n. 1/2024 ENVIRONMENT Due visioni contrapposte. L’asse portante dei negoziati di Dubai sul clima è stato il Global Stocktake (GST), meccanismo introdotto in occasione della COP 21 di Parigi (art. 14 dell’Accordo finale), come strumento di controllo sulle emissioni di gas serra. Il GST, infatti, prevede che ogni 5 anni le nazioni aderenti all’accordo facciano una revisione degli impegni presi per la riduzione delle emissioni di cui sono responsabili, individuando le modalità (strategiche e finanziarie) per rendere l’azione climatica più efficace e rapida. Da questo punto di vista la questione sul futuro del “fossile” ha dominato la scena determinando il dibattito più acceso tra due schieramenti contrapposti. Uno costituito dalla High Coalition Ambition, un gruppo negoziale intergovernativo di 115 Paesi sostanzialmente capitanato da quelli europei, che si batte per il “phase-out” delle fossili (abbandono), come risultato minimo accettabile. L’altro formato dai 13 paesi Opec (Organizzazione dei Paesi Esportatori del Petrolio) che ha tutto l’interesse a contenere ogni forma di restrizione su petrolio, gas e carbone. Per inciso quella di Dubai è la seconda COP consecutiva che viene ospitata presso Paesi la cui economia è strettamente connessa ai mercati delle fonti fossili (lo scorso anno fu in Egitto a Sharm El Sheikh) e la prossima si terrà a Baku, in Azerbaijan che, come noto è uno dei grandi produttori di petrolio e gas. Una soluzione di compromesso. La presidenza ha trovato un compromesso sulla locuzione “transitioning away”, che significa letteralmente “allontanarsi” dal fossile. Un espediente linguistico che dà adito a diverse interpretazioni e che, proprio per questo, ha messo d’accordo più o meno tutti, dalle monarchie del Golfo Persico ai piccoli stati insulari – come Samoa – più esposti ai rischi delle catastrofi ambientali. Volendo cogliere il lato positivo dell’accordo siglato, si può dire che questo segna “l’inizio della fine” dell’era dei combustibili fossili ponendo le basi per “una transizione rapida, giutroduced at COP 21 in Paris (art. 14 of the Final Agreement), as an instrument for monitoring greenhouse gas emissions. The GST, in fact, provides that every 5 years the nations party to the agreement make a review of the commitments made to reduce emissions for which they are responsible, identifying ways (strategic and financial) to make climate action more effective and rapid. In this respect, the question of the future of the ‘fossil’ dominated the scene leading to the most heated debate between two opposing sides. One formed by the High Coalition Ambition, an intergovernmental negotiating group of 115 countries basically led by European ones, which fights for the "phase-out" of fossils (abandonment), as the minimum acceptable result. The other consists of the 13 OPEC countries (Organization of Petroleum Exporting Countries) which has every interest in containing any form of restriction on oil, gas and coal. Incidentally, Dubai is the second consecutive COP that is hosted in countries whose economy is closely connected to fossil fuel markets (last year it was in Egypt in Sharm El Sheikh) and the next one will be held in Baku, Azerbaijan which, as we know, is one of the big oil and gas producers. A compromise solution. The presidency has found a compromise on the phrase “transitioning away”, which literally means “moving away” from the fossil. A linguistic expedient 19 Global Warming: the compromise of COP 28 Countries from all over the world met in Dubai to fight climate change. It is essential to triple the production of energy from renewable sources and phase out all fossil fuels "in a just, orderly and equitable manner"
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