Agricoltura, la Colombia punta su tecnologie di ultima generazione
In crescita da molti anni, la Colombia ha realizzato importanti progressi nella stabilizzazione politica e sociale con un ampliamento della classe media. Importante il ruolo dell’agricoltura che può contare su risorse abbondanti e diversificate e su molte eccellenze produttive. Potenzialmente la Colombia ha le carte in regola per diventare uno dei granai del pianeta
C’è una data particolarmente significativa nella storia della Colombia. Una data che ben rappresenta, anche a livello simbolico, gli sforzi compiuti dal Paese sudamericano verso una progressiva stabilizzazione politica e sociale. Quel giorno speciale è il 23 giugno 2016 quando l’allora presidente colombiano, Juan Manuel Santos, e Rodrigo Londoño Echeverri, leader delle FARC (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane), siglarono l’intesa che portò al trattato di pace firmato nel novembre dello stesso anno nella capitale colombiana. Terminava così un conflitto sanguinoso – spesso legato a doppio nodo con la piaga del narcotraffico – che per oltre cinquant’anni aveva contrapposto il governo di Bogotà e la principale formazione armata colombiana. Le FARC infatti non erano l’unico gruppo combattente presente in Colombia; erano però il più numeroso, potendo contare nel momento di maggior penetrazione su ben 16 mila effettivi. Fragile e assai complesso, anche oggi il cammino verso la pace è minacciato da una recrudescenza delle tensioni politiche talvolta assai violente. Ad alimentarle non è soltanto quella fazione delle FARC contraria al processo di pace, ma sono anche i combattenti dell’Esercito di Liberazione Nazionale, altro gruppo armato attivo nel Paese. Insomma, sull’effettiva pacificazione del territorio si frappongono ancora molti ostacoli, tuttavia, come conferma anche la Farnesina, questi non hanno impedito alla Colombia di compiere considerevoli passi avanti verso una maggiore coesione politica, economica. Progressi tanto più significativi visto il progressivo deterioramento del quadro istituzionale di molti Paesi del Sud America, dalla Bolivia all’Argentina, dal Cile al Perù. Ma è in Venezuela che le tensioni hanno superato il livello di guardia, con il rischio sempre più presente di una degenerazione bellica del conflitto. Il caos venezuelano ha colpito anche la Colombia, dove – dal 2014 ad oggi, stando ai dati ONU – si sono rifugiati più di un milione di profughi.
La “Cina” del Sud America
In un contesto geopolitico così fragile, caratterizzato da economie vulnerabili particolarmente esposte alle fasi recessive, la Colombia si è sempre distinta per uno spiccato dinamismo economico. Tra il 2010 e il 2018, rileva una nota dell’ICE Agenzia, il Pil di Bogotà è cresciuto a un tasso medio annuo del 3,7%, assegnando al Paese la 32ª posizione nel ranking delle maggiori economie mondiali. Dato ancora più sorprendente se si considera che l’ultima battuta d’arresto del Pil, con una flessione di quattro punti percentuali, risale al 1999. Il ciclo espansivo, favorito anche da numerosi trattati di libero scambio firmati da Bogotà, è stato accompagnato negli ultimi sei anni da un miglioramento degli indicatori socio-economici. Tra il 2013 e il 2018, come rileva la Banca Mondiale, il tasso di povertà è sceso di ben 3,5 punti percentuali, così come è in calo di 2 punti il tasso di mortalità infantile da zero a cinque anni. Diminuisce, poi, e lo fa in misura considerevole, anche l’incidenza della malnutrizione: dal 2013 al 2018, secondo la FAO, più di un milione di persone sono uscite da uno stato di insicurezza alimentare (Bogotà è al primo posto in Sud America per sostenibilità alimentare). I progressi compiuti dalla Colombia per emancipare la popolazione dalla povertà trovano conferma, nel periodo indicato, anche nell’incremento della speranza di vita (da 76 a 77 anni) e in un peso crescente dell’istruzione secondaria. Secondo stime dell’ICE Agenzia, entro il 2025 la middle class arriverà a rappresentare il 46% della popolazione (+9% rispetto a oggi), con un peso e ruolo crescente nella società colombiana.
L’ “oro verde” della Colombia
Petrolio, di cui la Colombia è 18° produttore mondiale; costruzioni; tessile; chimica; abbigliamento e alimentare sono i settori trainanti di un sistema economico con un Pil fortemente specializzato sui servizi (62%) e sull’industria (31%). Ma il grande punto di forza dell’economia colombiana sono le eccellenze ambientali. Favorito da una posizione geografica assai vantaggiosa – il territorio è bagnato da due oceani e si trova a poche ore di volo dalle principali destinazioni del Nord e Sud America – il Paese ha risorse abbondanti e diversificate, e si caratterizza quindi per un’agricoltura ricca e variegata. Per questo la FAO considera la Colombia come uno dei sette potenziali granai del pianeta. Su 43,1 milioni di ettari (pari al 38,6% della superficie) impiegati per uso agricolo, l’80% è utilizzato per l’allevamento mentre i restanti 7,1 milioni sono destinati alle coltivazioni. Di questi, solo 5,1 milioni di ettari sono effettivamente coltivati. Ci sono, insomma, ampi margini per il potenziamento produttivo di un comparto – quello agricolo – che già oggi ha numerosi punti di forza. Attualmente, la parte più consistente dei terreni agricoli (2 milioni di ettari) è dedicata a colture agroindustriali quali caffè (di cui Bogotà è uno dei principali produttori mondiali), canna da zucchero, olio di palma e soia. Cereali (soprattutto riso e mais) e tuberi si sviluppano invece su una superficie pari, rispettivamente, a 1 milione e 498 mila ettari mentre la frutta impegna 450 mila ettari per una produzione totale di 4 milioni di tonnellate.
Trattori e macchinari, la Colombia punta sui mezzi innovativi
Prevale, nel settore primario colombiano, la polverizzazione della proprietà agraria. Infatti, su oltre 2 milioni di aziende attive, la stragrande maggioranza – più del 90% segnala
l’ICE Agenzia – è formata da ditte individuali; invece, persone giuridiche rappresentano appena l’1% del totale. Una frammentazione produttiva così spinta rappresenta un evidente ostacolo agli investimenti in macchinari agricoli. Su 43 milioni di ettari – sottolinea la stampa colombiana – appena il 16% presentano livelli di meccanizzazione in linea con le esigenze colturali. «Il deficit di mezzi agricoli è molto importante e non tutte le persone hanno la possibilità di impiegare macchine o sistemi per l’irrigazione», ha segnalato a sua volta, Rafael Mejía, presidente della SAC, una delle associazioni di categoria degli agricoltori. A questo gap il governo ha risposto con il piano denominato Pectia, una piattaforma strutturata su più livelli – politico, tecnologico, scientifico – finalizzata a stimolare l’innovazione, il progresso tecnico e la competitività nel settore primario specie nelle fasi che vanno dalla gestione del raccolto alla trasformazione del prodotto. Tra gli ambiti di intervento individuati dalla piattaforma, particolare rilievo assumono lo sviluppo e l’implementazione delle tecnologie per la qualità dei prodotti agricoli e la corretta gestione sanitaria e fitosanitaria delle coltivazioni. Il piano pone dunque le condizioni per un potenziamento della domanda di macchinari agricoli; domanda che oggi viene soddisfatta prevalentemente sui mercati esteri. «Nel 2018 la Colombia ha importato per un valore pari a 101,6 milioni USD e si registra un crescente dinamismo nel mercato dell’importazione, con una crescita media annuale del 33% tra il 2016 ed il 2018, valore di crescita – si legge nella nota di settore dell’ICE Agenzia – che supera ampiamente la crescita totale del totale delle importazioni colombiane (4%)». Tra i principali fornitori del Paese sudamericano figurano (dati del 2018 che non considerano le tecnologie per gli allevamenti e per l’industria lattiero-casearia) il Brasile e gli Stati Uniti con un export in valore pari, rispettivamente, a 41 e 11 milioni. Seguono la Cina con 9,5 milioni, il Messico con 9 e il Giappone con 8,5. In posizione più defilata il nostro Paese che nel 2018 ha esportato mezzi meccanici per 2,6 milioni di euro e che in questo comparto rappresenta il primo partner europeo di Bogotà. Tra i macchinari più richiesti ai costruttori italiani i sistemi per l’irrigazione (873 mila euro), gli scarificatori e le motozappatrici (319 mila euro), i mezzi per la lavorazione del terreno (292 mila euro). Da segnalare come negli ultimi tre anni l’export italiano in Colombia abbia avuto un andamento altalenante con un incremento considerevole nel 2017 seguito, proprio nel 2018, da un brusco calo. Tale dinamica ha interessato non solo il made in Italy ma altri fornitori del Paese sudamericano. Nonostante queste fluttuazioni, il comparto della meccanica agricola presenta un buon potenziale di crescita, specie nel medio e lungo termine, sull’onda delle politiche di modernizzazione volute dall’esecutivo. Insomma, i costruttori italiani hanno tutte le carte in regola per aumentare la penetrazione nel settore. Del resto, le industrie italiane si stanno già muovendo in questa direzione come dimostrano le relazioni consolidate con il mondo produttivo colombiano e la presenza ai principali eventi fieristici del Paese. L’ultimo dei quali, Expo Agrofuturo, si è svolto a Medellin lo scorso settembre e ha visto la partecipazione di ben 36 aziende italiane sotto l’egida dell’ICE Agenzia e di FederUnacoma.