Sempre meno numerose ma sempre più grandi. E’ la fotografia della aziende agricole italiane scattata dal settimo Censimento dell’Agricoltura, i cui dati preliminari sono stati diffusi dall’Istat lo scorso 28 giugno. In dieci anni – si legge in una nota dell’Istituto - il numero di imprese attive nel settore primario è calato in misura significativa, passando 1.620.000 a 1.133.000, con una perdita netta pari a 487 mila unità. Alla riduzione del numero di aziende è corrisposto un ampliamento della superficie produttiva (la SAU, superficie agricola utilizzata), che in dieci anni è passata in una media da 7.9 a 11,1 ettari. In uno scenario come quello italiano, a lungo caratterizzato dalla polverizzazione delle unità produttive, il fenomeno evidenziato dal censimento Istat sembra indicare progressiva razionalizzazione del settore. Dati in calo, tra il 2010 e il 2020, anche per la Superfice agricola totale e la Superficie agricola utilizzata. La prima, che comprende il complesso dei terreni con destinazione agricola, cioè quelli impiegati a fini produttivi e non, si è ridotta del 3,6% attestandosi sui 16,5 milioni di ettari. La seconda, che considera invece soltanto i terreni che entrano nel ciclo di produzione, è diminuita del 2,5% calando a 12,5 milioni di ettari. Il 64,4% della SAU – si evince sempre dal rapporto Istat – è coltivata a seminativo (cereali, colture foraggere, legumi, ortive), il 25% è destinata a pascoli e prati permanenti, mentre il 17,4% è impegnata per le colture legnose (vite, olive, alberi da frutto).