La digitalizzazione delle pratiche agricole è già oggi una realtà consolidata nei Paesi tecnologicamente più avanzati, ma l’Italia è ancora indietro. Infatti, la stragrande maggioranza delle aziende agricole del nostro Paese (l’84%), vale a dire circa 950 mila su un totale di oltre 1,13 milioni, risulta non avere completato il processo di informatizzazione dei propri processi produttivi. E’ quanto emerge dal rapporto Nomisma dal titolo “Le nuove sfide per l’agricoltura italiana”, presentato in occasione della IX edizione della Conferenza Economica CIA che si è tenuta a Roma l’8 e 9 febbraio.
Se le imprese agricole già informatizzate rappresentano una minoranza del totale, quelle che investono in innovazione sono ancora di meno. Nel triennio 2018-2020 – si legge nel rapporto Nomisma - solo l’11% delle aziende del settore (124 mila unità) ha investito in tecnologia. Particolarmente significativo il fatto che più della metà di esse, vale a dire oltre 70 mila imprese, abbia potenziato il proprio apparato produttivo puntando soprattutto sulla meccanizzazione. Del resto, evidenzia sempre Nomisma, gli investimenti in mezzi meccanici di ultima generazione sono per il settore agricolo la voce più gettonata.
La fotografia restituita dall’analisi del prestigioso istituto di ricerca, ancorché pienamente rispondente alla realtà di qualche anno fa, non descrive appieno la situazione attuale. L’analisi Nomisma, infatti, non considera infatti il biennio 2021-2022, caratterizzato da una crescita forte crescita degli investimenti in macchine agricole innovative, stimolati a loro volta da un corposo pacchetto di agevolazioni statali. Tuttavia, i progressi compiuti in questo campo non devono far dimenticare che, come ricorda il rapporto Nomisma, il processo di digitalizzazione dell’agricoltura italiana è ancora lungo e complicato e che esso richiede in prima istanza il superamento di quel tradizionale gap tecnologico che anche oggi penalizza il settore primario.