppo S&D in commissione Agricoltura del Parlamento europeo sulla direttiva sulle Emissioni industriali, ho criticato la proposta della Commissione UE che vorrebbe obbligare anche gli allevamenti di minori dimensioni a sottomettersi a un regime di autorizzazioni e a implementare pratiche produttive sempre più stringenti. Con una Politica agricola comune (Pac) in vigore dal 2023 e che ci accompagnerà almeno fino al 2027, ora non possiamo più permetterci sviste e ritardi per passare ai livelli di sostenibilità – ambientale, economica e sociale – che ci siamo dati. Per questo non potremo accettare un sistema di autorizzazioni, come quello proposto dalla Commissione UE, che vorrebbe imporre anche alle aziende più piccole l’utilizzo di pratiche calate dall'alto, senza adattarsi alle varie esigenze produttive né garantendo loro alcun sostegno. Per questo vogliamo migliorare una proposta che riteniamo sproporzionata e che non può essere approvata, se non con sostanziali aggiustamenti finalizzati a salvaguardare l’intera filiera agroalimentare e la sicurezza alimentare dei nostri cittadini. In sostanza, non possiamo permetterci di mettere a rischio la sostenibilità dei nostri agricoltori, allevatori e di tutti gli operatori del settore, compreso quello delle macchine agricole, con oneri poco sensati che aggiungerebbero incertezza ai rincari dell’energia e delle materie prime.
Nell’agenda europea, e italiana, c’è anche da affrontare il problema dei fitofarmaci. Prodotti necessari per la difesa delle nostre colture che la Commissione Ue vuole dimezzare entro il 2030 all’insegna del Green Deal, senza però offrire – per ora – valide alternative a tutti gli operatori in campo.
E qui ricordiamo che le New breeding techniques (Nbt), o Tecniche di evoluzione assistita (Tea), sono ormai conosciute da oltre vent’anni e sono frutto di studi validati dalla comunità scientifica internazionale. Posto che queste tecniche di miglioramento genetico di fatto non sono ancora applicabili perché manca una legge che le autorizzi. Con danni enormi all’orizzonte soprattutto in Italia, ricco in particolare di frutteti e vigneti ad alto tasso di specializzazione e tecnologia.
La proposta di regolamento presentata a fine agosto dalla Commissione europea con una valutazione d’impatto, non a caso, noi della commissione Agricoltura del Parlamento l’abbiamo definita ‘schizofrenica’. Proprio perché l’esecutivo UE, da un lato, chiede agli agricoltori di produrre di più, derogando ai requisiti ambientali della Pac per fare fronte alla crisi alimentare causata dalla guerra in Ucraina; dall'altro, cerca di imporre target di riduzione dei fitofarmaci del tutto irrealistici, e con impatti devastanti sulla capacità produttiva europea e la sicurezza alimentare globale. Una sicurezza alimentare che va di pari passo a un altro orgoglio e primato italiano, che è quello della riforma delle Indicazioni geografiche. Prodotti alimentari di eccellenza sui quali stiamo lavorando per una necessaria modifica del regolamento Ue all’insegna della semplificazione e della valorizzazione dei consorzi di tutela. E qui, in qualità di relatore del provvedimento, sono impegnato in prima persona per arrivare a una sua approvazione entro il 2023 nell’interesse di tutti noi, cittadini e consumatori.