
Agroenergie, nasce l'Osservatorio Confagricoltura
Presentato a Roma il primo rapporto sulle agroenergie in Italia firmato da Confagricoltura ed ENEL. Lo studio segna la nascita di una struttura che seguirà l’andamento del comparto cfewe le sue future opportunità di sviluppo
Per far fronte alle numerose sfide poste dalla transizione “green” dell’economia italiana, il settore primario è chiamato a svolgere un ruolo di grande importanza, che coinvolge differenti piani d’intervento, tutti afferenti alla vasta sfera della bioeconomia circolare. In questo scenario, le agroenergie rappresentano una indiscussa opportunità per creare reddito, per innovare e per consolidare modelli di sviluppo sostenibile. Il tema, di grande rilievo strategico, è stato affrontato da Confagricoltura in occasione del lancio del primo Rapporto sulle Agroenergie in Italia, realizzato con il sostegno di ENEL e presentato a Roma lo scorso 11 febbraio. Il rapporto, ha spiegato Donato Rotundo, direttore dell’Aerea Ambiente e Innovazione della Confederazione, dà il via ad un vero Osservatorio, che avrà il compito di monitorare l’andamento e le future opportunità di sviluppo di un comparto con grandi potenzialità di crescita. In tale ottica, l’indagine si è concentrata su alcune Fonti Rinnovabili di Energia (FER) che si integrano molto bene all’interno delle aziende agricole per la produzione di elettricità, come le biomasse, il biogas, l’idroelettrico e il fotovoltaico. Tuttavia, lo studio rappresenta un punto di partenza per estendere il campo d’indagine ad altre FER, per esempio la geotermia, e ad altri output energetici, come quelli relativi alla produzione di calore – ha spiegato Rotundo – indispensabile per la maggior parte dei cicli produttivi del comparto agroindustriale.
Secondo i dati del Rapporto, attualmente in Italia il contributo dell’agricoltura alla produzione di elettricità rinnovabile si attesta sui 13 TWh l’anno pari a circa l’11% della generazione totale da FER. Tale produzione è data da circa 48 mila impianti, che nel complesso segnano una potenza installata pari a 5 GW, così ripartita: fotovoltaico 3 GW, biomasse e biogas circa 2 GW (per il 62% nel biogas), l’acqua fluente (mini-idro) 30-40 MW. Un dato non certo trascurabile, poiché la potenza installata corrisponde come ordine di grandezza a quella di 5 moderne centrali nucleari. Di conseguenza, una corretta politica a supporto dello sviluppo delle agroenergie fa presupporre che per il 2030 si possa realisticamente giungere a circa 9-10 GW, raddoppiando quindi le performance registrate ad oggi. Entrando ancora di più nel dettaglio, il fotovoltaico presenta a fine 2023 circa 46 mila unità per una potenza installata di 2.877 MW, con una produzione annua di 2.984 GWh di cui 508 GWh per autoconsumo aziendale. Nel settore del biogas risultano più di 1.800 impianti agricoli distribuiti in tutta Italia, ma con una particolare concentrazione nel Nord (Pianura Padana) e con una potenza elettrica installata pari a circa 1.000 MW elettrici (oltre alla produzione di biometano). Il settore del biogas genera 2 miliardi di euro annui di flussi di cassa per aziende agricole e agroindustriali, dove si contano più di 20 mila addetti nella filiera, ma permette anche di realizzare significativi risparmi conseguenti all’impiego del digestato di produzione locale come biofertilizzante naturale (circa 30 milioni di tonnellate annue). La filiera biogas-biomentano consente poi di ridurre in misure considerevole le emissioni CO2 equivalenti, “evitandone” 3 milioni di tonnellate l’anno. Risultati di assoluto rilievo, certo, ma considerando gli obiettivi al 2030 per le FER del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), lo sforzo da fare in ambito agricolo meriterebbe un impegno ancora maggiore, magari guardando anche al settore forestale come ha suggerito il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, prendendo parte alla presentazione del Rapporto. Per dare un’idea dei target previsti dal PNIEC, è opportuno ricordare che le FER dovranno raggiungere entro 5 anni una potenza complessiva di 131 Gigawatt. Il Piano prevede che il solare arrivi a complessivi 79.2 GW, l’eolico a 28.1, l’idrico a 19.4, le bioenergie a 3.2, il geotermico a 1 GW (potrebbe aumentare in relazione al livello di maturità di alcune iniziative progettuali in via di sviluppo). Per l’elaborazione del Rapporto, Confagricoltura si è basata sui dati raccolti da un gruppo di lavoro della società di consulenza denominata EY che ha analizzato database pubblici, report di mercato e che ha ascoltato diversi operatori esperti di questo particolare segmento del mercato energetico. Inoltre, è stato studiato un campione composto da 400 aziende agricole di medie-grandi dimensioni (media 90 ettari) attive sul territorio italiano. Dall’interpolazione di dati, questionari e contatti diretti sono emersi 14 “archetipi” o modelli di sviluppo replicabili. Questi, in estrema sintesi, segnano gli orientamenti delle aziende in relazione agli indirizzi produttivi (coltivazione, allevamento, silvicoltura e supporto alla produzione) ed alle tecnologie energetiche rinnovabili più adeguate alle specifiche esigenze aziendali (FV, agrivoltaico, biomasse, biogas, ecc). «La produzione di energia rinnovabile si conferma un’opportunità per le nostre aziende, sia perché dà la possibilità di diversificare le fonti di reddito, sia perché – ha aggiunto il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti – consente di aderire alla transizione ambientale, abbattendo le emissioni e contribuendo attivamente alla produzione di energia verde». D’altro canto, come sottolineato dall’indagine Confagricoltura-ENEL, le imprese agricole che hanno investito in agroenergie sono proprio quelle che hanno beneficiato di un sensibile miglioramento delle prestazioni produttive, in termini sia quantitativi che qualitativi, grazie alla loro propensione ad innovare i processi produttivi, ad integrare il reddito e a reinvestire in tecnologie avanzate.